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L'analisi

La mano di Capuano sul Taranto che vince: ecco le mosse giuste

Il giorno dopo l'ottimo debutto in campionato contro il Foggia

Taranto - Foggia

Taranto - Foggia

Aspettative, sorprese, rinnovamento ed esito straordinario. Il Taranto trasformato e creato da Ezio Capuano, investito in estate della duplice missione di allenatore e di responsabile dell’area sportiva, non tradisce e doma il Foggia col più classico dei punteggi, un sonoro 2-0 maturato nel corso della ripresa dopo una prima frazione di gioco abbastanza guardinga, votata allo studio e con qualche meccanismo inevitabilmente da sincronizzare e perfezionare fra i reparti.

Un derby al debutto, conquistato al cospetto del pubblico accorso a gremire gli spalti rossoblu dello stadio Iacovone: diecimila anime appassionate per l’inaugurazione notturna del nuovo campionato di serie C nel tempio ionico, contro un’avversaria, la compagine dauna affidata a Mirko Cudini, protagonista del rinvio di una settimana dell’inizio della stessa competizione (già finalista play off contro il Lecco promosso in cadetteria, è stata coinvolta nella serie di ricorsi al Consiglio di Stato, successivamente respinti). Confuta qualsiasi teoria “conservativa” assicurata al termine della precedente stagione regolare, lo stratega Capuano (riconfermato sulla panchina ionica con un contratto triennale): il suo Taranto, sviluppato sull’assetto tattico di base del 3-5-2, garantisce eclettismo, una dose superiore di qualità nei singoli, il solito equilibrio nell’interpretazione delle due fasi di possesso e non possesso palla, ma anche la scelta e la fruizione di coppie di ruolo ingaggiate con saggezza, l’abilità a leggere le situazioni tattiche in corso d’opera ed adottare diverse sfaccettature nei sistemi di gioco.

E’ l’arma che si rivelerà vincente, determinante e rassicurante anche in prospettiva: il doppio vantaggio suggellato nel secondo tempo rappresenta un simbolico anello di congiunzione fra la sicurezza del recente passato (Antonini, faro della retroguardia, oggetto del desiderio di club di caratura superiore eppur blindato da un accordo pluriennale) e la promessa in chiave futura (Kanoute, esperto esterno offensivo prelevato dall’Avellino, per una batteria offensiva da rivitalizzare). Sono cinque i superstiti nella formazione iniziale schierata dal trainer rossoblu, elementi chiave in tutti i reparti: Vannucchi custodisce la porta e sancisce il primo clean sheet, tutelato da una cerniera di retroguardia in cui Antonini è supportato dagli esordienti Heinz ed Enrici, entrambi under, ubicati rispettivamente a destra e sinistra. La zona nevralgica è quasi e piacevolmente stravolta nei neo protagonisti: se le fasce sono presidiate da due reduci fedeli alla causa ionica, ovvero Romano adattato (non senza qualche difficoltà) come esterno destro in luogo dello squalificato Mastromonaco, e capitan Ferrara indomabile sull’opposta corsia mancina, il trittico di interni è composto da Bonetti e Zonta intermedi (vivai importanti per loro, il primo giovane prodotto della Juventus Next Gen, il secondo maturato nelle giovanili dell’Inter), con Calvano a dispensare quelle doti di quantità ed intensità così invocate da Capuano.

In avanti, è Bifulco, unico elemento di affidabilità arruolato durante l’ambigua sessione di mercato invernale, ad affiancare Cianci, uno degli attaccanti del formidabile Catanzaro appena asceso di categoria. E se nella prima frazione della partita il Taranto esercita una maggiore supremazia territoriale, peccando nell’intuizione a ridosso degli undici metri, controllato anche da un Foggia non remissivo nonostante il ritardo di condizione fisiologico di vari tesserati ingaggiati nell’epilogo della campagna trasferimenti (Tounkara subito in campo appare abbastanza dinamico, Tonin e Schenetti vigilano e tentano di filtrare ed approfittare), è la ripresa che cambia il racconto della contesa.

Ed è frutto delle sostituzioni, quindi delle strategie indovinate da Ezio Capuano, il quale osa la trazione anteriore inserendo Kanoute e sacrificando un centrocampista, Zonta: Bifulco si sistema nel ruolo di trequartista, ad ispirare il binomio offensivo. Non solo: il giovane Fiorani, classe ’02, rileva un affaticato Bonetti (intelligente nel coniugare recupero e ripartenza, nel verticalizzare spesso l’azione col baricentro arretrato), ma le suggestioni intriganti riguardano la catena destra, laddove Panìco, avvicendato a Romano, emerge per intraprendenza, progressione, dialogo in profondità insieme col collega Kanoute. Il vantaggio firmato da Matias Antonini al 21’st è la chiosa d’esecuzione su calcio piazzato: l’onnipresente Ferrara pennella il cross dalla bandierina destra ed invita il centrale difensivo italo-brasiliano, appostato sul versante idoneo dell’area, a controllare la sfera, addomesticarla in stop e girarla con eleganza in rete con un destro a mezza altezza privo di esitazioni. Apoteosi sotto la Curva Nord e tributi da parte di quel tifo organizzato che abbandona l’ostinata diserzione reiterata nello scorso torneo.

Il Foggia prova a ristabilire la simmetria con le iniziative affidate ai neo entrati Vezzoni e Peralta in supporto di Tonin (due colpi di testa fuori misura), mentre Capuano medita le ultime mosse: il baby Samele, alter ego come punta centrale al posto di Cianci; Papaserio a coprire la mediana in luogo di Calvano. Così il Taranto chiude la pratica contro i satanelli al 40’st, grazie ad un’azione da manuale propiziata da Mamadou Kanoute, il quale si insinua per via centrali con potenza ed apre a beneficio proprio di Luigi Samele, educato sulla sponda mancina ad accogliere il pallone e servirlo nuovamente al collega con un assist indirizzato verso il secondo palo: il senegalese stacca di testa e raddoppia per l’estasi finale degli spettatori. Un omaggio entusiasmante per la squadra e per il suo stratega, Capuano, che s’inchina sotto la Curva ed applaude ai cori di festa.

 

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