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La vertenza
20 Ottobre 2023 - 13:55
la manifestazione a Roma
Niente chiusura o amministrazione straordinaria di Acciaierie d'Italia. Questo forse l'aspetto più significativo dell'incontro che si è tenuto oggi a Palazzo Chigi, al termine della manifestazione sindacale che si è tenuta a Roma. Il lungo corteo, con circa mille lavoratori, ha attraversato le vie della capitale fino a Piazza dei Santi Apostoli, dove si è tenuto il comizio dei segretari nazionali di Fim, Fiom e Uilm , Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella. A Palazzo Cghigi i tre segretari hanno incontrato i capi di gabinetto della Presidenza del Consiglio, del Ministero per le Imprese e il ministro Raffaele Fitto, che appunto, ha assicurato che non c'è alcune ipotesi di chiusura dell'azienda siderurgica. Il 7 novembre ci sarà un nuovo incontro.
La mattina si era aperta con un blocco autostradale alle porte di Roma ad opera dei manifestanti dell'Usb. Un blocco che, dopo i primi momenti di tensione, si è poi sciolto senza particolari conseguenze. Qualche momento di tensione si è registrato anche all'avvio del corteo per le vie di Roma. Nel corteo anche alcuni lavoratori-orchestrali che hanno intonato "Bella ciao".
«Il governo esclude la chiusura e sta trattando con Ancelor Mittal per evitare la chiusura dei siti o l'amministrazione straordinaria. Ci sarà un nuovo incontro a Palazzo Chigi entro il 7 novembre». Lo ha riferito Roberto Benaglia, segretario della Fim Cisl all'incontro appena terminato a Palazzo Chigi tra governo e sindacati sulla crisi di Acciaierie d'Italia.
«Ci hanno detto - ha reso noto Benaglia - che il governo pensa ad altre soluzioni rispetto a Mittal qualora la trattativa non
andasse a buon fine. Il governo ha aperto un confronto con i sindacati, la trattativa è incardinata a palazzo Chigi».
«Grazie alla lotta che i lavoratori stanno portando avanti insieme al sindacato - ha proseguito il segretario della Fim Cisl - oggi abbiamo portato a casa un primo importante risultato e cioè: abbiamo rimesso al centro dell'agenda di governo la principale vertenza del Paese. Palazzo Chigi non solo ci ha ascoltato, ma ha deciso di coinvolgerci nella trattativa in un percorso sul futuro
dell'ex-Ilva. Il governo venendo incontro alle nostre richieste ha escluso sia l'amministrazione straordinaria che la chiusura. Abbiamo ottenuto un tavolo entro il 7 novembre a Palazzo Chigi e saremo coinvolti nella trattativa con i Mittal. Chi dice che siamo alle battute finali e vorrebbe continuare con la cassa integrazione sbaglia, noi vogliamo lavorare per il futuro di questo polo industriale strategico per il nostro Paese. L'attuale gestione che abbiamo denunciato da mesi rischia di non andare da nessuna parte con i Mittal serve una svolta. Certo è ancora tutto da fare ma siamo sulla strada giusta chiediamo al governo di ascoltare e assumere le nostre ragioni e proposte in tema di investimenti, impianti, salvaguardia dell'occupazione e decarbonizzazione».
«La manifestazione di oggi - ha spiegato Michele De Palma, segretario della Fiom - diventerà lo stato di agitazione permanente finché non si raggiungerà un accordo per arrivare a degli obiettivi fondamentali: di chi è la proprietà e chi è che decide dentro gli impianti. Noi abbiamo chiesto al governo che, come c'è in questo momento una trattativa secretata con Mittal, ci deve essere una trattativa anche con i rappresentanti dei lavoratori. E il risultato raggiunto oggi è che ci saranno dei nuovi incontri. Siamo stanchi - ha aggiunto il leader della Fiom - che un giorno c'è il presidente che viene a dire che avremo il processo ibrido e la migliore fabbrica d'Italia e nel frattempo non ci sono neanche i guanti e le penne; senza manutenzioni degli impianti si mettono a rischio i lavoratori ogni giorno. Se l'ad Lucia Morselli al posto di andare a fare le conferenze stampa, andasse a parlare con i lavoratori si renderebbe conto del fatto che gli impianti sono ancora in piedi solo perché ci sono i lavoratori dentro».
«Siamo al paradosso - ha aggiunto De Palma - che non discutiamo di salita produttiva e di piano industriale o occupazionale, ma di altra cassa integrazione a dicembre. Noi non siamo in piazza per chiedere ammortizzatori sociali ma per chiedere il lavoro. Per questo da qui al 7 ci riuniremo come segreterie nazionali di Fiom, Film e Uilm sul territorio per decidere come mantenere le iniziative per le vertenze in corso».
«Il governo sull'ex Ilva deve cambiare, prendere la maggioranza dell'azienda e prendersi la governance. Altrimenti con ArcelorMittal è una trattativa a perdere, che significa lasciare posti di lavoro e chiudere impianti». Lo ha detto il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, al termine dell'incontro a Palazzo Chigi.
«Il governo attuale - ha aggiunto il segretario della Uilm - considera ArcelorMittal un imprenditore e un interlocutore normale. Ci sono state 10mila manifestazioni per rendersi conto che ArcelorMittal in questi quattro anni è venuto in Italia e non ha prodotto risultati, né in termini occupazionali, né in termini produttivi, né in termini di ambientalizzazione, quindi è sufficiente questo per dire che non ci sono più le condizioni per andare avanti».
Secondo Palombella, «con ArcelorMittal la trattativa è ancora complicata e noi siamo convinti che non approderà a un risultato, per questo abbiamo invitato il governo a non concedere altri investimenti e a non continuare a credere in un imprenditore che non ha più la fiducia delle comunità locali delle città dove opera l'ex Ilva».
«Un dispiegamento di forze dell’ordine smisurato quello di fronte al quale ci siamo ritrovati questa mattina all’ingresso della capitale. In circa 200 - raccontano Franco Rizzo e Sasha Colautti (Usb) - abbiamo bloccato l’autostrada, per manifestare la nostra frustrazione e la nostra grande preoccupazione per un futuro, quello dei lavoratori legati direttamente ed indirettamente allo stabilimento tarantino, che non riusciamo più a vedere. Dunque i timori manifestati pacificamente dai lavoratori e dalla nostra organizzazione sindacale, sono stati interpretati nella maniera più sbagliata possibile, noi stessi siamo stati trattati come dei criminali. Fatto gravissimo e preoccupante. Oggi sono stati utilizzati per il monitorare la situazione: un elicottero, otto cellulari, almeno 15 auto di servizio, una decina di unità in borghese e una moto per un totale di oltre 100 poliziotti. Probabilmente per l’arresto di Matteo Messina Denaro sono stati impiegate meno forze. Gli iniziali momenti di tensione, sono stati però poco dopo superati, grazie alla collaborazione con il dirigente della Questura di Roma, dottor Giampiero Monastra».
Riguardo alla vertenza in senso stretto, Rizzo e Colautti hanno dichiarato: «Altro momento della giornata di oggi che parla chiaramente di questo Governo, è la mancata convocazione tra le forze sindacali a Palazzo Chigi, dell’Usb che rappresenta circa 2000 iscritti. Significa non dare voce ad una corposa parte di lavoratori di quella fabbrica, dell’appalto e in As, e dare uno schiaffo alla democrazia. Siamo al corrente del fatto il ministro Fitto ha sostanzialmente consegnato la fabbrica nelle mani di Arcelormittal, sconfessando la linea seguita nei primi mesi dell’anno dal ministro Urso, per noi l’unica percorribile. Quel che è grave è che che nell’incontro di fine settembre, il Governo aveva fatto intendere che non vi era alcun accordo; al contrario voci insistenti riferiscono di un accordo siglato ancor prima di quel momento, e di una trattativa avviata addirittura a giugno. Dunque lo Stato starebbe “donando” lo stabilimento al privato e regalandogli anche qualche altro miliardo di euro. Tradotto in concreto: si va verso la chiusura ad opera di Arcelormittal, senza che venga immaginata una rete di protezione e tutela per la forza lavoro impiegata all’interno del sito».
«Ad accompagnare tutto ciò - hanno aggiunto - probabilmente anche uno schema nel quale i cassintegrati, come è stato per i percettori di reddito di cittadinanza, figureranno come coloro che vivono sulle spalle dei contribuenti, piuttosto che coloro che stanno pagando più di tutti per gli errori della politica. Tutto ciò è inaccettabile e se dovesse essere confermato, le nostre reazioni saranno ancora più pesanti rispetto a quelle di oggi. Questa giornata però ci ha fornito un dato che offre un punto di vista diverso su come affrontare una crisi che non interessa solo la siderurgia, ma che parla al Paese: è finita la liturgia di convocazioni a cose fatte, a decisioni già prese sorvolando la sensibilità di lavoratrici e lavoratori. L'obiettivo non può essere solo un tavolo di confronto vuoto di contenuti, l'obiettivo è cambiare il paese e il modello di sviluppo economico su cui esso si fonda».
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