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Consiglio Superiore Magistratura
23 Gennaio 2024 - 20:08
Tre cose da segnalare -perché ciascuna, a modo suo, rilevante- sono accadute la settimana scorsa sul fronte che, in qualche modo, interessa la giustizia.
-La prima e più mediaticamente rilevante è la sentenza con la quale le Sezioni Unite della Corte suprema di cassazione, hanno deciso che la condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel c.d. “saluto romano”, integra il delitto previsto dalla legge Scelba (articolo 5 L. 1952/645), solo quando, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione.
Le motivazioni non sono state ancora depositate e, perciò, onde evitare prese di posizioni emotive, è preferibile aspettare prima di ogni commento.
-La seconda pure se estranea alle problematiche giudiziarie, letta alla luce delle sensazioni trasmesse, sia pure al livello epidermico, dalla prima, può apparire come un segnale, piccolo per quanto si vuole, del mutamento di clima che circonda dell’assetto valoriale repubblicano e antifascista.
Si tratta del calendario 2024 dell’ Esercito Italiano uscito con una copertina nella quale sta testualmente scritto: «Per l’Italia sempre… prima e dopo l’8 settembre 1943».
Prima del citato 8 settembre l’Italia alla quale rivelano attaccamento i militari nostrani, era fascista.
Ragione questa per la quale sarebbe opportuno che chi deve fornisca chiarimenti per evitare confusioni e polemiche- tutt’altro che campate in aria- .
Il calendario, sia detto en passant, è stato promosso dalla sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti, Fratelli d’Italia.
-La terza, è la più direttamene collegata alle tematiche giudiziarie, e pare destinata ad alimentare le polemiche sul ruolo e la funzione del CSM.
Fabio Pinelli, vicepresidente del Csm, nel corso di una conferenza stampa convocata per relazionare sull’attività svolta nei primi 12 mesi di consiliatura sotto la sua guida, - prima iniziativa del genere in assoluto- ha accusato il precedente Consiglio di aver esondato rispetto alle proprie funzioni, rappresentando, di fatto, una «terza Camera».
La presa di posizione di Fabio Pinelli è stata subito contestata dal suo predecessore, Davide Ermini, che ha rivendicato, con una non comune dose di coraggio, forse dovuta a smemoratezza- l’incontaminata purezza della consiliatura precedete: quella, per capirsi, nella quale dopo lo scandalo Palamara, ben 5 consiglieri furono costretti a dimettersi.
Non potendo argomentare per difetto di materia prima, la disarmante verità predicata dal Vice presidente del CSM, togati e commentatori sono andati a cercare il pelo nell’uovo accusando Pinelli di aver coinvolto nella polemica l’elemento di continuità tra le due consiliature rappresentato dalla presidenza di Sergio Mattarella, Fabio Pinelli, dati gli scandali innegabili, ha controbattuto sostenendo che «Il presidente della Repubblica non ha mai consentito o autorizzato una funzione dell’organo che la Costituzione non gli ha assegnato, ma non corrisponde a narrazione corretta e franca se non si ricordassero le dimissioni di cinque consiglieri. Quindi qualcosa non ha funzionato. Abbiamo cercato di capire che cosa non avesse funzionato, che impronta dovessimo dare al nuovo Consiglio e credo che la direzione che abbiamo intrapreso sia corretta, nell’ambito anche delle fisiologiche diversità culturali».
Ciò ribadendo che il ruolo del Csm è quello di «governare una funzione, quindi, di offrire servizi ai magistrati sui territori».
Proprio per tale motivo, secondo lui, è necessario «avere ben chiaro qual è il perimetro dell’intervento anche rispetto alle libere scelte della politica», che deve sentirsi «libera di valutare» se accogliere o meno i pareri del Csm.
In serata, è circolata una lettera a firma di Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Genantonio Chiarelli, Tullio Morello e Antonello Cosentino di Area, Michele Forziati, Antonino Laganà, Roberto D’Auria e Marco Bisogni di Unicost, Roberto Fontana (indipendente) e Domenica Miele di Md nella quale gli estensori affermano di non condividere «…tali discutibili affermazioni… né in relazione alla lettura del ruolo costituzionale del Csm che esse sottendono, né in relazione al giudizio sull’operato dello scorso Consiglio, che ha dovuto affrontare gravi e delicate vicende mantenendosi sempre nei limiti delle proprie prerogative». Tuttavia, Andrea Mirenda, consigliere indipendente, ha affermato, di condividere “pienamente le conclusioni del vicepresidente quanto a natura e ruolo non politico dell’organo di governo autonomo. Qualche timida novità, rispetto al passato, sicuramente emerge e va apprezzata; c’è, tuttavia, ancora moltissima strada da percorrere affinché il Csm sia effettivamente affrancato dalle note logiche lottizzatorie e di sodalità che hanno rappresentato la costante - sino a ieri l’altro - dell’autogoverno, a mio sommesso avviso prima e formidabile minaccia all’indipendenza del singolo magistrato”.
Minaccia che è aleggiata sul Consiglio chiamato a selezionare i vertici togati della Scuola superiore della magistratura, scelti a due mesi dalla chiusura delle audizioni, solo ieri dopo molte polemiche e all’esito dell’ultima battaglia spartitoria tra correnti.
Logica spartitoria negata però da Pinelli che ha preferito evocare: “Le diversità culturali e le diverse sensibilità” presenti nell’Organismo.
Ma questa giustificazione, in realtà, convince poco...
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