La morte del piccolo Enea: confermata l'infezione ospedaliera prevenibile

BARI - Una relazione disposta dal Tribunale civile di Bari riaccende i riflettori sulla vicenda del piccolo Enea, il neonato morto il 28 dicembre 2022 al Policlinico di Bari ad appena 13 giorni di vita. L’accertamento tecnico preventivo disposto dai giudici ha stabilito che il bimbo, nato prematuro a 7 mesi ma in buone condizioni di salute, ha contratto una infezione nosocomiale durante il ricovero nell’ospedale barese.

Secondo i periti incaricati, il batterio escherichia coli che ha provocato lo shock settico fatale sarebbe stato acquisito circa 10 giorni dopo l’ingresso in ospedale e apparteneva a un ceppo diverso da quello contratto in precedenza dalla madre. “La presenza di un patogeno con profilo di resistenza nosocomiale permette di ritenere che le procedure di prevenzione non siano state pienamente rispettate”, si legge nella relazione. Gli esperti precisano che l’infezione “è da ritenersi ascrivibile a inadeguata osservanza delle misure di prevenzione delle infezioni ospedaliere” e che, nel caso concreto, “sarebbe stata prevenibile con l’adeguata osservanza di misure di prevenzione”.

La relazione esclude però responsabilità dirette dei sanitari sul piano terapeutico: “Nulla può essere imputato ai medici in termini di tempestività della diagnostica, del supporto delle funzioni vitali e della terapia antibiotica al momento del verificarsi dello shock settico – spiegano i periti – né nelle fasi precedenti”. La morte del piccolo, dunque, “è interamente imputabile alla gravità stessa dello shock settico e non a inadeguata cura prestata dai sanitari”.

La vicenda ora si trova davanti a un bivio. I genitori di Enea possono percorrere la strada di un risarcimento dei danni da parte del Policlinico oppure scegliere di avviare un processo civile per ottenere giustizia.