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Trattativa Stato mafia

10 anni di balle e ora... la vendetta

Per dieci anni hanno accusato il generale Mori di aver trattato, oggi di non aver impedito, con l’intento di perseguirlo fino alla fine dei suoi giorni.

10 anni di balle e ora... la vendetta

Il dubbio che potesse finire non ci ha mai sfiorato. Nemmeno la Corte di Cassazione è riuscita a scrivere la parola fine sotto il film fantasioso costruito intorno ad un reato esistente solo nella mente dei suoi sceneggiatori. Per molti, e per molti anni, ha rappresentato una fortuna, per le rispettive carriere in ogni ambito. Una rendita difficile da accantonare. Per altri è stato un cinico e disinvolto tritacarne. Ci hanno rimesso dignità, onorabilità, salute. Servitori di uno Stato ingrato, protagonisti della lotta alla mafia, quella vera, linciati come traditori e dati in pasto all’orda famelica delle milizie antimafiose più fanatiche.

Lo aveva intuito Leonardo Sciascia rivolgendosi a coloro che hanno corta memoria e lunga malafede. Appartengono prevalentemente a quella specie, molto diffusa in Italia, di persone dedite all'”eroismo della sesta giornata” che non costa nulla, paga e soddisfa l’opportunismo.

Con la lotta alla mafia non ha nulla a che fare, ma è straordinariamente utile a costruire carriere, fortune editoriali, successi politici. Un mondo, articolato, complesso e potentissimo, che vive e prospera grazie a questa narrazione, che nasce da una idea forte ed inconfutabile, e cioè che la mafia ha sempre goduto e gode anche di sponde, collusioni e complicità istituzionali.

Una “verità” che diventa ossessiva, maniacale, anche quando l’inchiesta giudiziaria non ne coglie traccia. E se non ne coglie traccia, è una inchiesta marginale se non inutile. Tuttavia ha la la straordinaria forza comunicativa, della fascinazione esercitata sulla pubblica opinione, e soprattutto della formidabile sua idoneità a stigmatizzare chi osi metterla in dubbio.

L’inchiesta sulla “Trattativa” è giunta di fatto ad “inventare” un reato inesistente, per poter affermare che, proprio coloro ai quali erano affidati ruoli di vertice nella lotta alla Mafia, erano in realtà collusi con essa nel ricattare lo Stato.

La vulgata ricorrente sulla giustizia “difendersi nel processo e non dal processo” si è accompagnata a quella secondo cui “le sentenze non si commentano”. Si tratta di luoghi comuni balordi, cui ci si abbandona per pigrizia o disonestà intellettuale. In realtà queste formule stereotipate costituiscono un modo di concepire la giustizia e il diritto. L’idea di fondo che li produce risiede nel considerare gli amministratori di giustizia come un rango incontaminato e sacro e chi ne contesta l’azione finisce per essere considerato colpevole di sacrilegio.

I Ros e il generale Mori in particolare, .sono stati trascinati dalle procure in quattro processi che li hanno immobilizzati per un quarto di secolo. Sempre assolti da accuse fantasiose e inconsistenti

La Corte di Cassazione con sentenza definitiva emessa dalla Sesta sezione penale il 27 aprile 2023 nel processo cd. "trattativa Stato-mafia" ha confermato la decisione della Corte di assise di appello di Palermo nella parte in cui ha riconosciuto che negli anni 1992-1994 i vertici di “cosa nostra” cercarono di condizionare con minacce i Governi Amato, Ciampi e Berlusconi, prospettando la prosecuzione dell’attività stragista se non fossero intervenute modifiche nel trattamento penitenziario per i condannati per reati di mafia ed altre misure in favore dell’associazione criminosa, ha escluso ogni responsabilità degli ufficiali del ROS, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno - peraltro già assolti in appello sotto il profilo della mancanza di dolo negando ogni ipotesi di concorso nel reato tentato di minaccia a corpo politico.

Una sentenza pronunciata da giudici valorosi ed unanimemente stimati ed apprezzati, avrebbe dovuto comportare scuse e riconoscimenti nei confronti delle vite spezzate, infangate ed umiliate di imputati innocenti. Ha il merito di aver ristabilito la verità! Una verità scomoda, difficile da digerire per uno schieramento che ha sostenuto l’accusa mistificando la verità.

Per questi Mori deve pagarla… Oggi provano a consumare l’ennesima vendetta contro di lui.

Non basta avergli reso la vita un calvario per decenni; non accettano che sia stato assolto da ogni contestazione e si ribalta il teorema. Per dieci anni lo si è accusato di aver trattato, oggi di non aver impedito, con l’intento di perseguirlo fino alla fine dei suoi giorni.

Ha ragione il Ministro Crosetto “Chi non si inchina alla casta deve essere distrutto, la legge non è uguale per tutti”. E’ un comportamento indegno per uno stato civile. Di una giustizia ingiusta a cui Tortora si rivolse dicendo: “Signori giudici, io sono innocente. Spero che lo siate anche voi”…

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