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L'analisi

Alla scoperta dei segreti dell'urna. Tra premio di minoranza e soglie di sbarramento

Il complesso meccanismo della legge elettorale pugliese lascia pochi margini all’incertezza ma potrebbe influenzare i rapporti di forza tra partiti e liste civiche

Urna elettorale

Urna elettorale

Con il deposito delle liste è possibile avventurarsi in qualche previsione che non riguarda chi sederà sulla prima poltrona pugliese ma quali potrebbero essere gli equilibri che verranno a determinarsi fra le formazioni in campo. Di certo questa volta il calcio mercato, del dopo partita, è assai difficile che ci riservi sorprese, come avvenuto nel precedente campionato, con passaggi clamorosi e premi assicurati per un civismo di comodo. Coloro che ne hanno beneficiato sono stati esclusi e restano fuori. Almeno in Puglia, questa pare essere una regola condivisa. Le formazioni pugliesi riflettono più o meno fedelmente quelle nazionali, salvo qualche assenza. Avremo modo di capire se la mancata convocazione sia da attribuire al deficit di candidati idonei o a scelte tattiche discriminatorie.

La telecronaca vede al fischio d'inizio partita quattro candidati presidente, 13 liste, 600 candidati.

Il punto ineludibile è dato dalla complessità della legge elettorale pugliese. In pochi la conoscono nei dettagli ferraginosi. Di certo la ignorano molti dei volenterosi che vorrebbero scendere in campo, che resteranno, nella migliore delle ipotesi in panchina, o nella peggiore vedranno la partita dalle tribune.

Il nostro è un sistema elettorale misto composto da elementi maggioritari e proporzionali.

Gli elettori possono votare un candidato alla presidenza della Regione e una lista provinciale a lui collegata, esprimendo fino a due voti di preferenza all'interno della lista votata rispettando la differenza di genere, pena l'annullamento della seconda preferenza. È possibile esercitare il cosiddetto voto disgiunto per il presidente e una lista a lui non collegata che verranno rispettivamente attribuiti.

La legge prevede un premio di maggioranza per la coalizione o lista che ottiene il maggior numero di voti.

I seggi rimanenti vengono distribuiti tra le altre liste, proporzionalmente ai voti ottenuti.

Per accedere alla ripartizione dei seggi, le coalizioni devono superare il 8% dei voti validi a livello regionale. Le liste che compongono le coalizioni devono raggiungere il 4% dei voti a livello regionale per ottenere seggi.

L’Ufficio centrale regionale accerta il numero dei seggi conseguiti e la percentuale di voti validi raggiunta dal gruppo o dalla coalizione di gruppi collegati al presidente proclamato eletto;

qualora la percentuale di voti validi raggiunta sia pari o superiore al 40%, assegna a essi un numero di seggi tale che assicuri in Consiglio una maggioranza di 29 consiglieri su 50 assegnati;

qualora la percentuale di voti validi raggiunta sia inferiore al 40% ma non anche al 35%, assegna una maggioranza di 28 consiglieri su 50;

qualora la percentuale sia inferiore al 35%, la maggioranza scende a 27 consiglieri su 50;

qualora la coalizione dovesse superare il 60% dei voti validi, la maggioranza dei seggi attribuiti in base alla quota proporzionale viene ridotta per assicurare all'opposizione almeno 18 dei 50 seggi consiliari.

Ammesso che i nostri lettori abbiano superato l'esame di una normativa utile a pochissimi addetti ai lavori, è evidente che determinante sarà il numero degli elettori che si recheranno a votare, perché determineranno la percentuale dei voti validi e soprattutto il distacco percentuale fra i candidati alla presidenza, in base alla quale saranno assegnati i seggi assicurando in ogni caso la rappresentanza delle minoranze.

Un esito scontato potrebbe avere l'effetto di rendere irrilevante recarsi al seggio, tuttavia potrebbe essere bilanciato dal voto di preferenza per i candidati consiglieri, che si riverbererà sulle rispettive liste. Questo forse spiegherebbe perché nel rush finale molti hanno puntato a candidarsi nella lista del presidente e/o in quella del partito che guida la coalizione piuttosto che nelle cosiddette liste civiche.

In altre parole, potrebbe determinarsi un effetto diverso e forse opposto a quello che si verificò alle precedenti regionali del 2020, quando con un’affluenza del 56,43% Michele Emiliano ottenne il 46,78%, esprimendo complessivamente 27 seggi: Partito Democratico 17,25% e 15 seggi; Con Emiliano 6,59% e 6 seggi; Popolari con Emiliano 5,94% e 6 seggi.

Circola fra gli addetti ai lavori un sondaggio che vedrebbe il Pd raddoppiare il suo apporto elettorale alla coalizione che guida, ridimensionando così il peso delle liste civiche che furono decisive per Emiliano, il quale ha scelto di concentrare i propri sforzi nel partito.

Nel contempo l'aspirazione a superare il 60%, sino a prevedere il 70%, potrebbe essere motivata dal tentativo, in parte riuscito, di invogliare gli esuberi di aspiranti candidati, uscenti e talvolta non graditi, nelle liste civiche.

La destra è una minoranza che si avvantaggerà di essere sola all'opposizione, assicurandosi quello che in Puglia viene considerato un premio di minoranza.

Di una cosa possiamo essere certi. Al momento Ricci nelle Marche e Tridico in Calabria torneranno a sedere nel Parlamento Europeo. Decaro ha scelto di tornare nella sua terra nutrendo la speranza di confermarsi esponente dem più suffragato e popolarmente gradito a livello nazionale...

 Il Camaleonte

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