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Il libro di Alfredo Venturini

Pane e politica, il viaggio della mia tribù

Lunedì 12 giugno, alle ore 18, la presentazione alla Biblioteca Acclavio

Pane e politica, il viaggio nella mia tribù

Sarà presentato lunedì 12 giugno, alle ore 18, alla Biblioteca Acclavio di Taranto, il libro "Pane e politica, il viaggio della mia tribù", una sorta di autobiografia politica di Alfredo Venturini, politico di lungo corso, già assessore comunale. Interverranno: Mario Guadagnolo, già sindaco di Taranto, l'editore Piero Massafra, il presidente del consiglio comunale, Piero Bitetti, l'onorevole Teresa Bellanova, il segretario nazionale del Psi, Enzo Maraio, lo scrittore Pino Marchionna, il presidente dell'associazione "La voce di Taranto", Egidio Albanese, l'onorevole Carmelo Conte, l'onorevole Claudio Signorile, presidente di Mezzogiorno Federato.

Proprio Claudio Signorile ha curato la prefazione del libro di Alfredo Venturini, che vi proponiamo:

Prefazione

prof. Claudio Signorile

Storico, già Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, già Ministro dei trasporti

Caro Alfredo,

Voglio scriverti, come prefazione, la lettera ad un compagno. Che è in realtà una riflessione sulle cose che dici, sulle critiche al passato, sulle richieste di rinnovamento, sulla volontà di non perdere il filo rosso di una storia, quella del socialismo, che ha attraversato due secoli e contribuito in misura determinante a costruire il mondo contemporaneo.

Se il socialismo viene identificato con una realtà storica definita ed attuata nelle esperienze di governo della social-democrazia o nella deviata versione del “socialismo reale”, esso ha perso la sua capacità propulsiva e di rinnovamento, e si è già avviato ad un declino repentino (le esperienze comuniste) o graduale (la social-democrazia), ma comunque espressione di un fenomeno storico in fase di conclusione.

E’ comprensibile quindi perché venga avanzata in forme diverse ed articolate, ed a livelli diversi di autorità e rappresentatività politica e culturale, la proposta di separare le prospettive della sinistra, dal socialismo; perché questo finirebbe per rappresentare un passato che sopravvive alle sue ragioni storiche, ed al quale si può fare riferimento per singole esperienze e valori, ma senza continuità di progetti ed obiettivi.

Si fa avanti una “nuova sinistra” che vuole sentirsi libera da pesi ideologici e da nessi politici con il passato anche recente, e vuole poter scegliere i propri riferimenti ideali e programmatici in un contesto assai ampio ed assortito, avendo come parametro principale la modernità e la pragmaticità ed efficienza delle soluzioni politiche e di governo.

La “nuova sinistra” è pluralista ed aperta; è fondata sulla ideologia della modernità; è quindi un “partito dei moderni” i cui valori sono nel presente, e che esprime la fisiologia politica di fasce sociali che non hanno bisogno di coscienza e di memoria, perché vivono nella attualità mobile di un mondo mediatico e virtuale.

Ma ogni ideologia della modernità è senza radici sue proprie, e si sviluppa nelle fasi di transizione, quando i protagonisti storici dei conflitti di “civiltà”, stanno cambiando, e nella incertezza dei riferimenti non è ben chiaro dove sia l’alba e dove il tramonto.

L’operazione politica di costruire su queste basi una “nuova sinistra”, separata dal socialismo, sarebbe fortemente oligarchica nella sua struttura concettuale ed elitaria nella sua realizzazione pratica; ma soprattutto sarebbe storicamente effimera e politicamente riflessiva: cioè modellata dalla realtà che si vorrebbe invece modificare.

La sinistra è una “visione del mondo” che dà senso complessivo al versante della storia nel quale si sceglie di vivere la propria vita individuale; il Socialismo è una delle civiltà che hanno fatto la storia del mondo negli ultimi due secoli. Non è questa una precisazione di poco momento.

La consapevolezza di questo processo, la coscienza della maturazione del Socialismo da sistemi politici di governo a “civiltà”, ci porta ad un altro livello di riflessione e di approfondimento, liberandoci dai confusi antagonismi e dagli ambigui miti del nuovismo, e dalla acritica e piatta difesa della continuità.

I risultati ottenuti in questo periodo storico dalla cultura dominante nella sinistra ed in particolare nel socialismo democratico, sono importanti nelle società industriali, (assai meno nei paesi emergenti e nelle aree di sottosviluppo); questo giustifica la forte resistenza al cambiamento e la grande difficoltà sia per la sinistra che vuole identificarsi con le istituzioni (anche il sindacato confederale è una istituzione sociale), che per la sinistra antagonista, a misurarsi con il declino di un sistema di istituti, rapporti economici, relazioni sociali, programmi che ha segnato la storia delle democrazie occidentali, ma che sta perdendo la sua spinta vitale ed è sempre più sentito come un sistema di protezioni e divieti.

La principale conseguenza di questa difficoltà è la crisi della sinistra storica (socialdemocratica e non) nella capacità di elaborazione e nella raccolta del consenso. Ma in particolare è in crisi la sinistra che non ha dato priorità alle libertà, creando le condizioni per una diffidenza generalizzata nella società, che ancora permane.

In tutto questo è visibile il tendenziale passaggio del testimone della modernità, della innovazione e della libertà come valore qualificante, ad un’area politica e culturale di centro-destra, nelle sue diverse espressioni.

I tentativi di elaborare qualcosa di valido nella sinistra sono ancora incerti (la “terza via”); parziali e sostanzialmente velleitari (il “terzo settore”); fuori dal tempo (il restauro del liberal-socialismo).

Le ragioni sostanzialmente sono tre: la crisi di una civiltà fondata su ideologie chiuse, finalistiche e contrapposte, che si sono identificate con la teoria e pratica dello Stato e del potere politico; le trasformazioni dei modi di produzione e la nuova dimensione dell’individuo, misura attiva delle mutate condizioni di globalità e di localismo; l’affermazione della società dei cittadini e la nuova conflittualità, basata sulla realizzazione dei diritti, sulla contestazione dei privilegi, sulla lotta degli esclusi.

Se la cittadinanza è il risultato della quantità di diritti soggettivi (Libertà di), che deve essere uguale per tutti coloro che vivono nel mercato e nelle istituzioni civili e politiche, l’attuazione della libertà  è una conquista continua che limita il mercato ed il potere, man mano che si realizza la persona ed il cittadino.

Il potere tecnocratico viene sconfitto se la politica democratica non accresce il bisogno di Stato, ma allarga la cittadinanza nella società civile, senza esclusioni e privilegi.

Non il giustizialismo, ma la giustizia giusta; non l’emarginazione, ma la tolleranza (valore proprio del socialismo umanitario).

Ne deriva una concezione della politica che non si esprime con vincoli, se limitazioni, difese, ma con una costante spinta al nuovo ed al meglio.

I diritti dei cittadini, il primato della persona non sono una generalità neutrale, un principio astratto da usare come riferimento. Sono invece un filo conduttore di scelte politiche, di programmi di governo, di piattaforme rivendicative sociali e sindacali, di riforme istituzionali, di battaglie culturali e civili che si

riassumono nella lotta per la Libertà di essere cittadini; per la Libertà di affermare il primato della persona: in tal modo assume concreta dimensione storica la libertà positiva, che riassume in sé battaglie e valori del socialismo democratico e del cristianesimo sociale, dei radicali e dei laici, dei libertari e dei liberali, dando fondamenta solide e vitali ad un’altra sinistra.

Per parlare chiaro, non basta più giustificare la propria esistenza con la tradizione politica e la conservazione organizzativa; il diritto ad essere una “alternativa” lo si conquista rimettendo in discussione il proprio ruolo e rappresentatività, per costruire nuove prospettive.

Le sinistre che oggi conosciamo non hanno fatto questo, e non esauriscono nella loro esistenza le potenzialità della sinistra italiana.

Esiste un grande spazio per un’altra sinistra, fondata sulle libertà e sulle responsabilità, che possa esprimere un progetto di società ed una moderna cultura di governo, non vincolata da tabù ideologici e letture conservatrici dei processi sociali; che possa lavorare per una democrazia dell’alternanza, non pretendendo di sostituirsi al centro o di inventarne uno di comodo; che non consideri il bipolarismo, l’unica forma di espressione del sistema politico democratico.

Questa sinistra che vive nelle coscienze di tanti cittadini deve avere visibilità ed identità politica e culturale. Ad essa fanno riferimento le diverse anime del riformismo italiano: socialisti, liberali, radicali, cattolici, ambientalisti.

Questa sinistra non chiede abiure, mutamenti nella appartenenza, nuovi partiti, ma una chiara collocazione nella cultura politica e civile in favore della libertà positiva; perché il cambiamento deve avvenire nel profondo delle coscienze ed investire comportamenti, programmi, metodi organizzativi, e gli stessi protagonisti collettivi della politica.

Spero che le considerazioni che ti trasmetto consentano di capire fino in fondo cosa è stato l’impegno politico nel movimento socialista e quali esperienze ha fatto maturare in una lunga stagione di democrazia vissuta. Pane e Politica, chiami questo libro. Il pane nutre il corpo, la politica nutre l’anima. Insieme danno vita alla persona, alla comunità, alla fraternità. Appunto, un abbraccio fraterno, come hanno sempre detto i socialisti.

Claudio Signorile

 

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