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Consiglio europeo
25 Ottobre 2025 - 06:56
"L'unico modo in cui un Tomahawk può essere sparato è se lo spariamo noi e non intendiamo farlo"...Sul punto Donald Trump è stato perentorio sulle aspettative di Volodymyr Zelens'kyj. Su quel fronte è necessario isolare e indebolire Putin che questa notte ha sferrato un feroce attacco su Kiev. Il petrolio può rappresentare l'arma strategica utile a sottrarre risorse alla sua economia di guerra. Il presidente americano è poi tornato sull'altro fronte annunciando che andrà a Gaza per presiedere il Board of Peace previsto dal suo piano. Non ha escluso di richiedere a Israele il rilascio di Marwan Barghouti, figura di spicco di al Fatah in carcere da 20 anni e ritenuto in grado di unire i palestinesi lasciando intendere l'uscita di scena del presidente dell'Anp Abu Mazen.
Il mondo sta cambiando velocemente e le Istituzioni, quelle europee in particolare, stentano a reggere il passo per rilanciare la competitività del continente, mentre l'Europa deve fare i conti con il sostegno all'Ucraina per non restare emarginata nel confronto/conflitto tra Trump e Putin.
La guerra in Ucraina, la difesa comune, la sovranità tecnologica, il ruolo dell’Ue in Medio Oriente, le relazioni con la Cina rappresentano un vero e proprio test di credibilità. L’Europa deve confrontarsi con sfide decisive mentre, l'alleato di sempre, continua a mostrarsi ambiguo sulla fedeltà al Patto atlantico, quanto inflessibile sui dazi.
Il Consiglio europeo ha dato il via ad un nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca, e accolto con favore la decisione degli Stati Uniti che ha imposto nuove sanzioni contro Rosneft e Lukoil, le due maggiori compagnie petrolifere russe, accusando Mosca di non mostrare “un reale impegno verso un processo di pace”. Convincere Mosca ad accettare un cessate il fuoco con l'Ucraina sull'attuale linea del fronte, rinunciando alla conquista di tutto il Donbass. La Russia ha definito le sanzioni americane "controproducenti" e "negative per la stabilità dell'economia mondiale», asserendo di esserne "immune".
Le misure, tuttavia coinvolgono decine di società controllate, mirano a indebolire la capacità economica del Cremlino e a ridurre le sue entrate energetiche. Subito dopo l’annuncio, il prezzo del Brent è salito di oltre 3 dollari in due giorni, attestandosi a 64,3 dollari al barile.
Il Consiglio europeo, ha deciso di non decidere, almeno per il momento, sulla possibilità di concedere un prestito basato sui beni russi congelati.
Il premier belga De Wever ha ribadito che l’operazione comporta rischi finanziari e legali elevatissimi: “La Russia può effettivamente reclamare il denaro per qualsiasi motivo… e il denaro deve essere disponibile immediatamente” ha affermato, aggiungendo che “sarebbe in gioco la fiducia nell’intero sistema finanziario europeo”.
La proposta, non sottoscritta dall'Ungheria, è stata volutamente formulata in termini molto generici per tenere conto delle riserve del Belgio: Presso Euroclear, sono attualmente depositati circa 210 miliardi di euro, che potrebbero aprire un contenzioso legale che la Russia ha già minacciato.
Il primo ministro slovacco, ha annunciato l’intenzione di togliere il veto al diciannovesimo pacchetto di sanzioni, aprendo la strada alla sua approvazione formale per l’utilizzo dei beni russi congelati come strumento di finanziamento per Kiev, e la necessità di rafforzare la difesa europea, ovvero capacità operative comuni, governance della sicurezza e strumenti rapidi di deterrenza e risposta.
Cina e India che hanno sempre espresso la loro opposizione a tali misure, potrebbero ora guardare agli Stati Uniti e all'Opec per le loro forniture. Il cartello dei paesi produttori si è detto pronto a intervenire in caso di carenze, rassicurando così il mercato e contribuendo a limitare il balzo delle quotazioni del greggio, arrivato a guadagnare oltre il 6%. Un aumento della domanda all'interno dell'Opec favorirebbe soprattutto l'Arabia Saudita, il paese con le maggiori capacità e grande alleato americano in Medio Oriente in procinto di entrare a far parte in quegli Accordi di Abramo.
I colossi statali del petrolio cinesi, PetroChina, Sinopec, Cnooc e Zhenhua Oil, hanno sospeso gli acquisti di greggio russo trasportato via mare almeno nel breve termine. Una misura analoga potrebbe essere decisa anche dalle raffinerie indipendenti cinesi per valutare l'impatto della stretta americana, in base alla quale chi farà affari con i giganti russi rischia di essere escluso dal sistema dei pagamenti occidentale. Pechino, da parte sua, potrebbe approfittare delle decisioni di Trump per imporre a Mosca la fatturazione del greggio in yuan e allargare il peso internazionale della sua valuta nazionale.
Per l'economia cinese la sospensione dei flussi potrebbe infliggere un nuovo colpo a un'economia già in difficoltà e che rischia un'ulteriore stangata americana nel caso in cui non sia raggiunto un accordo sulle terre rare. Pertanto le nuove sanzioni non bloccheranno tutte le entrate petrolifere russe ma possono dare comunque un colpo significativo alle risorse su cui conta Mosca per proseguire l'invasione dell'Ucraina e alimentare la sua economia di guerra.
Sul versante medio orientale, il recente summit di Sharm el-Sheikh ha riportato il Mediterraneo al centro della politica europea.
"Israele non annetterà la Cisgiordania, se lo facesse perderebbe tutto il sostegno USA, ho dato la mia parola ai Paesi arabi, in occasione delle trattative per raggiungere il cessate al fuoco a Gaza". L'altolà arriva da Donald Trump. Il tema non era nel piano Trump/Blair tuttavia è una linea rossa che Benyamin Netanyahu non deve oltrepassare.
A rendere necessario ribadire che la terra che Israele chiama Giudea e Samaria non potrà essere annessa è stata la provocazione messa in atto nell'assemblea parlamentare della Knesset da una minoranza del Likud a cui si sono opposti i principali membri della coalizione. Netanyahu ha cosi rimediato: "Senza il sostegno del Likud è improbabile che queste proposte di legge vengano approvate"
L’Ue discute del proprio ruolo nella ricostruzione della Striscia e nella gestione dei flussi migratori, tra la necessità di cooperazione con i Paesi terzi e la crescente pressione sull’accoglienza. Sono temi che parlano di sicurezza ma anche di valori: perché la capacità dell’Europa di restare coesa dipenderà da quanto saprà coniugare stabilità e diritti, senza ridursi ad essere un’arena di compromessi.
Sulla difesa, sembra delinearsi un itinerario preciso con risorse e procedure ben definite, e basato su geometrie variabili e coalizioni di paesi interessati. Sull’Ucraina, il temporaneo sollievo con l’ultima giravolta di Trump ha facilitato il consenso a 26, senza Budapest, sul nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca, anche se il varo del ‘reparations fund’ per Kiev garantito dagli asset russi congelati in Europa, richiederà ancora qualche negoziato tecnico e supplementare.
Spetta ai ‘volenterosi’, riuniti a Londra, aggiustare il terzo tassello del sostegno militare diretto agli ucraini.
Il premier Starmer del Regno Unito ha insistito molto sulla questione delle armi a lungo raggio, invitando, in particolare la Germania, ad accogliere le sollecitazioni di Zelensky. I 26 leader della coalizione, hanno assicurato che non allenteranno il sostegno alla resistenza ucraina. Emmanuel Macron, che ha già spedito gli "Scalp", anche questi a lunga gittata, ha annunciato l’invio di caccia Mirage e di altri missili Aster per la difesa aerea, prodotti da una joint venture di cui fa parte anche l’italiana Leonardo.
Per l'Europa che vorremmo si va delineando un complesso e delicato mosaico: se riuscirà a difendere l'Ucraina, potrà tornare ad essere una forza di equilibrio nel caos globale. Se invece prevarranno le divisioni, rischia di diventare spettatore privilegiato di un mondo che decide senza di lei...
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Testata: Buonasera
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