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Taranto

Rigassificatore da 12 miliardi di metri cubi a Taranto, presentata l'istanza al Ministero

La richiesta di Valutazione d’Impatto Ambientale è stata depositata il 10 ottobre. La denuncia di Luciano Manna di VeraLeaks solleva dubbi sulla società proponente e sulla mancanza di documentazione online

Nave rigassificatrice

Nave rigassificatrice - archivio

TARANTO - È stata depositata lo scorso 10 ottobre 2025, l’istanza di Valutazione d’Impatto Ambientale relativa al progetto di un rigassificatore da 12 miliardi di metri cubi all’anno proposto dalla società Terminale di Rigassificazione GNL Taranto s.r.l..

L’iniziativa, pubblicata sul portale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, si trova attualmente in fase di verifica amministrativa. Ma, come denuncia Luciano Manna, fondatore di VeraLeaks, il progetto presenta criticità e mancanza di trasparenza, a partire dall’impossibilità di accedere ai documenti ufficiali.

«Sul sito ministeriale – afferma Manna – compare la dicitura documentazione non disponibile per la procedura selezionata, rendendo impossibile consultare gli atti relativi a un progetto che incide sulla salute pubblica e sull’ambiente. Una mancanza che contrasta con il Testo Unico Ambientale e con le direttive europee in materia di accesso alle informazioni».

Ma a destare ulteriori interrogativi -sottolinea Manna - è la struttura societaria della GNL Taranto s.r.l.: la sede legale è a Milano, la società è stata costituita nel settembre 2022 con un capitale sociale di 10 mila euro, ed è controllata da due società estere, una con sede in Svizzera (Denali Gas Trading SA, titolare di 9.500 euro di quota) e una in Lussemburgo (Belenenergia Developpement Europe SA, con 500 euro di quota). Amministratore unico è Alberto Leopizzi, originario di Gallipoli, in carica dal luglio 2025.

Intanto il progetto del rigassificatore da 12 miliardi di metri cubi all’anno approda ufficialmente sui tavoli del Governo e della Regione Puglia: La società Terminale di Rigassificazione GNL Taranto s.r.l. ha inviato una comunicazione formale al ministro Adolfo Urso, al presidente Michele Emiliano e al sindaco Piero Bitetti, annunciando l’avvio dell’iter autorizzativo del “Progetto definitivo del Rigassificatore GNL da 12 miliardi di metri cubi all’anno”, previsto nella zona del Molo Polisettoriale del porto di Taranto.

Nella lettera la società informa di aver già depositato la relazione specialistica ai Vigili del Fuoco per il rilascio del Nulla Osta di Fattibilità e di essere in fase di consegna della documentazione per la Valutazione di Incidenza Ambientale. I promotori ritengono che le istruttorie «si concluderanno positivamente nei tempi più brevi», sulla base – sostengono – delle analisi comparative e degli studi specialistici condotti.

Secondo quanto illustrato nel documento, l’impianto dovrebbe sorgere a 6,5 chilometri dal centro urbano, 3,5 dal deposito Agip e 1,5 dalla linea di costa, distanze che – a detta della società – garantirebbero «la sicurezza per le persone e per le cose». L’azienda sottolinea inoltre che il terminale non comporterà emissioni in atmosfera, utilizzerà acqua di mare nel rispetto ambientale e non interferirà con le operazioni portuali, ma anzi «recupererà parte dell’operatività del Molo Polisettoriale, oggi in disuso».

Nel documento indirizzato alle istituzioni, i promotori definiscono l’opera «strategica per la sicurezza energetica nazionale ed europea» e funzionale alla decarbonizzazione dell’ex Ilva e del territorio tarantino. Il progetto, del valore di circa 600 milioni di euro, prevede tempi di costruzione stimati in due anni.

Tra i punti più discussi, le compensazioni economiche e ambientali proposte alla città: la società si dice disponibile a fornire a Taranto gas a prezzo calmierato e a valutare una partecipazione dell’Amministrazione comunale agli utili del terminale, «affinché l’opera sia anche fonte di beneficio per i cittadini».

Tuttavia, la proposta incontra forti perplessità da parte di associazioni e movimenti ambientalisti, che denunciano opacità nella trasparenza dei documenti e rischi per l’ecosistema locale. In particolare, Luciano Manna ha segnalato che il progetto si inserisce in una strategia che rischia di riportare Taranto al centro di un modello industriale ad alto impatto ambientale, sotto la veste di una presunta “decarbonizzazione”. «È paradossale – osserva – che un territorio già provato dall’industrializzazione debba affrontare un nuovo impianto di simili dimensioni, con un fabbisogno previsto di 12 miliardi di metri cubi l’anno, quando i piani ministeriali per l’ex Ilva stimano un consumo inferiore alla metà».

Sul piano politico, la vicenda divide le istituzioni. Il Governo considera l’impianto un tassello strategico della rete nazionale del gas, mentre il sindaco Piero Bitetti e il presidente della Provincia Gianfranco Palmisano hanno espresso preoccupazione per le ricadute ambientali e chiedono trasparenza e garanzie sulla sicurezza.

Mentre l’iter di valutazione è appena iniziato, Taranto si trova di fronte a una scelta cruciale: continuare a essere polo industriale ad alta intensità energetica o puntare su un futuro post-industriale basato sulla transizione ecologica.

Un bivio che, come in passato, rischia di intrecciare la speranza di sviluppo con il timore di nuove ferite ambientali.

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