Mario Guadagnolo davanti alla “Karin B.”, una delle “navi dei veleni” attraccate al porto di Livorno
Il 16 febbraio scorso è morto Giorgio Ruffolo, un grande economista e storico esponente del Partito Socialista Italiano, Segretario Nazionale al Ministero della Programmazione Economica, parlamentare italiano ed europeo, ma soprattutto un gentiluomo della politica. Ruffolo era un uomo di straordinaria raffinatezza intellettuale e un grande cervello. E’ stato Ministro dell’Ambiente dal 1987 al 1992 nei governi Goria, De Mita, Andreotti VI e VII. All’interno del Partito Socialista fu prima seguace della corrente di Antonio Giolitti e poi esponente di primo piano della sinistra di Riccardo Lombardi. Io l’ho conosciuto bene per aver fatto parte come lui della sinistra lombardiana e perché ci incontravamo spesso nei congressi, nelle riunioni della corrente guidata prima da Lombardi e poi da Claudio Signorile e poi perché facevamo parte ambedue dell’allora Comitato Centrale del PSI. Ma in questa sede voglio ricordarlo per i rapporti che Ruffolo ha avuto tramite me con Taranto al tempo in cui io ricoprivo la carica di Sindaco e lui quella di Ministro per l’Ambiente nel governo guidato da Ciriaco De Mita. Siamo nel 1988. Scoppia in Italia la grana delle “navi dei veleni”. Giorgio Ruffolo è Ministro dell’Ambiente nel governo presieduto da De Mita. La grana scoppia perché i paesi africani e del terzo mondo si rifiutano di far attraccare nei loro porti le cosiddette “navi dei veleni” che trasportano i rifiuti tossici e nocivi residui di lavorazioni industriali. Tre di queste navi, la Jolly Rosso, la Karin B e la Deep Sea Carrier vagano nel Mediterraneo in attesa che un porto italiano accetti di farle attraccare per le operazioni di stoccaggio, infustamento e trasporto al nord nei centri specializzati per lo smaltimento. Il Governo De Mita e per esso Giorgio Ruffolo Ministro per l’Ambiente devono affrontare il problema. Io mi trovo a Roma per uno dei tanti incontri col Governo sul problema della grave crisi occupazionale che attanaglia Taranto a seguito della seconda crisi siderurgica, quella degli anni ‘80 che diede origine alla seconda vertenza Taranto, quella guidata da me dopo la prima vertenza Taranto degli anni ’70 guidata da Cannata. La situazione occupazionale a Taranto è pesante con l’espulsione di oltre 10.000 lavoratori dall’area industriale tra cassa integrazione, licenziamenti e prepensionamenti e nel porto oltre duecento portuali sono stati messi in cassa integrazione. Ricevo una telefonata da Ruffolo e dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Misasi. “Mario, mi dice Ruffolo, vieni subito a Palazzo Chigi poiché io e Misasi dobbiamo porti un grave problema”. Una volta a Palazzo Chigi da Misasi e Ruffolo mi viene posto in quanto Sindaco di Taranto il problema dell’attracco di una delle tre navi nel porto di Taranto. Perché Taranto? Perché Taranto è una delle città più industrializzate d’Italia per la presenza dello stabilimento siderurgico e in quanto tale una delle città che produce rifiuti industriali tossici e nocivi in grandi quantità per cui sembra del tutto ovvio ai due uomini di Governo che a farsi carico del problema sia anche Taranto. Chiedo ovviamente dei chiarimenti e delle rassicurazioni sul livello di tossicità di quei residui e mi viene dimostrato, carte alla mano, analisi e documenti tecnici, che si tratta di rifiuti industriali tossici e pericolosi solo se vengono a contatto diretto con le persone e con l’ambiente o se vengono ingeriti. Maneggiati con le adeguate precauzioni sono del tutto innocui. Come contropartita a questo “servizio”, peraltro dovuto, il Governo si impegna a fare grossi investimenti su Taranto per affrontare e risolvere i problemi occupazionali della città. Per le operazioni di solo attracco, stoccaggio e infustamento, il Governo avrebbe stanziato ben 50 miliardi delle vecchie lire. In più Ruffolo mi assicura che come Ministero dell’Ambiente avrebbe individuato la nostra città come centro del cosiddetto “Polo verde”, un vasto programma di investimenti di oltre 300 miliardi delle vecchie lire per la costruzione di impianti di smaltimento dei rifiuti, fabbriche di impianti green per ambientalizzazioni, insomma un polo nel quale si sarebbe costruito e fabbricato tutto ciò che era necessario per il recupero di ambienti compromessi. In concreto un’enorme boccata di ossigeno per i problemi occupazionali che in quel momento angustiavano Taranto. In quel grande progetto avrebbero trovato occupazione periti chimici, periti industriali, tecnici, operai e si sarebbe potuto pensare ad una nuova ipotesi di sviluppo in quella che era la strategia che io perseguivo con la mia mia amministrazione per far uscire Taranto dalla crisi cioè la fine del cappio siderurgico per perseguire una diversificazione dello sviluppo che facesse perno sull’ambientalizzazione del nostro territorio. Naturalmente non assumo impegni con Misasi e Ruffolo. Mi riservo di dare una risposta dopo aver verificato la volontà del Consiglio comunale. Una volta a Taranto convoco una riunione congiunta dei capigruppo e dei segretari politici nel mio studio a Palazzo di Città per capire l’orientamento dei partiti. Sia pure con molta cautela tutti i segretari provinciali di partito e i rispettivi capigruppo nei due consessi comunale e provinciale si dichiarano d’accordo con me sulla necessità di sfruttare l’occasione dell’attracco e utilizzarla per usufruire dei massicci investimenti sul nostro territorio promessi dal governo. E invece nei giorni successivi, orchestrata dall’allora PCI e dal MSI, che pure nell’incontro tra i segretari e i capigruppo di Comune e Provincia avevano dato il loro assenso all’attracco, in città si scatena la bagarre. La Deep Sea Carrier, assimilata al vascello di Dracula, diventa “La nave dei veleni”, Guadagnolo diventa un inquinatore, i bambini delle elementari, strumentalizzati dalle rispettive maestre a loro volta ben indottrinate, sfilano per le strade di Taranto nei cortei organizzati dal PCI e dall’MSI con i cartelli “No alla nave della morte”. Gli studenti delle superiori da parte loro nei cortei urlano all’indirizzo del “sindaco inquinatore” “Guadagnolo figlio di puttana!”. Io la prendo con ironia e ricevo a Palazzo di Città i capi del corteo, gli stessi dirigenti del PCI e del MSI che qualche giorno prima si erano dichiarati d’accordo sull’attracco e una delegazione di studenti ai quali garantisco sull’onestà e su’intemeratezza di quella povera ottantenne di mia madre la quale, vivendo nella mia Calabria più profonda, non sa di essere diventata famosa tra gli studenti di Taranto a causa dei suoi pretesi facili costumi. Molti anni dopo scherzandoci sopra, ormai adulti e giornalisti professionisti affermati, Angelo Di Leo dell’allora PCI e Angelo Mellone del MSI, giovani studenti animatori di quei cortei, chiederanno attraverso me scusa a mia madre per averla “sputtanata”. La bagarre dura un paio di mesi malgrado la parte più responsabile della città, sindacati, imprese, uomini politici di buon senso si sforzino di far ragionare i facinorosi. Nulla da fare. Anche i lavoratori vengono cinicamente strumentalizzati. Operai, portuali e lavoratori urlano nei cortei contro la “nave dei veleni”. Sono gli stessi che fino a ieri avevano urlato e che il giorno continueranno ad urlare contro la cassa integrazione e i licenziamenti. A nulla valgono le dichiarazioni di tecnici e di scienziati di livello universitario i quali in dichiarazioni pubbliche e sottoscritte assicurano che quei rifiuti possono essere tranquillamente maneggiati e quindi stoccati e infustati con le adeguate precauzioni senza danni per l’uomo e per l’ambiente e che gli stessi non sarebbero rimasti a Taranto ma portati al nord nei centri specializzati nello smaltimento per rifiuti tossici. Come extrema ratio organizzo perfino un viaggio a Livorno con consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione (quindi anche del PCI e del MSI), tecnici, associazioni datoriali, nel cui porto è ormeggiata una delle tre “navi dei veleni” la Karin B e dove si stanno svolgendo le operazioni di stoccaggio ed infustamento senza alcun problema. Una volta nel porto di Livorno invece del “vascello di Dracula” ci troviamo di fronte ad una bagnarola sgangherata, la Karin B, una delle “navi della morte”, tranquillamente attraccata nel porto a 500 metri dalla città e gli operai con indosso delle tute protettive che procedono in piena tranquillità alle operazioni di stoccaggio e infustamento. Da sottolineare che a Taranto l’operazione sarebbe avvenuta nel porto industriale cioè a 5 chilometri dalla città. A Livorno con un porto a 500 metri di distanza dalla città, nessuna rivolta, nessuna contestazione, nessuna città presa d’assedio. Il miracolo che ha trasformato la “nave della morte” e il “vascello di Dracula” nel vascello di Biancaneve che trasporta acqua minerale lo ha fatto l’amministrazione comunale di sinistra di quella città guidata da un sindaco comunista, Roberto Benvenuti. Il Governo intanto vuole uscire dall’impasse delle navi che ancora dopo due mesi vagavano nel Mediterraneo e verificare chi delle due città è disponibile a far attraccare la Deep Sea Carrier nel proprio porto. Una delegazione del Comune di Taranto viene convocata da Ruffolo e da Misasi a Palazzo Chigi stavolta insieme ai rappresentanti dell’amministrazione comunale di Livorno. Alla domanda di Ruffolo se io a nome della città sono disposto ad assumermi le responsabilità che competono ad una grande città industriale che produce quei rifiuti e se offro la mia disponibilità all’attracco della nave con la morte nel cuore sono costretto a dire di no. Il sindaco di Livorno al contrario accoglie a braccia aperte l’invito del Ministro e si dichiara disposto all’attracco oltre che della Karin B, già nel porto, anche della Deep Sea Carrier ovviamente con i relativi investimenti di oltre 350 miliardi per il Polo verde. Dico di no a malincuore a Ruffolo perché sono perfettamente consapevole di motivare il mio no con delle castronerie che non stanno in piedi e di fare con quel no del male alla mia città. Se ne vanno così in fumo 50 miliardi di investimenti nell’immediato e 300 miliardi nel medio periodo con la prospettiva che Taranto diventi il Polo verde del Paese. Un’occasione perduta. Ma tant’è non posso farci nulla perché i cittadini di Taranto non vogliono quell’attracco, gli stessi cittadini che qualche giorno dopo sarebbero tornati sotto Palazzo di Città per protestare contro la cassa integrazione e i licenziamenti. La schizofrenia di una città che come poche nella sua storia è riuscita a fare tanto male a se stessa. Al termine dell’incontro Giorgio Ruffolo mi prende in disparte e mi dice “Siete proprio dei coglioni”. Fu una delle poche volte della mia vita in cui mi sono sentito un imbecille.
Commentiscrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Buonasera24
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo