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Il fatto

Giornalisti in sciopero, ma Buonasera24.it resta operativo: “Adesione simbolica”

La protesta nazionale denuncia dieci anni senza rinnovo contrattuale, organici ridotti e sfruttamento dei precari. La replica degli editori: “Investimenti ingenti in un mercato rivoluzionato dagli Over The Top”

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Una mazzetta di giornali

TARANTO – Pur aderendo simbolicamente allo sciopero indetto oggi dai giornalisti italiani, Buonasera24.it ha scelto di continuare a lavorare. Una decisione motivata dal fatto che il quotidiano è edito da una Cooperativa e pertanto i giornalisti sono editori di se stessi. Non c'è un editore con cui dialogare e trovare intese. Si va avanti con le forze possibili messe a disposizione dai lettori, dai partner commerciali e dal contributo pubblico previsto da una legge dello Stato per garantire il pluralismo dell'informazione e soprattutto quella di idee, di valori e di servizio. Quelle realtà che non hanno come fine ultimo il guadagno economico, ma la libertà e la democrazia.

Oggi, pertanto, con spirito di servizio ci si mette ancora di più a disposizione dei lettori rimasti senza informazione a causa dell’astensione dei giornalisti dei grandi gruppi. “Oggi moltiplicheremo le nostre forze per andare incontro alle esigenze degli utenti”, sottolinea la redazione.

Lo sciopero coinvolge giornaliste e giornalisti di tutto il Paese, che denunciano un contratto collettivo scaduto da 10 anni e un settore che, secondo il sindacato, non avrebbe ricevuto la necessaria attenzione da parte degli editori della Fieg. Alla base della protesta vi è la convinzione che il giornalismo, definito “presidio fondamentale della democrazia”, sia stato penalizzato da anni di tagli e da scarsi investimenti, nonostante le ingenti risorse pubbliche destinate al comparto.

Secondo il sindacato, nell’ultimo decennio il mondo dell’informazione avrebbe subito una drastica riduzione degli organici, accompagnata da stati di crisi, licenziamenti, prepensionamenti e blocco salariale. A crescere sarebbe invece lo sfruttamento dei collaboratori e dei precari, spesso pagati pochi euro a pezzo, senza tutele e senza prospettive di stabilizzazione. Parallelamente, l’inflazione avrebbe eroso di circa 20% il potere d’acquisto dei giornalisti, portando alla richiesta di un aumento in linea con gli altri contratti. La proposta degli editori – giudicata “irrisoria” – prevederebbe inoltre una ulteriore riduzione del salario dei neoassunti, accentuando il divario generazionale nelle redazioni.

La protesta, ci tengono a precisare dal sindacato, non vuole essere corporativa. L’obiettivo è difendere un’informazione libera, autorevole e indipendente, preservando una professione che non può essere resa vulnerabile da condizioni economiche precarie. Da qui la richiesta di un nuovo contratto, capace di tutelare i diritti e di affrontare le sfide delle professioni digitali, regolando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e garantendo l’equo compenso per i contenuti destinati al web.

Altro nodo centrale è l’invito agli editori a investire nel futuro, puntando su tecnologia e giovani professionisti, che non possono – sostiene il sindacato – essere relegati a mera manovalanza intellettuale a basso costo. Una responsabilità che, ricordano i giornalisti, riguarda anche i cittadini, tutelati dall’articolo 21 della Costituzione, che garantisce il diritto a essere informati.

A stretto giro è arrivata la replica della Fieg, che respinge le accuse parlando di “ingenti investimenti” realizzati negli ultimi dieci anni per tutelare qualità, libertà dell’informazione e occupazione giornalistica. L’associazione degli editori sottolinea come, in un contesto di ricavi dimezzati, si sia riusciti a evitare licenziamenti ricorrendo agli strumenti normativi del settore e sempre con il consenso del sindacato.

Gli editori puntano inoltre il dito contro la pressione esercitata dai grandi colossi digitali, gli Over The Top come Google e Meta, accusati di sfruttare i contenuti editoriali trattenendo la maggior parte dei ricavi pubblicitari e dei dati. Una dinamica che avrebbe indebolito la sostenibilità economica delle imprese, costrette a confrontarsi con un mercato radicalmente trasformato.

Un confronto complesso, destinato a proseguire, mentre la categoria rivendica il riconoscimento del proprio ruolo e la necessità di una nuova stagione di investimenti per il futuro dell’informazione professionale.

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