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L'intervento

"Nel ricordo del Bataclan, tra memoria e incoerenze della politica internazionale"

A dieci anni dalla strage jihadista, la grande cerimonia parigina viene descritta come imponente ma priva di sostanza: “Bella senz’anima” nel giudizio dell’autore, tra omaggi solenni e scelte geopolitiche giudicate contraddittorie

Il ricordo a Parigi della strage detta del Bataclan

Il ricordo a Parigi della strage detta del Bataclan

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione a firma di Y. C. Mitrani su quanto avvenuto nelle scorse ore a Parigi:

Grande cerimonia, ieri a Parigi, nel ricordo della strage detta del Bataclan, il locale parigino dove si sfogò la cieca violenza islamista che, per una serie quasi incredibile di circostanze fortunate, non ebbe modo di peggio dilagare nello stadio di calcio dove era diretta inizialmente la testa dei commandos assassini.

Dieci anni fa anche Parigi, capitale della Francia e soprattutto culla dei grandi valori di civiltà condensati nella triade Liberté, Legalité, Fraternité conobbe, nella maniera più brutale, la furia nichilista ed assassina del Daesh (Stato islamico).
La stessa furia, disumana e disumanizzante, che altre grandi città avevano già conosciuto come New York con la strage delle Twin Towers l’11 settembre 2001 o Madrid allo scalo ferroviario di Atocha, l’11 marzo 2004.

La stessa furia, essa sì chiaramente genocidaria, come orgogliosamente rivendicato dagli stessi terroristi, che si sarebbe dispiegata nei kibbutzim israeliani prossimi alla Striscia di Gaza il famigerato 7 ottobre 2023!

Ieri la celebrazione ed il ricordo delle 130 vittime e degli oltre 400 feriti, alla presenza delle massime Autorità francesi, con in testa -naturalmente- il sempre più debole ed ammaccato (politicamente parlando) Presidente Emmanuel Macron.
Per chi ha avuto modo di vederla, la cerimonia è stata all’altezza di altre, magari più liete, manifestazioni della Grandeur francese. Magnifica, stupenda, soprattutto “grandiosa”. Ma… Chiunque abbia visto o abbia partecipato alla ricordo collettivo non può non aver percepito la triste sensazione di desolante vuotezza.

Prendendo a prestito il titolo di una nota canzone di altri tempi, di un cantautore italiano peraltro ormai di casa proprio a Parigi, la cerimonia di ieri, pur con gli indubbi ed ineccepibili fasti era, in definitiva, “Bella senz’anima”.

Come si può conciliare il ricordo, doveroso e commosso, delle vittime delle stragi islamiste in casa propria, conseguentemente condannando il fatto (la strage in sé), gli esecutori (i superstiti ancora sotto processo, dopo dieci anni!) ed i mandanti (noti a tutto il mondo, ma non alle Cancellerie di tanti Paesi occidentali), poche settimane dopo il ridicolo quanto sterile “riconoscimento” di un inesistente Stato come premio, anzi come un vero e proprio trofeo, conseguente alla ferocia islamista di Hamas?

Che la Francia, all’Onu, nel riconoscere unilateralmente un presunto Stato palestinese fosse in compagnia della Gran Bretagna, visti i precedenti della discutibile iniziativa -anch’essa unilaterale quanto fallimentare- di destituire l’ormai bolso e normalizzato Gheddafi, non depone certo bene per la patria della Liberté, ecc.

Se, in un corso di filosofia teoretica, si volesse rappresentare l’antitesi tra Estetica ed Etica, la cerimonia di ieri era una perfetta rappresentazione dell’Estetica contrapposta all’Etica che, ieri (e da molto tempo, purtroppo) a Parigi, come altrove in Europa e in Occidente, sembra latitare.

È sempre più pesante il fardello che il Presidente francese manifesta, sul volto e nei gesti, nelle sue uscite pubbliche. Forse giunge inesorabilmente al capolinea l’immagine che di sé stesso ha cercato di offrire al Mondo, quella di un “Piccolo Principe” destinato ad entrare nel Pantheon nazionale accanto a Luigi XIV, a Napoleone, a De Gaulle e a Mitterrand (Vaste programme).

Leggendo il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, e guardando a Macron, più che del “Petit Prince” siamo forse al cospetto di un altro personaggio del libro: “le vaniteux”, il Vanitoso.

Come sa chi ha letto il libro, quest’ultimo vuole sentirsi solo lodato per meriti che non ha e pretende che chiunque lo incontri (pur vivendo da solo) si scappelli per omaggiarlo.

Solo il corrotto e decotto Abu Mazen, ha fatto il gesto di togliersi la kefiah, che ormai conserva da anni in naftalina, per omaggiare pochi giorni fa il Piccolo Presidente e ravvivargli, per qualche ora, l’ingombrante vanità.

In fondo, s’è trattato di un ultimo, tenero abbraccio di due piccoli, piccolissimi leader sul viale del tramonto.

Y. C. Mitrani

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