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Bari
27 Novembre 2025 - 12:07
I carabinieri di Bari
BARI - Una maxi operazione antimafia ha colpito il cuore del quartiere San Paolo, territorio storico del clan Strisciuglio, con l’esecuzione di 12 misure cautelari in carcere emesse dal GIP del Tribunale di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. I Carabinieri del Comando Provinciale, affiancati dal 6° Nucleo Elicotteri e dal Nucleo Cinofili di Modugno, hanno agito alle prime luci dell’alba a Bari, Triggiano e negli istituti penitenziari di Lecce, Trani, Larino, Napoli, Lanciano, San Gimignano e Viterbo, dove alcuni degli indagati erano già detenuti per altri reati.
Le accuse a carico dei destinatari del provvedimento sono tra le più gravi previste dall’ordinamento: associazione mafiosa, traffico e spaccio di droga, estorsioni aggravate, rapporto sistematico con armi clandestine e da guerra, ricettazione, lesioni personali, esplosioni e atti intimidatori, tutti aggravati dal metodo mafioso.
L’inchiesta, denominata “Lockdown”, è il frutto di un lavoro investigativo durato dal settembre 2019 al maggio 2023, sviluppato dal Nucleo Operativo della Compagnia Bari San Paolo e coordinato dalla DDA. Si tratta di un approfondimento della precedente operazione “Vortice–Maestrale”, che aveva già documentato la presenza e l’operatività del clan nelle aree popolari del rione.
Gli investigatori hanno ricostruito l’intera struttura organizzativa degli Strisciuglio nel quartiere San Paolo, individuando ruoli, gerarchie e perfino i riti di affiliazione, codificati in manoscritti sequestrati durante le perquisizioni. Nei documenti comparivano formule, giuramenti e regole interne necessarie per essere “battezzati” nel sodalizio, confermando la piena riconducibilità del gruppo ai modelli tipici delle organizzazioni mafiose.
Le restrizioni imposte dalla pandemia da Covid-19 avevano trasformato i portici delle palazzine popolari del quartiere in rifugi perfetti per riunioni clandestine. Proprio in quei mesi gli inquirenti sono riusciti a documentare summit di mafia in cui venivano decise spedizioni punitive, intimidazioni e sparatorie.
Tra gli episodi più cruenti ricostruiti dagli investigatori risultano gli attriti con la famiglia Vavalle, storicamente contrapposta agli Strisciuglio. Le tensioni esplosero nel marzo 2020 con tre attacchi armati: colpi sparati contro la porta di un bar, contro un’autovettura e contro una macelleria del rione.
Secondo l’impianto accusatorio, accolto dal GIP salvo successive valutazioni nel contraddittorio con la difesa, il clan aveva consolidato un vasto traffico di stupefacenti, stoccati in cupe, depositi abilmente camuffati spesso intestati a insospettabili. Durante le operazioni sono stati sequestrati ingenti quantitativi di droga, armi da guerra, munizioni e denaro contante.
Su alcune banconote erano annotate a penna le iniziali degli affiliati che dovevano riceverle come forma di sostentamento. Il denaro confluiva in una cassa comune utilizzata per acquistare nuove partite di droga, pagare l’assistenza legale dei sodali arrestati e mantenere i detenuti e le loro famiglie, con l’obiettivo di evitare collaborazioni con la giustizia o avvicinamenti a clan rivali.
Una parte dell’organizzazione continuava a operare anche dalle celle degli istituti penitenziari. Le indagini hanno accertato che alcuni dei vertici inviassero ordini all’esterno tramite parenti o attraverso telefoni cellulari introdotti illegalmente. Gli affiliati liberi aggiornavano quotidianamente i capi sulle attività del gruppo, mantenendo un flusso costante di comunicazione.
Gli uomini di vertice, infine, si riunivano ogni sabato per stilare la contabilità settimanale e ripartire i ricavi delle attività illecite, seguendo una rigida struttura piramidale con regole interne condivise e stringenti.
Le misure eseguite questa mattina rappresentano l’ultima tappa di un’indagine complessa, che ha permesso di delineare con precisione la capacità del clan Strisciuglio di infiltrarsi nel tessuto criminale del quartiere San Paolo, mantenendo un controllo capillare sul traffico di droga, sulle estorsioni e sull’intimidazione del territorio.
Un’operazione che, nelle intenzioni degli investigatori e della DDA, mira a colpire il cuore operativo della consorteria, sottraendole uomini, risorse e capacità organizzativa, in un contesto dove la pressione costante delle forze dell’ordine si è dimostrata decisiva per impedire nuovi “colpi” e ridurre il raggio d’azione del gruppo criminale.
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