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Il fatto
04 Ottobre 2023 - 06:22
Una veduta del quartiere Tamburi e sullo sfondo l'ex Ilva
La sorpresa, che forse dispiacerà a chi masochisticamente continua a definire Taranto la terra più martoriata d’Italia, è che la provincia ionica non è nella top ten delle aree più inquinate del Paese. Taranto si trova a metà classifica, al 49esimo posto per l’esattezza.
Una graduatoria che ha meravigliato il Corriere della Sera che ha titolato “Treviso più inquinata di Taranto”. Segno inequivocabile dello stigma che Taranto si porta addosso. Anche se va precisato che la graduatoria riguarda l’intera provincia e non il solo capoluogo. A fornire i numeri dell’inquinamento nelle città è Deutsche Welle, in collaborazione con lo European Data Journalism Network di cui fa parte anche Il Sole 24 Ore. Dalla classifica risulta che in 58 province italiane la concentrazione di polveri sottili supera i limiti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il riferimento è alla concentrazione di Pm 2,5 ed è risultato che il 73% degli italiani abita in centri urbani in cui la concentrazione media di Pm2,5 rilevata quest’anno ha superato il valore di riferimento di dieci microgrammi per metro cubo. Sono nove le province in Italia che arrivano a raddoppiare il limite, raggiungendo i 20 microgrammi.
La provincia più colpita da gennaio ad agosto 2023 è stata Cremona. Seguita da Monza e Brianza, Milano, Mantova e Padova. L’analisi del trend storico del particolato sottile (Pm2,5) dal 2018 al 2022 indica che, tra i 27 stati membri dell’Unione europea, i territori del Nord Italia spiccano negativamente rispetto a tutti gli altri, con livelli simili solo a quelli rilevati in alcune regioni della Polonia. In particolare, in Italia, le aree che hanno fatto registrare gli incrementi maggiori tra il 2018 e il 2022 sono state Biella (+17,2%), Lecco (+14,8), Vicenza (+14,3%), Como (+14,2), Varese (+14%), Lucca (+12,9) e Pistoia (+12,7%). In salita anche la concentrazione media annua di PM2,5 nelle province venete di Padova, Verona e Treviso (rispettivamente al 5°, 7° e 9° posto). Si tratta di cifre comunque preoccupanti, tant’è che i dati pubblicati lo scorso marzo dalla European environment agency indicano che tra il 2016 e il 2020 almeno 246.133 persone sono morte prematuramente in Italia a causa dell’esposizione all’inquinamento da Pm2,5 a livelli superiore a quelli indicati nelle linee guida dell’Oms.
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