TARANTO - L’aria è tagliente, quella tipica dell’inverno che arriva dal mare e attraversa il Ponte Girevole senza chiedere permesso, ma nel borgo non c’è spazio per il freddo. C’è un suono che rimbalza tra le facciate dei palazzi, si infila nei vicoli, corre lungo corso Due Mari e si distende fino a via Di Palma. È la musica, ed è lei a tenere insieme migliaia di persone che, anche questa volta, hanno scelto di vivere Taranto a cielo aperto, aspettando la notte di San Silvestro.
Dopo il lungo pomeriggio del 24 dicembre, quando la città si era già concessa un primo, sorprendente abbraccio collettivo in attesa del Natale, Taranto concede il bis. Le immagini che circolano, girate tra corso Due Mari e via Di Palma, raccontano un fiume continuo di ragazzi e ragazze che attraversano il cuore cittadino con un unico obiettivo: stare insieme, ballare, cantare, prendersi una pausa da un 2025 complicatissimo, segnato da tensioni sociali, crisi industriali mai risolte, paure diffuse e una quotidianità spesso faticosa.

Non è solo una festa improvvisata. È un rito urbano che Taranto conosce bene, perché la città, nei suoi momenti migliori, ha sempre saputo trasformare le strade in luoghi di incontro. Lo faceva nei decenni passati durante le grandi feste popolari, lo fa oggi in una forma nuova, più spontanea e meno codificata, ma non per questo meno intensa. Le strade diventano un grande spazio condiviso, un palcoscenico senza barriere dove la musica dal vivo di un gruppo locale fa da collante emotivo, da battito comune.
Tra il Ponte Girevole e il Castello Aragonese, simboli eterni di una città sospesa tra acqua e pietra, il borgo si riempie di movimenti, risate, abbracci. C’è chi balla stretto agli amici, chi canta a squarciagola un ritornello conosciuto, chi semplicemente osserva, lasciandosi attraversare da un’energia che non chiede nulla se non di essere condivisa. È una Taranto giovane, ma non esclusiva, dove anche chi non balla sente di far parte dello stesso momento.
Questo modo di vivere l’attesa del Capodanno affonda le radici in una tradizione più profonda. Taranto ha sempre avuto un rapporto particolare con lo spazio pubblico. Le piazze, i corsi principali, le strade del borgo sono state storicamente luoghi di socialità, di confronto, di identità. Qui si è discusso, qui si è protestato, qui si è festeggiato. Oggi quella tradizione si rinnova attraverso linguaggi contemporanei, ma il senso resta lo stesso: riappropriarsi della città, sentirla viva, abitata, attraversata da relazioni vere.
Il valore identitario di questi momenti va oltre la musica e l’intrattenimento. In una città che convive da anni con ferite profonde, dalla questione industriale alle emergenze occupazionali, dalle fragilità sociali alla fatica di immaginare il futuro, ritrovarsi nello spazio urbano ha un significato che è anche politico, nel senso più alto del termine. Significa affermare che Taranto non è solo cronaca difficile, ma anche comunità che resiste, che cerca leggerezza senza rimuovere la complessità.
Il 2026, con il suo carico di impegni, decisioni, speranze e inevitabili preoccupazioni, sembra ancora lontano. Per qualche ora non esiste. Esiste solo il presente, fatto di musica che vibra nell’aria fredda, di passi che si intrecciano sull’asfalto, di volti illuminati dalle luci del borgo. È il tempo sospeso della vigilia, quello in cui ci si concede il diritto di stare bene, anche solo per una sera.
Non è un caso che questo accada proprio qui, nel cuore della città nuova, tra il mare e la storia. Il borgo di Taranto, spesso raccontato come luogo di passaggio o di consumo, si trasforma in spazio simbolico, in teatro collettivo dove si celebra una forma semplice ma potente di appartenenza. La musica diventa linguaggio universale, capace di superare differenze, età, provenienze.
C’è anche un riflesso economico e culturale in tutto questo. Una città viva, attraversata, frequentata, è una città che produce valore, anche immateriale. I locali aperti, le strade piene, l’attenzione mediatica che si accende sono segnali di un tessuto urbano che, nonostante tutto, continua a generare attrattività. Per Taranto, spesso costretta a difendersi da narrazioni esclusivamente negative, queste immagini hanno un peso che va oltre l’evento in sé.

Aspettare la notte più lunga dell’anno così, insieme, è una scelta che racconta molto di come una comunità prova a ricucire i propri strappi. Non c’è fuga, non c’è rimozione. C’è la consapevolezza che, prima di affrontare il futuro, serve ritrovare il piacere dello stare insieme, del riconoscersi negli stessi suoni, negli stessi luoghi.
In queste ore, mentre il gelo continua a scendere e la musica non si ferma, Taranto si concede il lusso della gioia. È una gioia semplice, senza effetti speciali, ma autentica. Ed è forse proprio questa la sua forza più grande.
Mandaci il tuo Capodanno
Aspettando San Silvestro, raccoglieremo i video del vostro Capodanno, i brindisi della mezzanotte, i momenti di festa, le tavolate, gli abbracci collettivi. Potrete inviarli tramite WhatsApp al numero 3351594043, per raccontare un’altra pagina di questa città che non smette di cercare se stessa.
A Taranto, ai suoi giovani, alle sue famiglie, a chi resta e a chi tornerà, l’augurio è che il 2026 porti meno peso e più futuro, meno attese e più possibilità. Che la musica di queste ore non resti solo un ricordo, ma diventi il ritmo di un anno nuovo da costruire insieme.
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