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Il caso

Condomini, la riforma che divide: chi paga rischia di coprire i morosi

In Parlamento un nuovo disegno di legge cambia le regole della gestione condominiale. Più controlli e tutele per i fornitori, ma l’aspetto più contestato riguarda la responsabilità collettiva delle spese

Cambiano le norme per gli edifici condominiali

Cambiano le norme per gli edifici condominiali

BARI - A 13 anni dalla riforma del 2012, il condominio torna al centro del dibattito politico con il disegno di legge AC 2692, presentato il 17 dicembre e sostenuto da Fratelli d’Italia. Un intervento che punta a riscrivere in modo profondo le regole di gestione degli stabili, ma che sta già sollevando forti polemiche, soprattutto per le ricadute economiche sui condòmini in regola con i pagamenti.

Il provvedimento nasce con l’obiettivo dichiarato di rafforzare trasparenza, controlli e professionalità, introducendo amministratori più qualificati, contabilità più rigide e maggiori garanzie per creditori e fornitori. Tuttavia, tra le norme previste, ce n’è una destinata a incidere direttamente sulle tasche delle famiglie: in caso di morosità, a pagare potrebbero essere anche i condòmini puntuali.

La riforma rafforza infatti la posizione dei fornitori. Se oggi le imprese possono rivalersi solo sui condòmini morosi indicati dall’amministratore, il nuovo impianto normativo consentirebbe loro di attingere direttamente al conto corrente condominiale. Qualora le somme disponibili non fossero sufficienti, l’azione di recupero potrebbe estendersi anche ai proprietari che hanno sempre rispettato le scadenze. Una tutela più solida per chi lavora per il condominio, ma che introduce un principio di responsabilità collettiva destinato a creare tensioni e contenziosi.

Il tema della morosità viene affrontato anche sotto un altro profilo. Le azioni di recupero non scatterebbero più automaticamente entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, ma solo dopo l’approvazione del rendiconto da parte dell’assemblea, che potrà avvenire entro 180 giorni. Un allungamento dei tempi che, se da un lato semplifica il lavoro degli amministratori, dall’altro rischia di concedere ulteriore margine ai morosi, aumentando l’esposizione finanziaria del condominio.

Il disegno di legge interviene anche sulla figura dell’amministratore, prevedendo requisiti di accesso più stringenti, con l’obbligo di una laurea in ambito economico, giuridico o tecnico scientifico, e l’istituzione di un elenco nazionale obbligatorio presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Restano escluse dall’obbligo alcune categorie già iscritte ad albi professionali, mentre per chi esercita senza registrazione sono previste sanzioni.

Sul fronte della gestione finanziaria, il testo impone lo stop definitivo al contante. Tutti i pagamenti dovranno transitare dal conto corrente condominiale e i rendiconti annuali dovranno offrire una fotografia completa e dettagliata della situazione patrimoniale, comprese le morosità pregresse. Nei condomìni con oltre 20 unità, diventa obbligatoria anche la nomina di un revisore, con mandato di 2 anni non rinnovabile.

Tra rigore contabile e nuove responsabilità, la riforma promette di cambiare in profondità la vita dei condomìni italiani. Ma è proprio il meccanismo che consente ai creditori di rivalersi anche su chi ha sempre pagato a sollevare le maggiori perplessità. Il rischio concreto è che l’efficienza del sistema venga garantita scaricando il peso delle insolvenze su chi è già in regola, trasformando la convivenza condominiale in un terreno ancora più conflittuale.

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