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Il fatto

Natuzzi: 479 esuberi e la chiusura di 2 stabilimenti su 5. L'ira dei sindacati

Cgil Cisl e Uil bocciano il piano industriale dopo il vertice al Mimit e chiedono un vero rilancio produttivo

Natuzzi

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BARI - È netta la posizione dei sindacati dopo l’incontro svoltosi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy sul futuro del Gruppo Natuzzi. Per Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil non è più accettabile che, dopo 24 anni di ammortizzatori sociali e l’impiego di milioni di euro di risorse pubbliche, l’azienda metta sul tavolo 479 esuberi e la chiusura di 2 stabilimenti su 5.

Secondo le organizzazioni sindacali, il peso delle scelte industriali sbagliate non può continuare a ricadere esclusivamente sulle lavoratrici e sui lavoratori, che negli anni hanno già affrontato 8 piani industriali senza un reale rilancio produttivo. Una situazione definita ormai insostenibile, che chiama in causa anche le istituzioni, chiamate a garantire un percorso credibile di rilancio del gruppo.

Il giudizio sul nuovo piano presentato dall’azienda è fortemente negativo. I sindacati denunciano l’assenza di investimenti, una drastica riduzione degli organici e la decisione di dismettere parte degli stabilimenti produttivi. Viene inoltre evidenziata la scomparsa, dal documento industriale, dell’impegno alla internalizzazione delle lavorazioni precedentemente delocalizzate in Romania, elemento ritenuto centrale nei confronti precedenti.

Per queste ragioni, le sigle sindacali chiedono garanzie precise sul futuro, una revisione complessiva del piano industriale e lo stop a qualsiasi decisione unilaterale prima della definizione di un percorso condiviso. Tra le proposte avanzate figurano anche incentivi all’esodo per il personale prossimo alla pensione e l’istituzione di una cabina di regia permanente presso il Mimit.

Al termine del confronto, la Regione Puglia ha sollecitato la riattivazione del tavolo regionale sulla vertenza, proposta accolta favorevolmente dai sindacati. Il Ministero, dal canto suo, ha annunciato un nuovo incontro fissato per il 25 febbraio, successivo al tavolo interregionale già convocato per il 9 gennaio.

In assenza di risposte concrete, avvertono Feneal, Filca e Fillea, resta aperta la possibilità di iniziative di mobilitazione per difendere uno dei principali presìdi industriali del Mezzogiorno.

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