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Intervista con l’onorevole Felice Iossa
08 Novembre 2024 - 11:28
Più che un’intervista vuole essere una chiacchierata fra vecchi amici e compagni socialisti, accomunati dall’affinità con Claudio Signorile. La cultura politica di Lombardi e di quelli che scelsero di essere “lombardiani” che parlano il linguaggio della sinistra di governo. Per chi non lo conoscesse, Felice Iossa, è stato sottosegretario di Stato all’Industria, commercio e artigianato, due volte deputato, presidente della commissione parlamentare speciale per il Mediterraneo Consigliere regionale della Campania. Attualmente presidente di “Socialismo Oggi”, è membro della direzione nazionale PSI. Legato da una passione smisurata per la sua Pomigliano che, eleggendolo consigliere comunale per la prima volta, lo “condannò” ad una militanza politica socialista di cui non ha mai smesso di essere fiero e orgoglioso. Con le mie domande proverò a provocarlo. Sarà difficile...
Anche in Campania la sinistra si mostra divisa. State preparando un’altra sconfitta?
Se persisterà il veto di Ellj Schlein al terzo mandato segnerà consapevolmente una sconfitta del Pd con la perdita della Campania. L’arte della mediazione in politica è fondamentale a differenza di una radicalità che spesso si dimostra perdente.
Il centrosinistra si sta caratterizzando più per i veti che per i voti che riesce a tenere insieme. Segno evidente che l’elettorato, quello prezioso che si astiene e potrebbe diventare determinante, continua ad essere indifferente perché l’offerta politica, si mostra anch’essa indifferente verso le sue sensibilità.
Se dovessimo esaminare in dettaglio le scelte e i temi che caratterizzano le singole formazioni e Partiti del centrosinistra dovremmo prendere atto che il campo largo politicamente non esiste. Le singole posizioni non solo sono politicamente incompatibili ma persino inconciliabili. Dalla dimensione internazionale, ormai sempre più decisiva, a quella Europea, nazionale e persino territoriale, dove la sintesi potrebbe essere decisiva e forse meno impegnativa, se prevalessero quelle che noi chiamiamo le scelte dei sistemi territoriali.
E’ sempre più evidente che per sconfiggere il trasversalismo populista serve una terza offerta che per chiarezza, pragmatismo, capacità programmatica e progettuale potrebbe risultare vincente, perché storicamente l’Italia in passato gli ha riconosciuto di esserlo.
Un ritorno al passato quindi. E’ la ragione che ha spinto tanti socialisti senza tessera a tornare nel PSI?
Ma quale passato, se mai un ritorno al futuro. Un futuro che preoccupa la sinistra abituata a riflettere. A guardare alla gente più che alle ambizioni personali del leaderismo che sta mostrando tutti i suoi limiti. Noi siamo gente di strada. A differenza dei populisti che distribuiscono illusioni e vane promesse, raccogliamo e interpretiamo i bisogni di una società complessa, sofferente, che una politica inadeguata utilizza ma non aiuta. In un tempo in cui si avverte il bisogno di riforme, tutti si dicono riformisti ma spesso non comprendono il significato e il valore “di un riformismo rivoluzionario” che fu di Nenni e Pertini, di Craxi e Lombardi che seppero indicare la strada a tutta la sinistra. Altri tempi certo. Altri Leader. Si vorrebbe cancellare la Storia. Si è voluto cancellare la nostra storia. Ma la storia ritorna e noi siamo gli eredi di quel riformismo vero, di quella sinistra di governo che seppe governare in tempi difficili. Abbiamo alle spalle un grande futuro. Ne siamo consapevoli e orgogliosi. Per questo il nostro essere socialisti e autentici riformisti, eredi della tradizione del “riformismo forte” di quelle riforme di strutture, necessarie a cambiare il Paese, ad aiutare gli ultimi, i più esposti e vulnerabili ad una crisi persistente, in un mondo sconvolto dalle guerre, che lasciano sul campo di battaglia e fra i civili inermi, vittime innocenti e inconsapevoli. Si è perso il valore della pace. Solo Francesco con la forza di un vangelo militante riesce ad esserne interprete.
Le elezioni in America sembrano mostrare una realtà diversa da quella che descrivi.
Certo e il “socialismo della ragione” sembra soccombere ad un populismo che sposa tutte le cause, spesso sbagliate. La lunga campagna elettorale americana ha raccontato una “fiction infinita” diversa e lontana dalla realtà. Le urne hanno consegnato al mondo una voce diversa ma autentica: quella degli elettori che attraverso la democrazia, il voto, parlano e si esprimono. Hanno vinto i repubblicani e non hanno vinto al fotofinish, come i sondaggi ci hanno raccontato. Trump e i repubblicani rappresentano una nuova coalizione sociale, compresa fra il ceto medio, preoccupato per l’andamento dell’economia reale, e le minoranze più interessate ai temi dell’ordine pubblico che ai diritti civili. Ricchissimi interessati al taglio delle tasse e poverissimi che aspirano al riscatto sociale.
Trump, quello che ritorna a guidare la Casa Bianca e ad incidere sui già precari equilibri mondiali non è lo stesso che lasciò la Presidenza contestando il risultato di Biden. Oggi è più forte, è più pericoloso! Come tu recentemente hai scritto su queste pagine la sua vittoria elettorale è chiaramente riconducibile all’America First, alla contestazione della woke culture del proibizionismo antiabortista, al protezionismo economico, al contrasto al cambiamento climatico, il controllo dell’istruzione e delle università, considerate il fortino della cultura liberal. Ma soprattutto al disimpegno americano nel mondo, che potrebbe tradursi in un sostanziale via libera a Putin in Ucraina e a Netanyahu in Medio Oriente. Dice di volere una pace immediata ma il prezzo peggiore lo pagheranno i più deboli immolati al genocidio, sacrificati sui confini che vorrebbero raggiungere per fame di cibo e di libertà.
Una lezione che dovrebbe preoccupare tutte le sinistre del mondo e particolarmente l’Europa.
Il Mediterraneo invece della Guerra, il tema da sempre strategico e distintivo dei socialisti?
Appunto! Lo svolgimento di un grande tema: la pace, quale pace, come problema politico fondamentale per i popoli e per l’Italia in particolare, il buongoverno invece del populismo come risultato di un condizionamento reciproco e inscindibile del corpo sano della democrazia. Parole semplici ed immediate al turbamento diffuso nel Paese, del quale vogliamo farci interpreti. Dalla volontà di pace deve procedere la riflessione politica, penetrando nel vivo di una realtà difficile e pericolosa. Vuole andare nel senso opposto a quella di Conte e di Salvini che, ricordiamolo, hanno governato insieme, hanno gli stessi istinti, le stesse vocazioni. Noi vogliamo costruire un protagonista coraggioso e concreto per cambiare le cose e vogliamo farlo dal basso epurando i leaderismi fragili che tanto danno hanno prodotto, facendo prevalere le ragioni personali a quelle dell’interesse comune: Il Popolo, i Popoli invece del populismo.
La Pace è un problema politico di assoluta priorità per un paese di frontiera come l’Italia. Deve diventare strategia concreta e visibile, condizionante i programmi dei Partiti, l’azione del Governo e quella dell’opposizione, se almeno riuscisse a essere tale non solo sul terreno numerico; non fatto strumentale e agitatorio, ma chiave importante di un insieme di scelte in campi diversi, dalla politica estera alla difesa, dalla politica industriale agli scambi commerciali internazionali. Su questo anche il Sindacato unito deve ritrovare la sua rotta nell’interesse del mondo del lavoro che deve tornare a rappresentare autorevolmente.
Un terzo polo del centro riformista con Renzi e Calenda che fatica a superare lo sbarramento?
No. E’ qualcosa di faticosamente diverso ed esaltante: piuttosto che pensare a un campo largo nel quale ognuno coltiva ciò che desidera a prescindere, noi pensiamo di costruire un’alternativa dal basso parlando agli elettori che continuano ad astenersi e potrebbero essere protagonisti piuttosto che rinunciatari.
Per farlo è necessario partire dalla proposta, che deve esprimere una visione condivisa dalle famiglie socialiste, laiche, liberali, cattoliche che le riforme hanno dimostrato in passato di volerle e di farle.
Noi il nostro contributo l’abbiamo dato partendo dal Mezzogiorno Federato con una visione programmatica, progettuale e sistemica a cui hanno contribuito quelle famiglie politiche a cui ho fatto riferimento.
E i socialisti in particolare quale ruolo avranno?
Quello di federatori, e per farlo autorevolmente devono, dobbiamo ricomporre la famiglia socialista. Mettere da parte divisioni e personalismi, pensare ad una unica casa socialista. Non abbiamo bisogno di costruirne un’altra. Il PSI deve essere la dimora di tutti i socialisti, nessuno deve sentirsi escluso, nessuno può considerarsi unico legittimo proprietario. La diaspora deve cessare perché ha prodotto solo danni coltivando ambizioni personali spesso disilluse...
Ammesso che ci riusciate, pensate di poter incidere concretamente nella costruzione di questo progetto ambizioso?
Ci crediamo e ci proviamo. Partendo dal Mezzogiorno dalla sua posizione strategica per l’Europa Mediterranea. Stiamo pensando ad una conferenza che si svolgerà proprio a Napoli, capitale della cultura Mediterranea. Faremo prevalere “la forza delle idee”, dei contenuti di un riformismo pragmatico del quale, insieme ad altri, siamo portatori.
L’evoluzione del nostro sistema politico verso una democrazia dell’alternativa, avviene anche attraverso questi momenti nei quali torna ad emergere con forza una semplice verità molte volte dimenticata: gli interessi del Paese e la salute della democrazia vanno difese con il buon governo che non può non essere il risultato dello sforzo intellettuale e convergente di un primato della Politica.
Un ultima provocazione che posso permettermi di farti, perché so che mi risponderai con franchezza. Le regionali ormai impongono una scelta. I socialisti in Campania staranno con De Luca o con la Schlein?
Sarebbe facile risponderti dicendo che i socialisti staranno con i socialisti e con i veri riformisti! Ma non mi sottraggo alla provocazione. Lo stop al terzo mandato sarebbe un suicidio politico imperdonabile al quale non intendiamo partecipare.
Certo non spetta a noi parteggiare, ma a noi spetta far prevalere la possibile mediazione. Ora che la Regione ha legiferato, nonostante il diktat del Pd nazionale, la ragione, la saggezza pragmatica, devono prevalere con la logica politica democratica. I socialisti continuano a lavorare perché la frattura si ricomponga, non possiamo consegnare la Campania alla destra e c’è tempo e modo di recuperare
De Luca è una delle personalità più carismatiche della sinistra. Certo è distante dal populismo stellato, ma questo rappresenta un merito più che una colpa. Si è battuto e continuerà a battersi contro l’autonomia differenziata, il vero grimaldello che aprirà una falla nel centro destra esponendolo alle sue responsabilità, alle sue promesse mancate, al giudizio colpevole non solo del Mezzogiorno. Ha dimostrato recentemente nel Parlamento Regionale di avere la maggioranza. Ha dalla sua il Pd regionale praticamente al completo.
Nessuno può pensare di cancellarlo con un veto, sarebbe come decidere di tagliarsi gli orpelli! Vero è però che il Pd in Liguria e prima ancora in Basilicata ha deciso di farlo per seguire Conte nei suicidi annunciati e puntualmente avvenuti...
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Testata: Buonasera
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