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Taranto

Quattro anni e otto mesi alla badante: la Corte d’assise condanna per la morte dell’anziano

La sentenza riguarda il decesso del pensionato trovato a terra nel 2020 e rimasto senza aiuto per tre giorni

Un'aula di Tribunale

Un'aula di Tribunale

ARANTO - La Corte d’assise ha condannato a 4 anni e 8 mesi una donna di 64 anni ritenuta responsabile di abbandono di incapace in relazione alla morte di un anziano, avvenuta nel giugno 2020, dopo una lunga agonia iniziata in un appartamento nei pressi di viale Magna Grecia. La notizia è stata riportata dalla Gazzetta del Mezzogiorno.

Secondo quanto ricostruito nel processo, l’uomo era caduto dalla poltrona ed era rimasto sul pavimento per tre giorni, senza la possibilità di chiedere aiuto e privo di cibo e acqua. Quando i vicini, insospettiti, avevano allertato i soccorsi, il personale del 118 lo aveva trovato in condizioni critiche: gravemente disidratato e con una severa insufficienza respiratoria. Nonostante i successivi trasferimenti in diverse strutture sanitarie della provincia, il quadro clinico non era più migliorato. Dopo alcune settimane, l’anziano era morto in ospedale, dove era giunto già in coma.

La Corte ha inflitto una pena più severa rispetto ai 3 anni e 6 mesi richiesti inizialmente dalla pubblica accusa. Nel dispositivo, i giudici hanno anche disposto la trasmissione degli atti alla Procura affinché valuti eventuali ulteriori iniziative penali riguardo alla testimonianza resa dal nipote della vittima. Quest’ultimo, assolto in un precedente procedimento con rito abbreviato per gli stessi fatti, aveva dichiarato che la donna non fosse la badante dello zio, ma che si occupasse soltanto delle pulizie domestiche per poche ore alla settimana. Una versione sostenuta anche dalla difesa dell’imputata, secondo cui la responsabilità di cura non sarebbe stata a lei attribuibile.

Il dibattimento si è concentrato anche sulla ricostruzione dei movimenti del nipote e della donna nel giorno della caduta, ricostruzione effettuata attraverso l’analisi delle celle telefoniche, elemento che ha consentito ai magistrati di confrontare le varie versioni fornite in aula.

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