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Dalla sofferenza alla speranza

Aida Gangemi: quando la poesia risolleva l’anima

In "L’arcobaleno: i colori delle emozioni" il dolore non spegne la vita, ma la trasforma in nuova energia

La forza di Aida Gangemi: quando la poesia risolleva l’anima

Aida Gangemi, con L’arcobaleno: i colori delle emozioni, ci conduce attraverso un percorso che inizia nel buio della sofferenza e approda alla luce della rinascita. La raccolta non teme di mostrare l’ombra, anzi la affronta con coraggio, restituendola alla parola poetica come esperienza necessaria a far rifluire il senso della vita. È un libro che prende per mano il lettore chiedendogli però di non abbassare mai lo sguardo.

La poetica di Gangemi è guidata da un’urgenza emotiva autentica: trasformare ciò che fa male in consapevolezza e possibilità. Le immagini sono immediate, fisiche, e non cercano mai rifugi retorici: la parola si misura direttamente con il dolore e con la sua lenta guarigione. Nel suo verso convivono vulnerabilità e resistenza, cadute e risalite, sempre con la fiducia che l’anima disponga di una luce propria, anche quando sembra spenta. È una scrittura che non giudica ma accompagna, che non consola per finta ma invita a reagire.

Ed è per questo che, nelle pagine iniziali, la poesia ci appare come una lotta per restare vivi, una testimonianza contro l’indifferenza del mondo. In questi testi troviamo un’umanità che si scopre fragile, spesso respinta. Nella poesia Natura infima, la protagonista viene derisa e scacciata: «Come brutto anatroccolo sei mal visto,/ scacciato dalla stessa prole,/ insultato e deriso.» La realtà esterna non offre rifugio, anzi giudica e mortifica. La natura si mostra fredda, quasi beffarda: «Matrigna,/ rimane impassibile ai dolori umani…/ continua indifferente/ il suo perenne ciclo.»

L'autrice costruisce una geografia del dolore che non è astratta: è corpo, carne, ferita. In Seviziatori instancabili il trauma diventa un mostro che rode continuamente l’essere: «Viscidi,/ striscianti,/ percorrono instancabilmente carne putrefatta e lacera…» Eppure, anche nel dramma più cupo si prepara una risposta: «saranno schiacciati dalla possente mole della volontà.» La volontà è forza invisibile ma decisiva.

Questo libro parla proprio della battaglia quotidiana per non lasciarsi sopraffare. In Lotta uomo! la poesia diventa incitamento morale: «Uomo,/ lotta contro l’oppressore!/ Abbandona la schiavitù…/ Insorgi!». Il male non è solo personale: è anche collettivo. In Implorata giustizia la scena di guerra fa emergere la crudeltà del mondo e il bisogno profondo di riscatto: «l’immensa radura trabocca di corpi mutilati…/ Corpi ignudi, avviliti, deturpati,/ protendono le braccia implorando giustizia» Questo primo nucleo del libro restituisce una visione lucida: la vita talvolta ferisce, schiaccia, annienta. Ma nella poesia di Gangemi il dolore non è mai l’ultima parola.

Dopo l’oscurità arriva un lento ma deciso cambio di respiro: la speranza entra nel testo attraverso uno sguardo puro, quello di un bambino, posto al centro della poesia Risveglio: «Quel bimbo ci osserva!…/ Se proietteremo gli occhi luminosi nel domani,/ scopriremo che bisogna credere ed amare per vivere.» Il bambino ricorda all’adulto che esiste ancora un domani. È come se lo sguardo si rialzasse.

Il mondo riprende colore, la natura torna madre, giovane e viva. In Primavera essa danza: «dall’andatura ondeggiante,/ avvolta da veli arabeschi,/ danza sublimemente tra colori variopinti». Questa donna-primavera offre agli animi la voglia di vivere: «Gli occhi di diamante scintillano colmi d’amore/ trasmettendo…/ ogni impercettibile sensazione e sottile felicità.»

Il centro del libro è dedicato all’amore, che si manifesta come cura, incontro, salvezza. In Reciprocità la solitudine trova finalmente una mano amica: «Unire le nostre solitudini,/ rivestire il nostro vivere di premurose,/ scambievoli attenzioni.» Il sentimento non è evasione, ma costruzione. In Colpo di fulmine l’incontro amoroso diventa trasformazione totale dell’essere: «La metamorfosi ha inizio!/… si rinnovano e si riconsegnano alla vita.»

L’amore per la poetessa, non rinchiude ma espande: abbraccia tutti, diventa missione etica e spirituale. In Amore universale leggiamo: «Vorrei avere ali d’angelo…/ le anime in pena e farle rinascere.» Ed è qui che la parola poetica si fa anche preghiera. L’autrice lega con naturalezza l’esperienza affettiva a quella del sacro. In Gratitudine, l’incontro con l’Immenso è intimo e tenero: «contempli quel volto che inaspettatamente si anima e,/ con occhi sorridenti,/ ti accoglie.»

Non c’è dogma, c’è relazione. Il sacro coincide con una presenza che ascolta e rialza. La forza della silloge sta proprio nella costruzione di questo arco emotivo: un viaggio completo, che attraversa tutte le stagioni dell’essere umano. E ogni poesia è una tappa credibile della trasformazione.

Nella parte finale, l’autrice pronuncia ad alta voce la volontà di risorgere dall’oscurità. Il corpo stesso torna protagonista di un gesto di rinascita: «Rinascerò nell’immenso giardino di fiori variopinti!/ Solleverò il mento chino…» Ed è la poesia – e non un miracolo esterno – a compiere l’alchimia definitiva. In Metafora, l'autrice afferma: «come l’ostrica/ trafitta da un corpo estraneo…/ dà origine al prezioso gioiello:/ la poesia.»

Dalla ferita, la perla. Dal trauma, la voce. Dal dolore, la forma. L’arcobaleno non è solo un titolo evocativo: è la verità del percorso raccontato. Per vedere i colori occorre aver attraversato la pioggia. Per credere nella luce bisogna ricordare il buio. Questa raccolta è un atto di fiducia nel cuore umano: ferito, ma mai arreso. Gangemi ci ricorda che si può essere colpiti, abbattuti, traditi… eppure ancora capaci di amare. La sua poesia ci invita a credere che nessuna ombra sia troppo fitta da spegnere per sempre la possibilità della rinascita. È una voce sincera, emotivamente limpida, schierata dalla parte della vita.

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