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STORICO
17 Dicembre 2025 - 06:01
Bovindo – racconti da leggere, autori da scoprire è la rubrica dedicata a chi desidera far conoscere la propria voce letteraria e condividere il piacere del racconto breve.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Bovindo propone un nuovo racconto, scelto tra autori esordienti e scrittori già affermati, offrendo ai lettori uno sguardo privilegiato sulla narrativa italiana contemporanea: una finestra luminosa da cui osservare il mondo attraverso tante piccole grandi storie.
Gli autori interessati possono inviare all’indirizzo bovindo2025@gmail.com il proprio racconto indicando nome, cognome, luogo di residenza e contatto telefonico. I testi, in lingua italiana e a tema libero, non dovranno superare le quattro pagine (formato A4, file Word). Sono ammessi racconti editi o inediti, senza limiti di genere. Per ulteriori informazioni: cellulare 327 1371380. Bovindo è uno spazio aperto e inclusivo, dove la scrittura respira, il talento si riconosce e ogni voce trova il suo lettore.
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La notizia dell’imminente partenza di Erwin Rommel iniziò a trapelare tra i soldati e tra gli ufficiali del centro operativo di Villa dei Cedri di Lazise, a pochi chilometri dal Lago di Garda, dai primi giorni di novembre del 1943.
Il lago si era trasformato rapidamente in un luogo di soggiorno e di occupazione da parte dei grandi comandi tedeschi, compresi quelli delle SS e della Wehrmacht.
La guerra era giunta a un punto di svolta e i tentativi di sabotaggio delle linee telefoniche ai danni delle truppe nemiche si stavano facendo sempre più frequenti, al punto che già a fine settembre il comando supremo germanico di Rommel decise di pubblicare un manifesto bilingue in italiano e tedesco, affisso a Bardolino e nei vari centri della sponda veronese del lago, con lo scopo di punire i trasgressori con una multa e, in casi estremi, anche con la morte.
Tutto questo non era servito a fermare la sete di libertà dei soldati, ufficiali e sottufficiali italiani fuggiaschi e di tutti i civili che si erano uniti alla Resistenza e che lottavano ogni giorno contro le forze armate tedesche.
Tra i membri della Resistenza c’era la Brigata Avesani, costituita in gran parte da un gruppo di giovani donne combattenti che si riunivano periodicamente a Castelnuovo del Garda.
Emma era una di loro: era la figlia minore di Giovanni, storico panettiere di Colà e a sua volta partigiano. Era una delle poche donne “libere” di muoversi quotidianamente; per questo motivo era diventata il punto di riferimento strategico per lo scambio di informazioni preziose e vitali per molti membri della Resistenza.
Le avevano attribuito il ruolo di staffetta partigiana perché, in sella alla sua bicicletta, aveva il compito di consegnare puntualmente ogni mattina il pane a Villa dei Cedri per ordine diretto di Rommel; pertanto, i suoi spostamenti non destavano particolari sospetti.
Fu così che Franz ed Emma si conobbero, e fu così che iniziò il loro scambio di sguardi d’intesa, di teneri sorrisi e di bigliettini amorevoli.
Franz era un colonnello di trent’anni, nipote del feldmaresciallo Wolfram von Richthofen, un uomo estremamente potente che stabilì a Lazise il comando della Luftwaffe d’Italia e, a sua volta, cugino del Barone Rosso, uno dei piloti più noti nel corso della Prima guerra mondiale.
Franz si era arruolato proprio per volontà di suo zio, che gli aveva imposto la carriera militare, ma fin dal principio era consapevole che stava combattendo una guerra di cui non condivideva né idee né ideali.
Sotto l’uniforme di alto rango c’era solo un uomo desideroso di far ritorno a casa, per tornare a vivere una vita libera dal tormento e lontana dai volti senza vita di uomini, donne e bambini, prima torturati e poi uccisi barbaramente davanti ai suoi occhi, e dal frastuono incessante di colpi di pistola, bombe e cannonate che sopportava ormai a fatica.
Da mesi Franz aiutava segretamente Emma fornendole informazioni sugli spostamenti dei soldati tedeschi lungo le sponde del lago e sulle imminenti direttive che Hitler impartiva dalla Germania ai suoi sottoposti.
In questo modo Emma era riuscita a evitare che suo fratello Mario fosse colto in flagrante dai soldati tedeschi nel tentativo di sabotare nuovamente la linea telefonica a Cisano.
Era il 15 novembre del 1943. Emma giunse a Villa dei Cedri puntuale alle sei del mattino con due sacchetti colmi di panini e focacce ancora calde, riposti con cura nel cestino della sua bicicletta.
Si fermò per appoggiarla al muretto esterno, perché le guardie di Rommel vietavano gli ingressi con qualunque mezzo non autorizzato alla villa per motivi di sicurezza.
Proseguì a piedi e consegnò al soldato di turno entrambi i sacchetti, dai quali proveniva il gradevole profumo tipico dei prodotti da forno.
Quando tornò indietro, nel cestino della sua bicicletta vide un fiore rosso simile a una piccola rosa: si trattava di una camelia. Sul gambo del fiore c’era un bigliettino arrotolato con un filo di spago di canapa.
Riconobbe la calligrafia di Franz che, in via precauzionale, si limitò a scrivere un breve messaggio:
«Solito posto, ore 17».
Il solito posto era la spiaggia del lungolago di Lazise, sul tratto che portava verso Pacengo, lasciandosi alle spalle il Castello Scaligero.
Quello era il luogo segreto dei loro incontri, il luogo dove si erano scambiati il primo bacio una sera di settembre, mentre il sole tramontava e colorava in modo naturale il cielo con sfumature arancioni, a tratti rosse e infine rosate.
Emma arrivò per prima, si aggiustò la gonna ancora impregnata di farina e residui di briciole di pane, che rimosse rapidamente con le mani, poi si mise seduta sulla riva del lago.
Quella sera non c’erano i soliti soldati per il turno di guardia sulla strada principale e, stranamente, anche le stradine interne sembravano meno assediate del solito.
Pochi minuti più tardi vide arrivare Franz dal viale alberato che conduceva verso il lago.
Lui, con un gesto del tutto naturale, si tolse il berretto e, avvicinandosi a Emma, le sorrise dolcemente.
«Franz, finalmente sei qui», disse Emma correndogli incontro.
Franz l’abbracciò sollevandola da terra, poi prese le mani di lei e le strinse tra le sue.
«Emma, devo darti una notizia importante. Ci tenevo a vederti per parlartene di persona. Oggi, 15 novembre, è il compleanno del feldmaresciallo Rommel; tutti gli ufficiali, sottufficiali e soldati sono stati convocati a Villa dei Cedri e proprio ora sono in corso i festeggiamenti. In questo modo nessuno noterà la mia assenza».
«Sono felice di vederti, mi sei mancato, mio caro. Ho atteso questo momento per giorni e giorni», rispose Emma.
«C’è un’altra questione di cui dobbiamo parlare». Lo sguardo di Franz si fece serio.
«Ieri Rommel ha ricevuto l’ordine di lasciare l’Italia. Tra pochi giorni dovrò partire. La guerra ha raggiunto un punto critico; Hitler è preoccupato per le sorti del Reich. Se la Germania dovesse perdere la guerra, ci sarebbero conseguenze gravi per tutti. Io stesso potrei essere processato e condannato».
Gli occhi azzurri di Franz non smettevano di fissare Emma mentre pronunciava quelle parole amare ma vere.
«Emma, forse oggi potrebbe essere l’ultima volta che mi vedrai. Se devo partire non potrò più proteggerti né aiutare i tuoi amici e la tua famiglia. Voglio che tu faccia attenzione. In ogni caso cercherò di farti avere mie notizie e ti scriverò ogni volta che mi sarà possibile. L’unica cosa che ho davvero amato di questa guerra sei stata tu, mia dolce Emma, ed è stato questo luogo incantevole, il lago di Garda, che ha restituito un po’ di pace alla mia anima».
Gli occhi verdi di Emma si riempirono di lacrime. Si calmò solo quando la mano di Franz le accarezzò la guancia.
«Promettimi che tornerai», sussurrò lei.
Emma baciò Franz, poi rimasero abbracciati tutta la notte guardando il lago illuminato dalla luna. Franz partì due giorni dopo.
Lazise, 10 agosto 2023
Andrea correva scalzo sul bagnasciuga e sua madre Maria era proprio dietro di lui.
«Andrea, fermati un attimo», disse Maria. «Voglio mostrarti un luogo a me caro».
«Proprio qui, nel 1943, una partigiana italiana e un ufficiale tedesco si fecero una promessa… Quell’uomo e quella donna erano i tuoi nonni».
Maria e Andrea ripresero a camminare sul lungolago mano nella mano.

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