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L'iniziativa
19 Dicembre 2025 - 06:13
I Giochi del Mediterraneo del 2026
TARANTO - All’alba, quando il Mar Piccolo è ancora una lastra immobile e l’aria porta con sé l’odore salmastro delle cozze e della pietra antica, la città sembra trattenere il respiro. I vicoli della Città Vecchia sono silenziosi, le barche ondeggiano lente e il sole, salendo alle spalle dell’Arsenale, illumina una Taranto che da secoli vive sospesa tra mare e destino. È in questa luce incerta, fatta di bellezza e ferite, che prende forma la sfida più ambiziosa degli ultimi decenni: i Giochi del Mediterraneo dell’agosto 2026.
Per Taranto non si tratta soltanto di un grande evento sportivo. È qualcosa di più profondo, quasi un passaggio simbolico. Una prova collettiva che chiama in causa la sua storia, la sua capacità di rialzarsi, la possibilità concreta di riscrivere una narrazione troppo spesso segnata da crisi industriali, emergenze ambientali e occasioni mancate. Per circa un mese, la città jonica sarà osservata speciale di un Mediterraneo che qui ritrova uno dei suoi approdi più antichi e carichi di significato.
La dimensione internazionale dell’evento è evidente. Delegazioni sportive, atleti, tecnici, giornalisti e turisti arriveranno da decine di Paesi che condividono lo stesso mare. Le immagini di Taranto, dei suoi stadi, delle sue strade, dei suoi quartieri, finiranno nei notiziari, nei reportage, nei social network. Una vetrina globale che può restituire al mondo una città diversa da quella spesso raccontata, capace di accogliere, organizzare, competere. Ma una vetrina, si sa, non ammette improvvisazioni.
La macchina organizzativa dovrà reggere una pressione senza precedenti. Trasporti, sicurezza, sanità, accoglienza, servizi. Tutto dovrà funzionare come un meccanismo preciso, in un territorio che già oggi fatica a sostenere la propria quotidianità. È qui che il grande evento diventa anche un banco di prova amministrativo e istituzionale, una sfida che coinvolge non solo Taranto ma l’intera provincia e, in parte, la regione.
Mai prima d’ora, però, sulla città si era concentrato un investimento pubblico di questa portata. Circa 300 milioni di euro, stanziati dal Governo, stanno trasformando il volto urbano e sportivo del territorio. Cantieri aperti, impianti che prendono forma, aree dimenticate che tornano a vivere. Taranto si sta dotando di una infrastruttura sportiva multidisciplinare che la proietta in una dimensione nuova, rendendola una delle città italiane con il più alto potenziale in termini di sport e grandi eventi.
Il simbolo di questa trasformazione è il nuovo Stadio Iacovone, destinato non solo al calcio ma a ospitare competizioni internazionali e grandi manifestazioni sportive e musicali. Un impianto che rappresenta un cambio di passo netto rispetto al passato, non solo per la sua funzione ma per ciò che racconta: la volontà di investire sul futuro, di restituire centralità a uno spazio che per generazioni è stato luogo di identità e appartenenza.
Accanto allo sport, le ricadute si estendono all’economia culturale e turistica. Alberghi, ristorazione, artigianato, servizi. I Giochi possono diventare un moltiplicatore di opportunità per un territorio che da anni cerca una via di sviluppo alternativa e sostenibile. Il Mediterraneo, che per Taranto è sempre stato più di un semplice orizzonte geografico, torna a essere una chiave identitaria e una risorsa concreta.
Eppure, accanto a queste luci, restano ombre che non possono essere ignorate. La governance dei Giochi è partita con un ritardo pesante, quasi 2 anni, comprimendo in modo drastico i tempi a disposizione. Una partenza lenta che oggi si traduce in una corsa serrata, dove ogni errore rischia di avere conseguenze irreversibili. In un evento di questa portata, il fattore tempo è determinante e non concede margini di improvvisazione.
A complicare il quadro si sono aggiunti gli attriti tra il Comitato Internazionale dei Giochi e il Commissario straordinario Massimo Ferrarese, figura voluta dal Governo italiano proprio per garantire il rispetto delle procedure e l’utilizzo corretto delle risorse pubbliche. Divergenze gestionali e visioni differenti, non è questa la sede per entrare nel merito, che, se non ricomposte, rischiano di mettere a repentaglio il risultato finale quando il traguardo è ormai visibile.
È il punto più delicato dell’intera operazione. Perché Taranto, oggi, non può permettersi di perdere questa occasione. Non dopo i sacrifici già compiuti, non dopo i cantieri aperti, non dopo le aspettative generate in una comunità che ha imparato a diffidare delle promesse ma che continua, ostinatamente, a sperare.
Serve uno sforzo collettivo. Governo nazionale, Comitato organizzatore, Comitato internazionale, Regione, Province e Comuni devono trovare una sintesi responsabile, mettendo da parte rigidità e contrapposizioni. Le controversie sono fisiologiche in eventi di questa dimensione, ma diventano pericolose quando prevalgono sull’obiettivo comune. E l’obiettivo, qui, è uno solo: arrivare all’agosto 2026 con impianti pronti, servizi funzionanti e una città capace di accogliere il Mediterraneo.
Taranto conosce bene il peso della storia. È una città antica, stratificata, segnata da cicli di grandezza e declino. Ha pagato prezzi altissimi allo sviluppo industriale e alle scelte calate dall’alto. Ma ha anche dimostrato, negli anni, una resilienza rara, fatta di associazioni, volontariato, cultura diffusa, orgoglio silenzioso. I Giochi del Mediterraneo possono diventare il momento in cui questa energia trova finalmente una cornice positiva e condivisa.
In questo passaggio delicato, anche il ruolo dell’informazione diventa centrale. Raccontare con onestà, vigilare, favorire il confronto. Buonasera24.it si fa interprete di questa esigenza, ribadendo che Taranto non può perdere i Giochi del Mediterraneo 2026. Molto è stato fatto e i segni sono visibili. Ora è il tempo della responsabilità, della mediazione, del passo in avanti reciproco. E il giornale è pronto a mettersi a disposizione per ospitare incontri, interventi, interviste e mediazioni.
Perché questa non è solo una partita sportiva. È una partita che riguarda il futuro di una città ferita, ma ancora capace di guardare il mare e immaginare, finalmente, un approdo diverso.
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