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Taranto
31 Luglio 2025 - 13:39
Rogo con rifiuti - archivio
TARANTO - Un’area di oltre 10.000 metri quadrati trasformata in una discarica abusiva a cielo aperto, montagne di rifiuti speciali – tra cui elettrodomestici, impianti di refrigerazione, pneumatici, arredi – accumulati e poi bruciati illegalmente per ricavarne metalli da rivendere. È questo lo scenario inquietante emerso dall’“Operazione Vulcano”, condotta dalla Guardia Costiera di Taranto sotto il coordinamento della Procura della Repubblica.
L’indagine, durata mesi, ha portato all’esecuzione di quattro misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati accusati di attività organizzata per la gestione e combustione illecita di rifiuti, emissioni di gas e fumi nocivi e occupazione abusiva di demanio marittimo. Due di loro si trovano agli arresti domiciliari, mentre per altri è scattato l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e il divieto, per un anno, di esercitare attività legate alla propria impresa.
Gli investigatori hanno ricostruito un vero e proprio sistema criminale: i rifiuti, raccolti senza autorizzazioni da privati e attività commerciali e trasportati con mezzi non idonei, venivano conferiti in località Masseria Capitolo, in agro di Taranto. Qui, l’abbandono incontrollato lasciava spazio a roghi sistematici, che sprigionavano nell’aria sostanze tossiche con gravi ripercussioni ambientali e rischi per la salute pubblica, in un’area già sensibile per la vicinanza alla zona SIN di Taranto.
L’inchiesta ha portato anche al sequestro di cinque autocarri usati per il trasporto illecito e alla scoperta del coinvolgimento di alcuni imprenditori, accusati di conferire direttamente in loco rifiuti pericolosi come frigoriferi e apparecchi contenenti clorofluorocarburi, classificati come RAEE, senza alcun trattamento preliminare.
Le prove raccolte derivano da un’ampia attività investigativa: intercettazioni telefoniche e ambientali, analisi dei tabulati, videosorveglianza, pedinamenti e acquisizioni documentali. Un lavoro meticoloso che ha permesso di sventare un danno ambientale ancora più grave e di disarticolare una filiera definita dagli inquirenti “ecocriminale”.
Il sequestro dell’area e dei mezzi è stato disposto dal GIP di Taranto.
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