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Lecce

Condannata una maestra: tre anni per maltrattamenti sui bambini dell’infanzia

La sentenza riconosce un metodo educativo fondato su minacce, umiliazioni e violenze fisiche. Per il Tribunale, anche il clima ostile creato in classe integra il reato di maltrattamento

Aula scolastica

Aula scolastica

LECCE - Con la sentenza depositata lo scorso 15 settembre 2025, il Tribunale monocratico di Lecce ha condannato a tre anni di reclusione una maestra accusata di maltrattamenti nei confronti dei bambini affidati alla sua cura. I fatti, commessi in un istituto del territorio fino almeno al gennaio 2015, sono stati ritenuti pienamente configurabili come reato di maltrattamenti continuati.

Il giudice ricostruisce un quadro di metodi educativi basati su intimidazioni, violenze psicologiche e fisiche, scherni e minacce, in grado di generare un clima quotidiano di paura e sofferenza. I minori coinvolti, di età compresa tra 3 e 5 anni, avrebbero manifestato segnali evidenti di disagio: incubi, paure persistenti, rifiuto della scuola e persino episodi di minzione involontaria.

Dalle immagini acquisite in aula emergono episodi ripetuti di tirate di capelli, sculacciate, spinte, imposizioni fisiche e continui insulti. Pur trattandosi di gesti singolarmente rapidi, la reiterazione costante ha determinato, secondo il Tribunale, un quadro di condotte abituali idonee a integrare il reato. Il giudice chiarisce che lo ius corrigendi non può mai tradursi in un uso sistematico della forza, che esula dall’abuso dei mezzi di correzione e rientra nel più grave ambito dei maltrattamenti.

La sentenza sottolinea inoltre che la valutazione non può basarsi sull’apparente “lieve entità” dei singoli episodi, perché ciò che rileva è l’impatto complessivo su bambini così piccoli, particolarmente vulnerabili e incapaci di difendersi. Anche urla e minacce, rivolte a minori in età prescolare, assumono natura di violenza psicologica.

Un passaggio centrale della decisione riguarda il riconoscimento del cosiddetto “maltrattamento ambientale”. Il Tribunale ritiene infatti che il danno non colpisca solo i bambini direttamente oggetto delle condotte aggressive, ma anche quelli costretti ad assistere alle scene, vivendo quotidianamente in un clima emotivamente nocivo e contrario alla funzione educativa della scuola.

In conclusione, il giudice ribadisce che il ruolo dell’insegnante è incompatibile con qualsiasi forma di violenza e che la continua reiterazione di comportamenti aggressivi, anche di breve durata, può costituire maltrattamento quando produce un ambiente scolastico permeato da paura, insicurezza e sofferenza nei minori.

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