Le dichiarazioni del procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri sulla polizia morale potrebbero rappresentare un primo tentativo di risposta politica da parte del regime ma non basteranno a fermare la protesta di massa che continua a svilupparsi in Iran. E’ in atto una rivoluzione culturale fondata su due richieste principali: libertà e laicità. Si tratta di due domande che vanno a colpire due cardini fondamentali della Repubblica Islamica, che se Teheran le accettasse rappresenterebbero la fine di un sistema impermeabile ad ogni tentativo di riforma. Anche l’ipotesi che il Parlamento e il Consiglio Supremo della rivoluzione culturale stiano rivedendo la normativa che prevede l’obbligatorietà del velo per le donne rappresenterebbe il segnale che le istituzioni iraniane sono alle strette e cercano di mostrare delle aperture ma senza impegnarsi a fare concessioni tuttavia mai annunciata dalle autorità in maniera ufficiale. In ogni caso, se venisse confermata, la fine dell’obbligo a portare il velo sarebbe un’importantissima vittoria dei manifestanti. La gente sa che l’Iran non ha futuro con questo governo al potere. A testimoniare il cambio di ‘natura’ delle manifestazioni, trasformatesi da movimento di protesta a controrivoluzione, il fatto che dalle piazze e dalle strade, le proteste hanno progressivamente coinvolto le università, i licei e le fabbriche. Le giovani donne iraniane sono state e restano protagoniste della rivolta a cui si sono aggiunti gli studenti, ora sembrano essere soprattutto gli uomini a prendere il centro della scena, negli scontri contro le forze dell’ordine. Anche supponendo che alla fine la polizia morale venga abolita, è improbabile che la richiesta dei manifestanti per un cambio di regime venga soddisfatta da modifiche così minori come quelle relative all’applicazione delle pratiche religiose da parte della Repubblica islamica che intende distrarre i media globali dalle tensioni in corso e dalle gravi violazioni dei diritti umani da parte del governo iraniano, senza fornire alcuna soluzione tangibile al malcontento. I Guardiani della Rivoluzione hanno dichiarato che le forze di sicurezza mostreranno “tolleranza zero” nei confronti di quelli che hanno definito ribelli e terroristi. Le proteste nel paese si susseguono dalla la morte, il 16 settembre a Teheran, di Mahsa Amini, 22enne di origine curda morta mentre era in custodia della polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. De allora, secondo le organizzazioni per i diritti umani, oltre 400 manifestanti sono stati uccisi e 18 mila persone sono state arrestate. L’ondata di proteste innescata dall’uccisone della giovane studentessa si è rapidamente trasformata in un’ondata anti-sistema e costituisce la più seria minaccia alla stabilità della Repubblica islamica da anni. Intanto, lo sciopero indetto dagli attivisti ha registrato l’adesione generalizzata di Negozi e mercati in varie città che va avanti insieme al boicottaggio delle lezioni in diversi atenei. E’ ormai evidente che in Iran, la libertà delle persone, non può prescindere dal riconoscimento delle liberà femminili. Le donne iraniane hanno saputo guidare la protesta con una forte richiesta di uguaglianza.
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