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L'analisi
03 Dicembre 2025 - 10:07
Giuliano Vassalli, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Per quanto l'associazione nazionale magistrati si stia impegnando, è difficile nascondere che il CSM stia attraversando oggi la peggiore crisi dal momento della sua istituzione. Le cronache degli incontri clandestini tra alcuni esponenti politici e taluni magistrati, tra i quali dei componenti del CSM, finalizzati a concordare preventivamente una serie di nomine di competenza di tale organo, non rappresentano soltanto degli specifici episodi di rilevanza penale ed etica; sono vicende idonee a confermare dubbi sul grado di credibilità e legittimazione dell’organo. Allora la si butta in caciara. Si considerano vittime affermando il falso: si vorrebbe minare l'autonomia della magistratura sottoponendola al controllo politico. Mentono sapendo di mentire.
I magistrati in Italia sono solo 10.655 (dato di ottobre 2025). La cifra include sia i magistrati con funzioni giudicanti che quelli requirenti (pubblici ministeri), ma la loro capacità di condizionamento tende storicamente sempre più ad allargarsi, anche e soprattutto, attraverso lo strumento del Consiglio Superiore che si oppone ad ogni cambiamento nell’ordinamento giudiziario. Praticamente sono una forza di opposizione e di governo parallelo che esercita un potere infinito "in nome del popolo italiano" che tende a competere nei rapporti con la comunità.
E' indubbio che la fiducia del popolo nella magistratura ha subito un pesante calo negli ultimi anni. Dalle punte più elevate del 2011, con i cittadini che cercavano rassicurazioni da realtà esterne alla politica, era arrivato al 67%, al punto più basso del 38% nel 2021, come conseguenza dalla vicenda Palamara e dei coinvolgimenti di parte del Csm nello scandalo delle nomine pilotate. Oggi una parte maggioritaria degli italiani pensano che un qualche «inquinamento» politico sia presente nel potere giudiziario.
Non è che la politica goda di maggior considerazione ma quest'ultima quanto meno ha la buona abitudine di sottoporsi al giudizio degli elettori.
C’è una sinistra, oggi all'opposizione, che è riuscita a legarsi, attraverso una lunga opera sottile, alla gran parte della magistratura, lo ha fatto anche quand'era al governo: non vuole che esista nessuna gerarchia, nessuna responsabilità, che i magistrati siano indenni da colpe e responsabilità. C'è tuttavia una sinistra diversa, riformista, garantista che da sempre, con coerenza e continuità si batte per una giustizia giusta, per un principio di civiltà giuridica.
La memoria storica è utile a chi l'ha vissuta per orientarsi, a chi non l'ha vissuta per capire. Chi scientemente si rifiuta di conoscerla e se ne priva, incorre spesso nell'errore. Serve soprattutto per le nuove generazioni, che non hanno vissuto il passato e vogliono riflettere sul futuro.
Giuliano Vassalli, studioso e riformatore del sistema legislativo del Dopoguerra, rappresenta uno dei maggiori giuristi italiani del Novecento. Ha espresso una profonda identificazione, ideale, politica, umana e morale, nell’antifascismo socialista che, come in ogni altra radice, ha rappresentato un patrimonio di valori e di esempi, una carica di intelligenza, di cultura e di generosità, che ancora oggi riescono ad esprimere una suggestione senza uguali per chi voglia esplorare le radici della nostra democrazia repubblicana …
Pur appartenendo ad una generazione successiva, ho avuto il privilegio come tanti miei coetanei, nel corso della mia attività politica di ammirare la sua copiosa produzione giuridica in materia penale e processuale. Aveva ripreso l’attività politica negli anni Sessanta partendo dal basso. Merce assai rara nella classe politica di oggi, adusa a misurarsi nei salotti televisivi...
Consigliere comunale e capogruppo del PSI a Roma dal 1962 al 1966; deputato dal 1968 al 1972; senatore e capogruppo parlamentare dal 1983 al 1987.
Ministro di Grazia e Giustizia dal 1987 al 1991. Nominato giudice costituzionale dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga il 4 febbraio 1991, eletto presidente della Suprema Corte nel 1999. Alle elezioni per la presidenza della Repubblica del 1992 Giuliano Vassalli è candidato ufficiale del PSI, per quattordici scrutini cedendo il passo a Oscar Luigi Scalfaro, che sarà eletto.
Riformista e laico convinto, fautore dei diritti civili a garanzia della persona, nel 1987, in qualità di ministro di Grazia e Giustizia, presenta un nuovo disegno di legge delega per la riforma del codice di procedura penale che sarà approvato nel 1988 ed entrerà in vigore nel 1989.
Non ha mai risparmiato critiche al protagonismo di alcuni giudici e magistrati, mantenendo l’alto profilo del confronto civile e della critica costruttiva. Sul conflitto tra poteri Vassalli era dell’avviso che “La Costituzione dopo il fascismo volle rendere assolutamente debole il presidente del Consiglio e forte ed indipendente la magistratura, perché con la nascita del Csm nel 1958 si è creato un corpo separato con protezione costituzionale”. Ma sulla questione della separazione dei poteri non lascia alcun dubbio nella magistrale interpretazione della Carta Costituzionale. In Vassalli è saldissima la convinzione che non si possa ritenere nemmeno tendenzialmente accusatorio un sistema processuale che prescinda dalla separazione ordinamentale del giudice dal pubblico ministero: "parlare di sistema accusatorio laddove il pubblico ministero è un magistrato uguale al giudice … che continuerà a far parte della stessa carriera, degli stessi ruoli… essere colleghi, è uno dei tanti elementi che non rendono molto leale parlare di sistema accusatorio".
Il Ministro firmatario del primo codice di rito penale repubblicano ammette che, per onestà, si sarebbe dovuta addirittura togliere la qualifica di accusatorio al suo progetto onde evitare una truffa determinata proprio dalla mancata contestuale riforma dell’ordinamento giudiziario. La scelta di lasciarla fu dettata da "un’etichetta ottimistica" al fine di scongiurare "una ulteriore spinta della magistratura italiana a lasciare le cose più o meno come sono".
E' del tutto evidente che l’entrata in vigore del codice che avrebbe voluto essere accusatorio, non poteva esserlo fino in fondo a causa del difetto ordinamentale e, a 37 anni dalla riforma costituzionale del giusto processo, in cui il giudice è terzo rispetto alle parti poste su un piede di parità, la denuncia di Vassalli assume una singolare dimensione profetica quanto attuale.
Vassalli da giurista pragmatico, consapevole delle resistenze della magistratura, da sempre marcatamente conservatrice sul punto "quello che la magistratura ha conquistato, non lo molla più". Vassalli avverte che "la magistratura ha un potere enorme … lo ha sul potere legislativo … è il più grande gruppo di pressione, è il più forte gruppo di pressione che abbiamo conosciuto, almeno nelle questioni di giustizia … in quaranta anni non c’è stata una legge in materia di giustizia che non sia stata ispirata e voluta dalla magistratura, la quale è diventata sempre più un corpo veramente corporativo". Vassalli non ne parla in modo generico, porta esempi concreti di condizionamenti che vanno dal veto alla elezione dei giudici costituzionali fino alle logiche del CSM per tornare al procedimento legislativo influenzato direttamente dal volere della magistratura.
In particolare, la legge di ordinamento giudiziario, la legge dei magistrati, appare a Vassalli “intoccabile” proprio per l’opposizione dei suoi destinatari naturali. Un vero e proprio corto circuito costituzionale, in cui i “giudici soggetti alla legge” impongono le loro scelte al legislatore, soprattutto quando in gioco c’è lo stato giuridico della magistratura.
L’Italia è un Paese a "sovranità limitata dalla magistratura, nelle questioni di giustizia": questa è la perentoria ed amara conclusione di uno dei più grandi giuristi del 900, politico eminente e prima ancora partigiano. Un epilogo di attualità disarmante.
Il j’accuse di Vassalli si completa con la descrizione di un Ministro "circondato esclusivamente da magistrati" distaccati al ministero, una fotografia che non sembra ingiallire nel tempo e che rispecchia la realtà di un dicastero ancor oggi presidiato dai “fuori ruolo”
Nel 1989 si è tentata la strada della separazione funzionale interna al processo, non avendo allora il potere politico la forza di imporre la separazione ordinamentale fra giudice e pubblico ministero. A distanza di 37 anni, possiamo dire che l’escamotage non ha purtroppo funzionato e che senza la base ordinamentale le funzioni non saranno mai veramente separate, come invece postula un processo schiettamente accusatorio-garantista.
Il contesto politico attuale appare, tuttavia, ben diverso da quello descritto a suo tempo da Giuliano Vassalli.
La maggioranza parlamentare è stata eletta sulla base di programmi che riportano in epigrafe la proposta della separazione delle carriere e la Costituzione, a partire dalla riforma del 1999, impone la terzietà del giudice quale carattere ordinamentale indefettibile, concettualmente ben distinto tanto dall’imparzialità quanto dall’indipendenza. Democrazia, rispetto della volontà popolare e della Costituzione sono argomenti difficili da superare persino per il "più grande potere di pressione" del nostro Paese, ne vale sostenere che questa riforma, in continuità con quella del 1989, non va approvata per fare dispetto alla Meloni, sarebbe una prova ulteriore d'infantilismo politico.
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Testata: Buonasera
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