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La crisi al Comune

Taranto ostaggio di questo teatrino

Con queste manovre non si riesce a intravedere quale sia il beneficio per la città

Il Pd, almeno nei suoi vertici, questa volta ha avuto un sussulto di orgoglio e dignità politica. L’altolà alle ennesime turbinose strategie del sindaco Rinaldo Melucci con la volontà di ritirare la delegazione di assessori dalla giunta e limitarsi all’appoggio esterno rappresenta, finalmente, il tentativo, seppur tardivo, di espiare la grave colpa dell’enorme deficit di leadership politica che il Partito Democratico ha manifestato in questa consigliatura.

Un peccato originale che si è tradotto nella incapacità di arginare le intemperanze – politicamente parlando - di un sindaco in preda ad un delirio politico senza pari e che appena qualche settimana fa ha messo alle corde il suo ex partito dandogli il benservito. Certo, non sembra che nel gruppo consiliare piddino ci sarà unanimità di vedute sull’appoggio esterno, ma almeno dai vertici il segnale è arrivato. Dato che anche il M5S e Con sono allineati sull’appoggio esterno, a Melucci resterebbe - almeno ufficialmente - solo il supporto del bulimico Stellato con il suo nutrito gruppo di Italia Viva. Un gruppo che potrebbe crescere ancora in caso di eventuali fuoriuscite dal Pd. Ma tutto ciò ha uno scopo per Taranto e per i tarantini? Nel nuovo disegno di Melucci, come nei precedenti, è infatti difficile scorgere altra logica se non quella della propria sopravvivenza politica e della costruzione di una ipotetica prospettiva al di là dell’ambito comunale.

In questa nuova travolgente girandola di assessori e ondate migratorie non si riesce davvero a intravedere quale sia il beneficio per la città, quale sia l’utilità al di là, appunto, del tentativo di assicurarsi un rabberciato tirare a campare. Oggi più che mai sembra che l’unico collante a tenere in piedi l’amministrazione comunale sia quell’indennità mensile di consiglieri e assessori – per alcuni ormai un comodo “reddito di cittadinanza” - che a gennaio vedrà pure scattare l’aumento per generosa concessione del Governo Draghi. In tutto ciò la città, con i suoi problemi e le sue fragilità, resta sullo sfondo. Non il centro dell’agire politico, non la protagonista da assecondare con questi repentini cambi di casacca e di postazione, ma solo il tappeto purtroppo sempre più logoro da calpestare per glorificare ambizioni e accomodamenti che davvero poco hanno a che fare con il bene comune. Un mortificante teatrino che viene offerto mentre Taranto perde abitanti, perde i più giovani giustamente proiettati verso contesti più appaganti; mentre si accumula la polvere nei locali commerciali vuoti da mesi se non da anni; mentre il Borgo si sta svuotando a rischio di diventare una nuova periferia; mentre si continua a consumare suolo a dispetto dell’impressionante calo demografico; mentre non si riesce ad uscire dal tunnel della vertenza del siderurgico; mentre il porto langue nel suo destino di scommessa perduta e forse mai davvero giocata; mentre anche solo prendere un treno è diventato complicato.

Ed è davvero opera improba riuscire a intravedere – giusto per fare l’esempio più recente - in una Lussoso al posto di Viggiano, una mossa – questa come tante altre – pensata per dare a Taranto un presente più dignitoso e un futuro nel quale avere più fiducia.

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