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Taranto

Cassazione: accolta la richiesta di una lavoratrice tarantina contro una multinazionale della birra

La Suprema Corte annulla le decisioni di primo e secondo grado: il nuovo giudizio sarà affidato alla Corte d’Appello di Bari per verificare la reale natura dei contratti e il superamento del limite dei 36 mesi

Avvocati

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TARANTO - Dopo oltre dieci anni di battaglie legali, arriva una svolta nel contenzioso tra una lavoratrice precaria tarantina e una nota multinazionale del settore birrario. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della donna, annullando le sentenze con cui il Tribunale del Lavoro di Taranto e la Corte d’Appello avevano respinto la sua domanda di stabilizzazione e risarcimento.

La vicenda risale al 2002, quando la lavoratrice iniziò a collaborare con l’azienda attraverso una lunga serie di contratti a termine e di somministrazione, protrattisi fino all’agosto 2014. Dopo il mancato rinnovo, la donna aveva adito il giudice del lavoro sostenendo che gli accordi stipulati fossero illegittimi, in quanto privi di adeguate motivazioni e in violazione del limite massimo dei 36 mesi previsto dal Decreto Legislativo 368/2001.

Con la sentenza n. 3372 del 14 luglio 2015, il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso, ritenendo la lavoratrice decaduta dal diritto di impugnare i contratti precedenti al luglio 2014, poiché l’ultimo contratto era stato contestato solo con una missiva del 29 settembre 2014. Tale impostazione era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Taranto con la decisione del 10 febbraio 2021, che aveva inoltre ritenuto i rapporti di lavoro riferibili ad attività stagionali, quindi esclusi dai limiti temporali fissati dalla legge.

Assistita dagli avvocati Luca Occhionero e Valeria Zurlini del foro di Taranto, la lavoratrice ha deciso di ricorrere in Cassazione, contestando sia la decadenza ritenuta illegittima, sia la presunta natura stagionale delle mansioni svolte.

Gli Ermellini, riunitisi in Camera di Consiglio il 10 giugno 2025, hanno accolto integralmente il ricorso, sottolineando che l’impugnazione dell’ultimo contratto avrebbe dovuto comportare da parte dei giudici di merito una valutazione complessiva di tutti i contratti stipulati tra le parti, per accertare l’eventuale superamento del limite temporale dei 36 mesi.

La Suprema Corte ha inoltre evidenziato l’incoerenza della sentenza d’appello, che aveva ritenuto le attività oggetto dei contratti come stagionali senza fornire alcuna motivazione concreta, né verificare la validità dell’accordo sindacale del 17 marzo 2008 invocato dall’azienda.

La Cassazione ha quindi cassato con rinvio la sentenza impugnata, disponendo che il fascicolo torni ora alla Corte d’Appello di Bari, incaricata di pronunciarsi nuovamente nel rispetto dei principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte.

Una decisione che riapre la strada a un possibile riconoscimento delle ragioni della lavoratrice e che, ancora una volta, pone l’accento sulla tutela dei rapporti precari e sulla corretta applicazione delle norme sui contratti a termine.

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