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La forza della vita nel racconto di Rosa Anna Valletta

La forza della vita nel racconto di Rosa Anna Valletta

La forza della vita nel racconto di Rosa Anna Valletta

“Per anni la sua borsa nera è stata lì a guardare lo scorrere del tempo, mentre io, distratta dalla vita mi accontentavo di saperla con me, senza sfiorarla. Era della mia mamma. Che sorpresa, quando finalmente ho trovato il coraggio di aprirla! C’era lì tutta la sua eredità, “la forza della vita” che voleva regalarci e che io ho preso in carico per imbastire la storia della famiglia, insieme ai ricordi e ai documenti che la testimoniano. È un viaggio per scoprire i sentimenti e la bellezza dell’umiltà di chi abbandona il luogo natio per adattarsi al nuovo”. Parole più efficaci Rosa Anna Valletta non poteva trovare per raccontare amabilmente, con la sapienza del cuore, la sua emozione gioiosa per l’inattesa scoperta, ma anche la sua tenerezza di figlia e la sua fedeltà a un mondo sacro di affetti e valori. Un “piccolo mondo antico” salvato dalla memoria. Il tempo perduto è ritrovato in una borsa nera colma di foglietti, “pizzini” di carta con su scritti i pensieri e i ricordi di Anna Zaccaria, la mamma di Rosa Anna Valletta che, da professoressa di lettere quale ella è, li ha raccolti con amore e li ha messi insieme come tasselli di un mosaico o di un puzzle della memoria. Ed è nato questo libro pubblicato da Edit Santoro di Galatina e intitolato “La forza della vita”. La vita, se coniugata sul paradigma dell’amore, è più forte del male, delle avversità e della morte. “Parlami” è il sottotitolo. Sì, perché la vita continua nella parola e nel ricordo delle parole di chi abbiamo amato. Parole come lunghi echi di conchiglie ritorte. Se sopravvive la parola, c’è la speranza di continuare a vivere nella memoria e di incontrarsi ancora con le persone amate, strappate dall’aiuola della vita e degli affetti, nei ricordi infilati come perline col filo d’oro della memoria. “La forza della vita” ne è la prova; tra l’altro questo libro ha un’impostazione originale perché comprende più generi letterari: c’è il romanzo di Rosa Anna che ricostruisce la microstoria della madre, perno della storia della famiglia che intorno a lei si aggrega, nel grande respiro della Storia; c’è poi il racconto in prima persona della madre, Anna Zaccaria, bella ragazza di Palermo, nata il 25 settembre del 1925, che parla attraverso la figlia e che narra la sua giovinezza, i suoi genitori di vita esemplare e l’amore fedele per il marito, Salvatore Valletta, sposato nel 1946, l’anno del referendum monarchiarepubblica. Salvatore era un bel giovane salentino, Anna era una ragazza raffinata oltre che bella: il colpo di fulmine, nel 1945, era stato reciproco. A far innamorare Anna fu il coraggio di Salvatore. Il giovane, infatti, che era stato con il comandante Badoglio nella guerra d’Africa, in Etiopia e in Abissinia, era un collaboratore della Squadra Mobile di Palermo che catturò i “Lupi di Monte Pellegrino” , pericolosi criminali seguaci del bandito Giuliano. Per non essere poi ucciso dalla mafia, Salvatore fu costretto al trasferimento nel paese natale di San Cesario di Lecce. Anna racconta anche la sua angoscia per le minacce subite dalla criminalità organizzata, il suo dolore di giovane sposa sradicata dalla città natale, dalla sua casa, ricca di tante cose care, a cominciare dall’amato pianoforte, e poi la nuova vita nel Salento, a San Cesario, dove ricostruire un’altra vita insieme alla sua famiglia. Così, dopo il profumo di zagare e di rose della Sicilia, vista attraverso gli occhi della mamma di Rosa Anna , si è inondati dalla luce calda del nostro Salento. I racconti, a dimostrazione della verità della vita senza schermi letterari, sono intervallati dalla documentazione giornalistica e fotografica; inoltre, in corsivo, Rosa Anna ha aggiunto la spiegazione storica dei luoghi e degli oggetti –simbolo della memoria collettiva (come “’u tiralloru”, il carretto di legno), dove si è concretata la storia: il libro, quindi, fra narrativa della memoria, saggistica e apparato fotografico e giornalistico, è composto da intarsi bene incastrati fra loro o, se preferite, da tessere policrome di un altare domestico. Sono storie semplici e grandi, storie di eroismi quotidiani che talvolta balzano agli onori della cronaca, storie di uomini della legalità che compiono il loro dovere, e delle loro mogli, ugualmente coraggiose, che condividono pericoli e vittorie affrontando sempre a testa alta la marea della vita. La signora Valletta, la mamma di Rosa Anna, è stata una di queste: una donna bella (quando all’epoca non si usavano i trucchi), intelligente e saggia. “A mia madre –scrive Rosa Anna Valletta che a lei dedica il libro- una donna di cuore, fonte d’ispirazione”. Una donna di cuore e, aggiungo, di testa. Donna di testa e di cuore, manzonianamente. Dal libro emergono alcuni valori: prima di tutto la saggezza e il coraggio di una donna che è rappresentativa di tutte le donne italiane, in particolare meridionali, e di una generazione, quella delle ragazze e delle giovani donne degli anni Cinquanta, che in Anna possono riconoscersi. Saggezza, dicevo, perché non doveva essere facile per una ragazza di Palermo, città ampia ed europea, andare a vivere in un paesino del Salento di mezzo secolo fa, anche se in fermento culturale e socioeconomico; non doveva essere facile integrarsi, anzi adattarsi, superare diffidenze e conquistarsi la fiducia, l’amicizia e l’affetto di tutti. Ne parla anche, nella Prefazione del libro, Marilena Cataldini, fra i poeti migliori del nostro tempo che, tra l’altro, centra questo aspetto importante del libro: il coraggio, la dolcezza e la determinazione delle donne del sud che, nel silenzio, hanno sprigionato vita e valori. Un altro valore basilare del libro è certamente quello della famiglia. Anna, una ragazza all’avanguardia per quei tempi - aveva conseguito la qualifica di avviamento commerciale grazie al quale aveva potuto lavorare al Banco di Sicilia e stava coltivando un autentico talento da stilista-, lasciò con dolore Palermo, i suoi progetti e i suoi sogni, per amore verso un uomo che, però, seppe darle certezze incrollabili, e riuscì a proteggere la sua famiglia creata con amore e per amore, nonostante l’ombra insanguinata della mafia che incombeva in Sicilia, nonostante le avversità che non mancano mai nella vita, dando ai suoi tre figli la serenità necessaria per crescere gioiosi. Diciamo la verità: le famiglie sono state salvate dal sacrificio e dalla resilienza delle donne, sostenute certamente da uomini di forti e fermi valori morali. In seguito, la morte di Salvatore nel 1995 non interruppe l’amore coniugale né le parole che Anna continuò a dedicare al marito, scrivendole sui pizzini di carta. “Parlami”, gli scrisse. Il dialogo, in realtà, non fu mai interrotto. “Scriveva – ricorda la figlia- e quando i pensieri si liberavano dai ricordi, che spesso tornavano prepotenti, trasformava piccoli pezzi di carta in pizzini. Depositava sui pizzini frammenti di saggezza, accumulata negli anni e verità che ha sperimentato. Non teneva i pizzini per sé, li inviava ai cari figli e nipoti. Anna ha donato a loro poche cose materiali. La vera ricchezza per lei è chiusa nei suoi pensieri e nella forza della vita. Nelle pagine dei suoi giorni c’è tutto.” “Last but not least”, il valore che è stato il collante di tutti i valori di Anna è certamente il profondo e religioso senso del sacro che sigilla la vita e il libro: “Che bel viaggio fantastico è stata la nostra vita, vissuta con serenità e fiducia nella misericordia del Signore, che ho pregato con Fede”: l’ultimo messaggio, questo, l’ultimo pizzino ai nipoti, un testamento spirituale di immenso valore morale. “Vi amo”. Firmato : Nonna Anna. Nell’ultima pagina la foto del volto della bella signora che guarda sorridendo un punto lontano…
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