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ASPETTANDO LA CALATA DEI MAGI

A Lama rivive la tradizione

Comincia l’attesa, si affollano i ricordi e si rinnova una emozione unica

Calate dei Magi, 1983

Anno 1983, Lino Zampa, Luca Bendello, Mimmo Lo Savio, Luca Stefanelli, Franco Simeone

Nella borgata di Lama sopravvive, da quasi un secolo e mezzo, una celebrazione dell’Epifania unica e straordinaria: la sacra rappresentazione della “Calata dei Magi”. Fra i lamesi, già dall’inizio dell’autunno, si è in fermento, in prospettiva di quel 6 gennaio “prossimo” e tanto caro al cuore di tutti. Si comincia a pensare alla festa, alle luminarie, ai manifesti, alla banda, ai fuochi d’artificio, all’intrattenimento musicale, ma soprattutto, al momento clou costituito, non solo dall’asta, dalla processione del bambinello, dalla santa messa, ma, soprattutto, anche dalla rappresentazione sacra che, i nostri nonni chiamavano, semplicemente “la recita”. Pertanto, si convocano gli attori per raccogliere la loro disponibilità.

C’è chi si è impegnato per tanti anni e non vuole interrompere la tradizione; c’è chi, come spesso accade per i nostri giovani, va fuori a studiare e a malincuore deve rinunciare; c’è chi scalpita per partecipare, finalmente, e così, onorare la memoria del nonno, del papà, del fratello che erano stati a loro volta Gegonia, Baldassarre, Erode…o, semplicemente, c’è chi vuole realizzare il proprio sogno da bambino di far parte di quella magia.

Durante le prove, gli attori sono già nella loro parte e, ciascuno nel proprio ruolo, prova a rivivere quei momenti che si perdono nella storia dell’uomo e nel cammino i credenti.

I tempi della “recita” nella fattoria della Battaglia, dimora estiva dei marchesi di Beaumont Bonelli, sembrano lontani anni luce. Sono cambiate molte cose come il luogo, la location diremmo oggi, gli abiti, la scenografia, gli effetti speciali, gli stessi attori, un tempo contadini-re Magi, ora studenti, professionisti o semplici operai. Il copione, invece, è rimasto quello originale, probabilmente scritto da un anonimo curato degli inizi del secolo scorso. Solo, successivamente, ci sono state alcune integrazioni al testo e che hanno riguardato la reggia di Erode e Maria e Giuseppe. Restano, però, intonse l’atmosfera, la magia, la devozione, la meraviglia che irrompono nella piazza della Regina Pacis alle prime battute pronunciate da Melchiorre: “Ecco Gerusalemme, Gaspare!”.

Inizia, così, l’epilogo del lungo andare dei Magi alla ricerca del Bambino. Un armigero li accompagna alla reggia di Erode, luogo tanto sontuoso e tanto lontano dalla semplicità e dall’umiltà di quel luogo mistico che è la Grotta. Erode, nel suo dire: “…tornate da me quando lo avrete trovato, perché anch’io possa adorarlo…”. palesa la storia del suo tirannico regno e la malvagità del suo disegno. Segue poi l’incontro di Gegonia, il capopastore, con i tre Sapienti dell’oriente che, guidati proprio dal pastore si trovano al cospetto del Divino Infante. Dinnanzi al Figlio di Dio, il Magio Gaspare mostra tutta la sua meraviglia e la consapevolezza di aver trovato il Messia quando dice, “Prostrati nella polvere, noi ti adoriamo oh, Re dei Re!”. Insieme ai tre Magi, ci sono i pastori, adoranti, silenziosi e riverenti nella semplicità della loro fede, ma che rivelano la loro determinata ribellione quando comprendono che Erode trama per uccidere il Bambinello. Determinazione che si coglie nelle parole del pastore Daniele.

“Corriamo ad avvisare il popolo che oppresso qual è, non tarderà ad insorgere contro il tiranno…”. Arriva, quindi, il commovente commiato dei Magi, i quali si staccano a forza dal Bambino Gesù certi di essere di fronte ad un mistero più grande di loro, della loro sapienza e della loro lungimiranza. Restano, così, Maria e Giuseppe alle prese con la grave decisione di fuggire in Egitto per portare in salvo il loro Divin Pargoletto. Giuseppe, come ogni padre, è molto provato, ma Maria lo rassicura: “Dolce sposo, non abbandonarti a tristezze! Nostra guida sarà l’Onnipotente!...”.

Mentre la Madonna e san Giuseppe si allontanano, è già avvenuto il primo miracolo quando due sgherri frugano nel grembo di Maria e invece del Bambino vedono grano. Nella piazza vuota resta l’eco di quegli incontri e di quelle parole che lasciano senza fiato. E’ proprio questa la magia della “Calata dei Magi”, che non è un semplice e, pur, suggestivo presepe vivente, ma un’attesa, una ricerca, una promessa che si rinnova ogni anno sul piazzale della chiesa Regina Pacis a Lama.

Anna Maria Barbieri

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