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La vertenza

Acciaierie, i sindacati bocciano il governo: sciopero

L'esecutivo attende l'assemblea dei soci per definire l'assetto industriale

La delegazione sindacale a Palazzo Chigi

La delegazione sindacale a Palazzo Chigi

L’incontro non è andato bene. Il faccia a faccia a Palazzo Chigi tra delegazioni nazionali di Fim, Fiom e Uilm e i capi di gabinetto dei ministeri del Made in Italy, del Lavoro e degli Affari Europei non ha prodotto quegli elementi di chiarezza che i sindacati si aspettavano dal governo. La trattativa tra Governo e Mittal sul destino di Acciaierie d’Italia rimane in un limbo nebuloso che non offre garanzie sul futuro dello stabilimento di Taranto. E dai sindacati arriva l’annuncio di otto ore di sciopero.

«L’incontro presso Palazzo Chigi tra i Capi di Gabinetto della Presidenza del Consiglio, del MIMIT, del Ministero del Lavoro e del Ministero per gli Affari Europei e le delegazioni Nazionali di Fim Fiom Uilm, ottenuto grazie alla mobilitazione dello scorso 20 ottobre - scrivono in un documento unitario le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm - non è servito a ottenere chiarezza sulla trattativa tra Governo e Mittal, e a rispondere sulle garanzie occupazionali, produttive e di salute e sicurezza». 

«Il Governo - dihciarano le organizzazioni sindacali -  dichiara di voler attendere la data del 23 novembre – giornata dell’assemblea dei soci di ADI – senza stabilire con i sindacati le condizioni necessarie alla realizzazione di un piano industriale, occupazionale e ambientale sostenuto da risorse pubbliche e private. Il governo non può essere ostaggio di Arcelor Mittal, ma avere un ruolo centrale nella trattativa per tutelare l’interesse del nostro Paese e rendere trasparente il confronto a partire dal memorandum tra il Ministro Fitto ed Arcelor Mittal. Il Governo non ha chiarito lo stato della trattativa “segreta” con Arcelor Mittal aumentando i dubbi da noi espressi. Riteniamo, quindi, inaccettabile il modo in cui si sta conducendo questo confronto, viste le condizioni drammatiche degli impianti e di incertezza dei lavoratori, sia diretti che dell’indotto, dei lavoratori di Ilva in AS a cui lo stesso Governo deve fornire una risposta chiara». 

«È ora - proseguono - di affermare le condizioni a cui Arcelor Mittal deve rispondere: è inaccettabile concedere ulteriori 320 milioni di fondi pubblici, ma si dovrà prevedere la stessa proporzionale responsabilità e partecipazione all’investimento del socio privato, unica garanzia questa per il Paese e i lavoratori. Senza queste condizioni, l’immissione di capitale da parte dello Stato (per un totale di 2 miliardi e 300 milioni), sarebbe l’ennesimo sperpero di denaro pubblico, perché non c’è alcun impegno economico da parte di ArcelorMittal nella realizzazione degli investimenti. Allo stesso tempo apprezziamo l’impegno del Ministero del lavoro, a seguito delle nostre richieste di intervento, sui temi della sicurezza e chiediamo il rientro al lavoro per il personale addetto alle manutenzioni, per scongiurare incidenti ben più gravi di quelli che si sono verificati». 

Da qui la decisione di proclamare otto ore di sciopero nell’intero gruppo: AdI, Ilva in As, appalti e indotto «in continuità con la  mobilitazione unitaria del 20 ottobre». 

«Il ministero - ha dichiarato al termine dell’incontro Roberto Benaglia (Fim) - interverrà per garantire al massimo la manutenzione,   ma manca la fase fondamentale: non si sa dove sta andando la trattativa con

il socio privato per il rilancio. Sembra sbagliato, inedito, ingiusto e insostenibile che lo stato metta 2 miliardi e 300 milioni e il socio privato non ci metta nulla».

«Mittal - ha sottolineato Michele De Palma (Fiom), non può tenere in ostaggio i lavoratori delle Acciaiere d’Italia, non può tenere in ostaggio il Governo italiano, non può tenere in ostaggio gli abitanti delle città dove si trovano gli stabilimenti».

Rocco Palombella (Uilm) non usa mezzi termini: ««L’incontro è andato malissimo anche rispetto alle aspettative che era minime. Ogni decisione è stata subordinata all’assemblea dei soci del 23 novembre. Lì si capirà  se il socio intende restare in Italia».

«L’unica cosa che emerge - affermano Sasha Colautti e Franco Rizzo (Usb) - e che il Governo sta attendendo, è che la multinazionale dica se vuole metterci i soldi.  Clamoroso il punto a cui siamo. Il Governo prende ordini dalla multinazionale e ne subisce i ricatti, ne è quindi suddito».

Palazzo Chigi, dal suo canto, spiega che i sindacati «sono stati aggiornati sul tema relativo alla sicurezza sul lavoro, questione ritenuta essenziale dall’Esecutivo e sulla quale è stato comunicato che l’azienda Arcelor Mittal è stata diffidata dal mettere in cassa integrazione i lavoratori che si occupano di manutenzione».

Per quanto riguarda la cassa integrazione «è stato ricordato che nel Disegno di legge di Bilancio è stata inserita una norma che può essere rimodulata a seconda dei livelli produttivi su cui l’azienda si è impegnata, con l’obiettivo prioritario di mantenere la tutela dei lavoratori».

«Oltre alle garanzie sulla sicurezza degli stabilimenti - prosegue la Presidenza del Consiglio sono stati forniti anche aggiornamenti

sulla positiva definizione della procedura d’infrazione in atto, sulle interlocuzioni con la Commissione europea nell’ambito della revisione del Pnrr legata al capitolo RePowerEu e sulla verifica del concreto impegno del socio privato al rilancio dell’impianto». 

«Ogni necessario approfondimento sui temi di carattere industriale - conclude la nota governativa - è stato rimandato a dopo il 23 novembre quando è stata convocata l’Assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia»

                            

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