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Bari
17 Marzo 2025 - 14:35
BARI – Una ferita che non si rimargina, un ricordo che resiste al tempo. A quattordici anni dall’efferato omicidio di Giuseppe Mizzi, vittima innocente di mafia, la città di Bari si è raccolta questa mattina in via Venezia, a Carbonara, nel luogo in cui quell’uomo, padre e marito esemplare, fu brutalmente ucciso la sera del 16 marzo 2011, mentre rientrava a casa.
La cerimonia, organizzata dall’Amministrazione comunale, ha visto la partecipazione di numerose autorità civili e militari, accanto ai familiari di Giuseppe. Erano presenti il sindaco Vito Leccese, l’assessora regionale alla Legalità e Antimafia sociale Viviana Matrangola, il prefetto di Bari Francesco Russo, il questore Massimo Gambino, l’assessore comunale Nicola Grasso, la presidente del Municipio IV Maria Chiara Addabbo, e il referente regionale di Libera don Angelo Cassano. Un momento di raccoglimento e memoria, ma anche di rinnovato impegno contro ogni forma di violenza criminale.
Giuseppe Mizzi fu colpito a morte da sei proiettili sparati alle spalle, senza alcuna possibilità di difesa, a pochi metri dalla porta di casa. Aveva solo 39 anni, una famiglia a cui era profondamente legato, e nessun legame con il mondo della criminalità. Il suo omicidio fu ordinato dal boss Antonio Battista, affiliato al clan Di Cosola, come ritorsione cieca dopo un agguato subito dallo stesso qualche giorno prima. La sentenza della Corte d’Assise ha condannato il mandante all’ergastolo.
“Essere qui oggi è un atto doveroso”, ha dichiarato il sindaco Leccese, rivolgendosi con commozione alla moglie Katia, ai figli e agli amici di Giuseppe. “Il sacrificio di Pino non può essere dimenticato. Era un uomo perbene, ucciso per caso, in una logica mafiosa che non conosce umanità né giustificazioni. Ricordarlo significa rafforzare il nostro impegno per una Bari libera dalla paura e dalla prepotenza”.
Il sindaco ha sottolineato come negli ultimi anni la città abbia fatto passi avanti nella costruzione di una rete sociale fondata sulla legalità, grazie al lavoro delle forze dell’ordine, della magistratura, delle associazioni come Libera e delle comunità parrocchiali. Ma ha anche ricordato che “non possiamo permetterci di abbassare la guardia”, perché esistono ancora territori che subiscono il ricatto silenzioso della criminalità organizzata, zone in cui il controllo del territorio si esercita con la minaccia e l’intimidazione.
“Questa giornata non deve restare un rituale, ma diventare un monito. Dobbiamo trasformare il dolore in responsabilità condivisa, in impegno quotidiano, in educazione civile e culturale”, ha aggiunto Leccese, richiamando tutti, istituzioni e cittadini, al dovere di costruire una città più giusta e sicura.
Accorato anche l’intervento di Maria Chiara Addabbo, presidente del Municipio IV, che ha voluto condividere un ricordo personale di quel tragico giorno. “Avevo diciassette anni e la notizia dell’omicidio di Giuseppe mi ha cambiato per sempre. Ho capito di vivere in un quartiere in cui la mafia poteva colpire chiunque, anche un uomo innocente. Da quel momento ho scelto di impegnarmi per cambiare le cose”.
Per Addabbo, non si tratta soltanto di commemorare, ma di agire concretamente ogni giorno: “Non è mai sbagliato camminare liberamente nelle strade della propria città. È la criminalità che deve temere il coraggio e la consapevolezza dei cittadini. Dobbiamo continuare a vivere i nostri spazi, a organizzarci, a denunciare. Ai ragazzi dico: non abbiate paura di parlare. Usate la vostra voce, rivolgetevi agli insegnanti, alle istituzioni, alle forze dell’ordine. Non voltatevi dall’altra parte”.
In questo percorso, fondamentale è anche la trasformazione degli spazi urbani in luoghi di incontro e memoria viva. Lo dimostra il giardino di Loseto intitolato a Giuseppe Mizzi, dove la comunità si ritrova per attività sociali e iniziative di cittadinanza attiva. “Quel giardino deve diventare un presidio di legalità e partecipazione, un simbolo di come si possa rispondere alla violenza costruendo bellezza, relazioni e solidarietà”, ha sottolineato la presidente.
Il ricordo di Giuseppe Mizzi continua a essere un faro per le nuove generazioni, un esempio di come la memoria possa trasformarsi in azione. Per questo motivo, l’educazione alla legalità, la presenza costante delle istituzioni e la mobilitazione civile restano gli strumenti più potenti contro le mafie, come hanno ribadito anche gli altri rappresentanti istituzionali presenti.
“Giuseppe Mizzi era un uomo pieno di vita, che amava la sua famiglia e il suo lavoro. È in nome di quella passione e di quell’amore per le piccole cose che dobbiamo continuare a lavorare per una comunità più unita, più consapevole e più forte”, ha concluso Leccese.
Il 16 marzo non è solo la data di una tragedia, ma anche il simbolo di una speranza: quella di una città che non dimentica, che reagisce e che, passo dopo passo, pedala nella direzione della giustizia e della libertà.
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