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SPECIALE FESTIVITà

Panettoni e pandori d’autore, la Puglia che riscrive il Natale

Tra profumi di agrumi, antiche tradizioni e nuove maestrie, i grandi lievitati pugliesi conquistano l’Italia

Speciale Festività

Un viaggio nel cuore del Natale tra Bari, Taranto, Foggia e Manfredonia, dove l’artigianato diventa identità culturale

Gli odori arrivano prima delle luci. È l’ora in cui i centri storici pugliesi cominciano a tremolare di giallo caldo, quando il vento dell’Adriatico sfiora le bancarelle dei mercatini e trascina con sé il sentore di agrumi canditi, burro e vaniglia. Nei vicoli di Bari vecchia, come nei quartieri più antichi di Taranto, il Natale ha lo stesso rumore da decenni: passi lenti, carte che si aprono, voci soffuse che raccontano di presepi in terracotta, di musiche antiche, di forni che non dormono per rispettare un rituale familiare e collettivo. In mezzo a tutto questo, il panettone e il pandoro - dolci nati lontano, figli di altre geografie - sono diventati parte di una tradizione nuova, un tassello moderno che la Puglia ha deciso di adottare, trasformare, fare proprio.

Quest’anno quella trasformazione ha assunto i contorni di un vero fenomeno culturale. L’annuale classifica di Dissapore, presentata al Mercato Centrale di Torino, ha collocato la Puglia tra le regioni più sorprendenti d’Italia nel mondo dei grandi lievitati. È un risultato che stupisce chi non conosce la tenacia di questa terra, capace di affiancare ai riti antichi – dalle processioni dell’Immacolata ai presepi viventi nelle masserie – la spinta creativa di un artigianato che non smette di reinventarsi.

Nel laboratorio narrativo che è il Natale pugliese, il panettone e il pandoro non sono più semplici ospiti. Sono diventati simboli di una contaminazione identitaria, capaci di muovere economia, turismo, riconoscimento nazionale. A dirlo sono i numeri: oltre 150 lievitati valutati alla cieca dalla redazione di Dissapore, con un panel di esperti - Simone Cerrano, Chiara Cavalleris e Stefania Pompele - che ha passato al setaccio ogni impasto, ogni profumo, ogni struttura.

Tra i migliori d’Italia, il panettone di Stefano Guizzetti ha ottenuto il primo posto per la categoria dei panettoni, mentre il pandoro del veronese Renato Bosco ha centrato l’oro nella sua sezione. Ma la sorpresa più significativa arriva da sud: la Puglia conquista il podio e si prende un pezzo d’Italia che non le apparteneva per tradizione.

Il Panificio Santa Fara di Bari si è posizionato secondo nella classifica nazionale dei panettoni. È una new entry, ma chi conosce il lavoro di Francesco De Pasquale sa che quella pasta filante, vaporosa e tenace è frutto di una dedizione ostinata, figlia del quartiere Poggiofranco e dello spirito dei forni di una volta. La sua è una lievitazione che ha memoria: nelle note agrumate riecheggia la Puglia degli aranceti, nei canditi “fuori dal comune” la mano degli artigiani che conoscono la materia prima come si conosce una persona di famiglia.

Al dodicesimo posto della stessa classifica troviamo la Pasticceria Caffetteria La Gioia di Taranto, una storia giovane che ha riportato la città dei due mari nel circuito dei grandi lievitisti. Taranto, che ha sempre costruito il proprio Natale attorno ai riti iconici della sua identità – dalle pastorali alle luminarie riflesse sul canale navigabile – ora aggiunge a quel racconto un panettone che parla la lingua del mare ma profuma di burro e agrumi. Un modo nuovo per raccontarsi, senza mai rinunciare alle radici.

Subito dopo, al quattordicesimo posto, c’è Andrea Barile di Foggia, un artigiano che ha dato ai lievitati un’impronta rigorosa, essenziale, quasi monastica. Mentre la diciassettesima posizione va a Nella – Il Forno di Manfredonia, ulteriore segnale di quanto la Capitanata stia diventando un laboratorio creativo inesauribile.

Ma è nella classifica dei pandori che la Puglia compie un salto inatteso: il secondo posto nazionale è della Pasticceria Caffetteria La Gioia di Taranto. Il pandoro di Alessandro Spagnoletti non è solo un dolce: è una trama di aromi che richiama il latte caldo, la panna, una delicatezza che sembra uscita da un racconto d’infanzia. La sua mollica, descritta come “filante”, è il risultato di una lievitazione magistrale, capace di trasformare un prodotto della tradizione veronese in un esercizio di stile pugliese.

Gli esperti parlano di una regione in piena ascesa. “Vince l’artigianato, prima di tutto”, ha dichiarato Chiara Cavalleris, direttrice di Dissapore. Un’affermazione che trova riscontro nelle scelte dei consumatori e nella capacità della Puglia di tessere nuove narrazioni attraverso il cibo. La terra delle orecchiette tirate a mano e del pane di Altamura ora riesce a inserirsi nella mappa italiana dei grandi lievitati senza rinnegare se stessa. Anzi, costruendo un ponte ideale tra il passato e il presente, tra i forni delle case nelle campagne e i laboratori urbani attrezzati tecnologicamente.

Il successo dei lievitati pugliesi parla anche di turismo. Ogni Natale, nelle vie del centro di Bari o tra i vicoli della città vecchia di Taranto, si incontrano visitatori che cercano esperienze gastronomiche autentiche. Il panettone e il pandoro pugliesi diventano così ambasciatori del territorio. Sono merci culturali che raccontano la cura nel gesto quotidiano, la ricerca della materia prima migliore, la volontà di competere con realtà consolidate del Nord Italia.

Per le città, questo riconoscimento rappresenta un investimento immateriale prezioso. Le pasticcerie coinvolte registrano un aumento dell’attenzione, i forni si riempiono, i laboratori diventano luoghi di incontro. È un impatto che supera il dato economico e si traduce in coesione comunitaria, in un orgoglio collettivo che durante il Natale trova la sua massima espressione.

Nel Sud che spesso combatte stereotipi difficili da scalfire, il successo dei lievitati d’autore dice molto della capacità della Puglia di reinventarsi. È una dimostrazione che l’identità locale non è una cornice rigida, ma un organismo vivo, capace di accogliere e trasformare. È anche la conferma che la cultura gastronomica può diventare un terreno fertile per immaginare il futuro delle comunità.

Il Natale pugliese continua ad avere il suono dei passi sui sampietrini bagnati, il rito dei presepi nelle chiese barocche, l’odore dell’olio nuovo nelle masserie illuminate da luminarie sobrie. Ma ora, accanto a tutto questo, c’è un profumo nuovo che arriva dalle cucine dei lievitisti. È un profumo che parla di maestria, di resilienza, di un Sud che non teme il confronto. È il profumo del Natale che cambia senza tradirsi, e che trova nei panettoni e nei pandori pugliesi uno dei suoi racconti più sorprendenti.

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