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l'avvocato
04 Dicembre 2025 - 18:04
La nuova disciplina sui reati ambientali rafforza controlli, sanzioni e responsabilità per imprese e pubbliche amministrazioni
La Legge 3 ottobre 2025, n. 147, che ha convertito il Decreto-Legge 8 agosto 2025, n. 116, conosciuto per la sua genesi nei territori ad alta criticità come il “Decreto Terra dei Fuochi”, ha innescato una vera e propria rivoluzione nel modo in cui lo Stato italiano affronta e sanziona i reati ambientali. Questa normativa non si limita a ritoccare le multe, ma stabilisce un cambio di passo decisivo, caricando le aziende - definite giuridicamente come “enti” - di una responsabilità molto più diretta e pesante, secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231. L’obiettivo è chiaro: rendere la commissione di illeciti ambientali un affare troppo rischioso per le imprese che ne traggono vantaggio economico.
L’aspetto più rilevante della riforma è l’aggravamento delle categorie di reato. Molte azioni che prima erano considerate semplici contravvenzioni (illeciti minori, spesso puniti con l›ammenda) vengono ora innalzate a delitti (crimini più gravi, puniti con la reclusione). Questo passaggio è fondamentale, poiché ogni delitto ambientale commesso da un dirigente o un dipendente nell›interesse o a vantaggio dell›azienda fa scattare automaticamente la sua responsabilità amministrativa.
Pensiamo ad esempio alla gestione dei rifiuti: il reato di gestione non autorizzata di rifiuti non è più una contravvenzione, ma un delitto, con pene che possono arrivare fino a cinque anni di carcere per i rifiuti pericolosi Analogamente, la legge introduce nuovi reati specifici, come l›abbandono di rifiuti pericolosi, punito duramente con la reclusione. Queste modifiche indicano che l’attività di smaltimento illegale, spesso al centro dei traffici illeciti, viene ora affrontata con strumenti penali molto più incisivi. L’azienda coinvolta non rischia più solo una multa, ma l’applicazione di misure che ne possono compromettere l’esistenza stessa.
Le conseguenze per l’ente si manifestano attraverso due tipi di sanzioni previste dal D. Lgs. 231/2001:
1. Sanzioni Pecuniarie (Le multe): per crimini come l’inquinamento ambientale o il disastro ambientale, le multe a carico dell’azienda sono state drasticamente aumentate, superando anche il milione di euro. La quantità esatta viene calcolata in “quote”, e l’aumento del valore unitario e del numero massimo di quote rende queste sanzioni estremamente onerose per il bilancio aziendale;
2. Sanzioni Interdittive (Il blocco dell’attività): Questa è la vera minaccia della riforma. Le sanzioni interdittive includono il divieto di esercitare l’attività (anche solo temporaneamente), l’esclusione dalla possibilità di contrattare con la Pubblica Amministrazione e l’impossibilità di accedere a finanziamenti e agevolazioni pubbliche. La novità assoluta è che, per i reati più gravi, l’applicazione di queste misure non è più lasciata alla discrezione del giudice, ma diventa obbligatoria. Se un’azienda viene sistematicamente usata per commettere crimini ambientali, l’interdizione può diventare addirittura definitiva, portando di fatto alla chiusura dell’impresa.
Di fronte a un rischio così elevato, il meccanismo di difesa dell’azienda è rappresentato dal Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (MOG 231). L’azienda che dimostra di aver adottato e attuato efficacemente questo Modello può essere esentata dalla responsabilità. Il cuore di questo Modello è l’Organismo di Vigilanza (OdV), il soggetto incaricato di monitorare l’efficacia e l’applicazione del Modello stesso.
Con l’entrata in vigore della Legge 147/2025, l’OdV deve cambiare radicalmente il suo approccio. Non basta più controllare le procedure sulla carta; è necessario un monitoraggio costante e attivo su tutti i processi a rischio ambientale. I compiti dell’OdV diventano più pressanti:
• Rappresentazione del Rischio: Deve aggiornare im-mediatamente l’analisi dei rischi aziendali, includendo tutti i nuovi delitti ambientali e focalizzandosi sui punti critici, come le operazioni di deposito temporaneo dei rifiuti: ogni superamento dei limiti di tempo o volume può integrare il reato e deve essere intercettato prima che si verifichi.
• Controlli Aumentati: Deve intensificare le verifiche e gli audit interni sulle aree più esposte (logistica, smaltimento, produzione) e assicurarsi che i dipendenti e i fornitori esterni rispettino rigorosamente i protocolli di tracciabilità dei rifiuti.
• Informazione e Formazione: L’OdV deve garantire che tutti i dipendenti ricevano una formazione adeguata sulle nuove, più severe, conseguenze legali delle loro azioni e che esistano canali sicuri e veloci per segnalare anomalie (come il whistleblowing).
In sintesi, la riforma impone alle imprese di internalizzare la responsabilità ambientale. L’adozione di un MOG 231 efficace e la vigilanza rigorosa dell’OdV sono oggi l’unica via per evitare non solo le pesanti multe, ma anche l’obbligatoria interdizione che, nei casi peggiori, può segnare la fine dell’attività economica. La sostenibilità non è più solo un’etichetta etica, ma una necessità legale per la sopravvivenza aziendale.
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