A “Palazzo Sipari” oggi “Casa Museo” a Pescasseroli in provincia dell’Aquila, vi è sulla facciata principale una grande targa che ricorda che ivi è nato Benedetto Croce. In questi giorni ivi e l’ho fotografata: “Il 25 febbraio 1866 in questa casa degli avi materni schiuse gli occhi alla vita Benedetto Croce con il destino di aprire al sapere degli uomini nuovi e vasti orizzonti”. E Croce ancora una volta, dopo un periodo di forzato silenzio dovuto a certa infausta politica italiana, torna fra noi con il suo insegnamento profondo, originale, compatto e determinante. Il Corriere della Sera del 21 novembre 1952 così registrò la morte del filosofo. Il fondo è di Eugenio Montale: “il senso di sconforto lascia nell’animo di chi vi sopravvive ed è nel caso di Benedetto Croce nell’ora in cui ci giunge la notizia della sua morte, più amaro e più profondo di quanto fosse possibile prevedere. Perché Croce è stato un uomo perfettamente pari all’opera sua”. Anche per gli avversari come Antonio Gramsci, sul principio anche lui crociano, la morte di Croce è stato un lutto non solo per la nazione ma per la libertà. Ed infatti Croce, subito dopo la seconda guerra mondiale, fu definito il filosofo della libertà. Montale poi conclude il suo fondo così: “essere crociani in un Paese che aspira a mantenere e perfezionare le proprie istituzioni democratiche, vorrà anche dire in avvenire che non si rinuncia alla partecipazione storica che solo può legare il presente con il passato”. Essere crociani vorrà anche dire essere cittadini di una Italia che faccia parte inseparabile del mondo della cultura umanistica contro ogni ideologia materialistica che finisca nella violenza, nella lotta, nella guerra. E cosa Croce ci ha insegnato? Prima di tutto che ogni opera, ogni avvicendamento, ogni passo storico dell’ umana esperienza e condotta di vita non è che un battito eterno dello spirito eterno e che tutta la Storia, nel bene e nel male è sempre una pagina dell’uomo rappresentato nel suo più vivo ed interiore concetto spirituale ed in ciò è tutta l’Arte e nell’arte la Poesia. Che cos’è la Poesia? È tutto l’uomo che pensa, che vuole, che ama o che odia; che è debole e sublime, miserabile o felice; è tutto l’uomo, tutto l’animo nel perpetuo travaglio del suo divenire. Se conosciamo del Croce la “Letteratura italiana” per saggi storicamente disposti, a cura di Mario Sansone (Laterza 1963), nella prefazione al quarto volume il Sansone scrive: “Sicché collocata nella via più alta della Storia moderna tutta l’operosità del Croce si configura come lo sforzo di un uomo alla luce della realtà che è moralità”. Caro direttore, l’insegnamento del Croce più che mai oggi si perpetua dopo anni di silenzio. Come per ogni altro problema di metodologia critica, anche quello della letteratura e della poesia non si può prescindere dall’opera estetica del Croce che già nel saggio del 1917 ristampato nel volume del 1920 dal titolo “Nuovi saggi di estetica” Croce affermava che la vera forma logica della storiografia letteraria – artistica era la caratteristica del singolo artista e della sua opera. L’estetica del Croce mirava a distruggere quella storiografia formatasi alla fine del 1700 e dell’800 su concetti generali e romantici e dei vecchi idealisti per un’altra che fosse soprattutto individualizzante”. E affermava ancora il Croce che la storia della letteratura e della poesia di una nazione passa non solo attraverso la fantasia unica e indipendente dell’uomo ma la storia stessa di una nazione perché quella che si dice “virtù monadistica” non è altro, metaforicamente, che il carattere stesso di quel genio irripetibile nella storia dell’umanità. Caro direttore l’insegnamento del Croce non è un insegnamento apodittico di logica e teorica che si conclude con l’arte o con la poesia. È l’insegnamento dello spirito libero contro il quale non può mai urtarlo e sacrificarlo una qualsiasi volgare passione politica. Croce non ha mai insegnato nelle università, ma ieri come oggi, torna ad insegnare a tutti gli italiani.
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