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IL COMMERCIALISTA
20 Novembre 2025 - 18:01
Di Patrimoniali in Italia ce ne sono state diverse, storicamente in occasione del finanziamento di guerre o altri eventi straordinari
Si è riacceso il dibattito sulla introduzione di una imposta patrimoniale, in questi giorni, nonostante il Governo neghi fermamente che ci sia qualche intenzione di applicarla. Per imposta patrimoniale si intende una forma di tassazione che colpisce i patrimoni dei cittadini indipendentemente dal loro reddito prodotto, andando sostanzialmente contro il dettato della Costituzione della Repubblica che invece sostiene il valore assoluto della progressività delle imposte - contribuisce di più chi sviluppa maggior reddito.
Di Patrimoniali in Italia ce ne sono state diverse, storicamente in occasione del finanziamento di guerre o altri eventi straordinari. L’ultima patrimoniale di tipo generale risale al 1992 quando il Governo Amato impose un prelievo del 6 per mille sui depositi bancari e del 3 per mille sulle proprietà immobiliari per affrontare la grave crisi finanziaria che attraversava il Paese.
In questi giorni il dibattito parlamentare ha riaperto la discussione di fronte ad alcuni rilievi che riguardano certe criticità contenute nella Legge di Bilancio per il 2026 e il Governo si è affrettato a negare qualsiasi ipotesi di questo tipo. Proviene tuttavia dal Senatore Tito Magni di AVS la proposta di applicare una imposta netta dell’1,3% sui patrimoni mobiliari e immobiliari degli italiani di dimensioni superiori a 2 milioni di euro. L’emendamento, gradito anche a parte della CGIL, prevederebbe che gli immobili tassati con questa formula sarebbero esenti da IMU e TASI. Poco male atteso che stiamo parlando di aliquote di gran lunga differenti. Le entrate verrebbero destinate, ripartendole in quattro quote uguali, a sanità, istruzione, adattamento climatico ed edilizia residenziale pubblica.
Si è affrettato il Centro Studi della CGIA di Mestre, ma in verità anche molti altri istituti di analisi fiscale del Paese ad avvertire Governo e Parlamento che di imposte patrimoniali l’Italia è piena e che esse concorrono già largamente a finanziare molti e numerosi comparti dello Stato e degli Enti Locali.
Solo nel 2024, il gettito delle imposte patrimoniali che esistono in Italia, ha raggiunto quota 51,2 miliardi di euro con una crescita pari al 74% negli ultimi venti anni.
La voce più rilevante riguarda l’IMU che si applica a tutti gli immobili che non costituiscono abitazione principale per il cittadino.
Da sola l’IMU quota solo nel 2024 per 23 miliardi di euro che finiscono tutti a finanziare i Comuni italiani.
A seguire, tra le patrimoniali che gravano sulle famiglie e sulle imprese, ci sono l’imposta di bollo che per 8,9 miliardi di euro, il bollo auto che quota 7,5 miliardi di euro e finanzia regioni e province, e l’imposta di registro per 6,1 miliardi di euro.
In una valutazione prevalentemente scientifica l’imposta patrimoniale può assumere due forme, una definita reale, che colpisce solo una componente di ricchezza, come l’IMU sui beni immobili, ed un’altra definita soggettiva, che tassa l’intero patrimonio del cittadino, esattamente come nella proposta di AVS. A fare i conti nelle tasche degli italiani inoltre ci pensa OXFAM che nel 2022 certifica in Italia che l’1% dei cittadini, circa 600 mila, detiene una ricchezza 84 volte superiore a quella del 20% più povero. Mentre secondo l’agenzia di statistica europea, Eurostat, il 10% più ricco della popolazione italiana, cioè circa 6.000.000 di cittadini, detiene il 60% della ricchezza totale del Paese.
Infine sarebbero circa 457 mila i cittadini italiani a detenere il 47% delle risorse investibili nel Paese - in questo senso si fa riferimento a disponibilità liquide composte da denaro e titoli.
Secondo la proposta di AVS e CGIL l’aliquota all’1,3% per i patrimoni superiori a 2 milioni di euro colpirebbe circa 500 mila contribuenti per un gettito complessivo di circa 26 miliardi di euro. È tuttavia scontato che nell’ambito della mobilità europea di persone e capitali, sia molto facile eludere l’imposta, ad eccezione della quota che colpirebbe i patrimoni immobiliari che non possono essere ovviamente ricollocati altrove. Ma allo stesso tempo una imposta del genere spingerebbe quasi sicuramente chi detiene beni immobili sopra soglia a liberarsene al più presto.
In Europa le imposte patrimoniali esistono sia nella forma reale che soggettiva. In Spagna, Norvegia e Svizzera esiste una forma di patrimoniale soggettiva che colpisce l’intero patrimonio dei cittadini. In Francia, Belgio, Paesi Bassi e Italia una forma reale che colpisce invece determinate categorie di beni. In Spagna l’imposta soggettiva ha una forma progressiva. Si tratta di un contributo di solidarietà che varia dall’1,7 al 3,5% sul valore di patrimoni complessivi di oltre 3 milioni di euro. Era stata introdotta come misura per contrastare la crisi energetica ma poi è divenuta permanente.
Dire che in Spagna sia stata controproducente non è possibile. Solo nel 2023 l’imposta patrimoniale soggettiva spagnola ha permesso di incassare 1,3 miliardi di euro ed è di questi giorni la notizia che l’economia spagnola cresce di più in tutta Europa superando Germania e Francia. La forza propulsiva del Paese riguarda prevalentemente la stabilizzazione del mercato del lavoro e la regolarizzazione della immigrazione. Questo ha portato un aumento della riscossione fiscale e a cascata un miglioramento di tutti i rating del Paese.
Sebbene la popolazione spagnola viva ancora con forti squilibri, circa 4 milioni di cittadini vivono in povertà relativa, i dati sono in forte decremento perché il Paese ha adottato sonore politiche sul welfare finanziate appunto dalla Patrimoniale.
*Dottore Commercialista - Revisore Legale
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