Il diario di viaggio di una giovane tarantina di Maruggio. Anche questa settimana il suo report dalle Filippine, dove si trova tuttora. Il Natale del Vangelo lo conosciamo tutti: semplicissimo, povero, solitario, periferico. Maria e Giuseppe non erano a Nazareth ma in viaggio, lontani da casa, dalle famiglie, dal calore di un focolare domestico e dai piccoli comfort della loro vita. Gesù nasce nella mangiatoia di una grotta “perché non c’era posto per loro nell’albergo”, i primi e gli unici che vanno ad incontrarlo sono gli umili pastori che vedono la stella dai campi, e gli angeli intorno intonano canti al Re dei Re, nato come l’ultimo dei poveri. E’ un quadretto che abbiamo interiorizzato perfettamente da quando siamo nati, eppure i nostri Natali, in qualsiasi caso scegliamo di passarli, appaiono tutti molto diversi, i miei compresi. Quest’anno, invece, per la prima volta, ho trascorso un Natale molto più simile a quello della Bibbia, e nonostante la surrealtà di alcuni istanti, è stato spiritualmente più forte di qualsiasi altro Natale della mia vita. L’ho trascorso in un Convento, qui nelle Filippine dove mi trovo ora, in cima a una montagna di un’isola lontana del Pacifico. Il super tifone dell’anno scorso ha distrutto parte dei locali, e la Chiesa grande è ancora da ricostruire, per cui la nostra chiesa per la notte è stata una piccolissima cappella con una croce di legno sul muro e un tappeto di bambù per terra. Intorno a noi, il vento che muoveva le palme nel cielo stellato, sei suore che come gli angeli cantavano canti di luce - tra cui una Cinese, che dal suo paese è dovuta scappare, per potersi consacrare - candele a illuminare un umile presepe, qualche persona venuta dalle montagne intorno, semplice e pia, e io. Abbiamo trascorso il 24 nel silenzio e nella contemplazione di quella che deve essere stata anche per Maria e Giuseppe una giornata molto misteriosa. Nel caos di una Gerusalemme pienissima di gente, per il censimento, e la stanchezza di chi da lì a poche ore avrebbe partorito. Io ho trascorso tanto del mio tempo a cucinare - avevo promesso alle Suore Italiano, per Natale – e ho preparato focacce baresi, focacce con la zucca e lasagne, ma tutto è avvenuto nel silenzio e in una vera attesa. La sera, la nostra veglia è iniziata. Dopo la messa, il Santissimo Sacramento è rimasto esposto tutta la notte, e ognuno ha fatto turni di guardia per poi prepararci di nuovo a un’altra messa, alle 6.30 del mattino, per quella che la tradizione chiama “la messa dei pastori”, la prima messa del Natale. Abbiamo dormito 2 o 3 ore, proprio come si farebbe la notte che nasce un bambino, e il 25 è stato un via vai di bambini e famiglie povere da accogliere - come i pastori, venuti ad omaggiare il bambino - ma anche di pacchi miracolosamente arrivati, non sappiamo esattamente da chi, con dentro ogni ben di dio, compresi panettoni artigianali della migliore qualità. Niente famiglia, niente amici - se non le persone occasionali incontrate in questi giorni, passanti anche loro per questa parte del mondo – e solo tanta contemplazione e preghiera. La sera ci siamo trovati di fronte al presepe, abbiamo cantato dei canti di natale in tutte le lingue, e siamo andati a letto presto. Niente “feste” nel senso tradizionale del termine. Niente “vestiti buoni”, niente regali, alberi addobbati e luci costose. Solo una piccola cappella al limitare di una montagna, dalla quale, tuttavia, abbiamo guardato i fuochi d’artificio sopra la città, nel rumore che ci si aspetterebbe di più per l’ultimo dell’anno, ma che invece qui nelle Filippine è tradizione anche per la notte di Natale. Tutti sono nelle strade a festeggiare, cantare, e scambiarsi gli auguri. Bande hanno suonato anche dopo la mezzanotte, nelle strade di Cebu. Personalmente, è stato il Natale più forte di sempre. Spiritualmente forte, interamente concentrato sulla nascita che a Natale celebriamo, in questa terra asiatica di pace e di silenzio, dove spesso si tende a non dire, piuttosto che a dire, dove non sempre ci si abbraccia ma spesso ci si inchina l’uno di fronte all’altro. Dove la vita viene vissuta con più semplicità che in altri posti del mondo. Il giorno di Natale, quasi 100 bambini sono venuti a celebrare e siamo stati nella chiesa grande, anche se ancora in parte distrutta. E così, tra le macerie della chiesa e le ferite di vite in parte segnate dalla povertà o la persecuzione religiosa, quella che nessuno di noi conosce e a cui nessuno pensa, ci siamo scambiati gli auguri. Anni luce dalla “perfezione smaltata” dei nostri natali occidentali da fotografia, ne presepi del mondo, spesso molto diversi da quelli che ci immaginiamo. E ho pensato ai migranti, a chi ora vive in guerra, a chi è lontano da chi ama. Un Natale più difficile ma anche più autentico. E anche per tutti loro, la notte di Natale abbiamo pregato intensamente.
Commentiscrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Buonasera24
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo