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Taranto
16 Luglio 2025 - 09:52
Ex Ilva
TARANTO - Taranto continua a cercare una via d’uscita da un futuro industriale ancora incerto, bloccato tra progetti lontani, crisi occupazionale e la ferita mai rimarginata dell’inquinamento. Ma una possibile svolta arriva non da un convegno tecnico o da un’aula parlamentare, bensì da un geometra con 35 anni di esperienza dentro lex’Italsider. Si chiama Vittorio Manzo e oggi lavora come consulente per un’azienda campana specializzata nel recupero della plastica. La sua proposta è concreta, immediata, e soprattutto già sperimentata altrove: utilizzare rifiuti plastici trasformati in “Agente Riducente Secondario” (SRA) per alimentare gli altoforni al posto del carbon coke.
Un’idea che ha radici nel pragmatismo industriale e nella transizione ecologica, e che potrebbe accorciare drasticamente i tempi per il risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico, mantenendo la produzione attiva e i livelli occupazionali.
L’SRA è un prodotto derivato dalla lavorazione di rifiuti plastici non pericolosi, capace di sostituire parzialmente o in larga parte il coke utilizzato negli altoforni e nel processo di agglomerazione. I vantaggi ambientali sono evidenti: emissioni di CO₂ ridotte fino al 30% e annullamento di altre sostanze tossiche solitamente rilasciate dal coke. Non si tratta di una sperimentazione teorica. L’SRA – noto anche come BLU AIR – è già impiegato nello stabilimento Voest Alpine di Linz, in Austria, uno dei più avanzati in Europa in tema di sostenibilità industriale. Lì l’aria sembra uscire dalle ciminiere più pulita di quella d’ingresso, come ironicamente racconta chi lo ha visitato. A fornire quel materiale è IREN S.p.A., azienda italiana: prova che la tecnologia esiste, è matura e già funzionante nel nostro Paese.
Il gruppo per cui lavora Manzo è pronto a fornire gratuitamente l’SRA per un test pilota nello stabilimento di Taranto. I quantitativi saranno stabiliti di concerto con i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia, e durante la sperimentazione verranno effettuati rigorosi controlli sulle emissioni, in collaborazione con enti terzi e laboratori certificati. Obiettivo dichiarato: dimostrare sul campo la validità della soluzione, senza ulteriori perdite di tempo.
Se il test darà i risultati attesi, la proposta prevede la costruzione di tre impianti modulari per la produzione di SRA direttamente all’interno (o nelle immediate vicinanze) dell’ex Ilva. La tempistica stimata è di 24 mesi, contro i 10-15 anni necessari per l’adozione delle tecnologie basate su idrogeno o forni elettrici. Il polimero riducente prodotto nei moduli sarà trasportato tramite nastri direttamente agli altoforni, eliminando i costi e l’inquinamento derivanti dal trasporto su gomma.
A chi solleva il dubbio sulla quantità di plastica necessaria per alimentare un impianto delle dimensioni dell’Ilva, Manzo risponde con una riflessione pratica: ogni città che fa raccolta differenziata produce enormi quantità di plastica non riciclabile. In Puglia, le aziende di igiene urbana raccolgono tonnellate di rifiuti plastici che spesso finiscono in discarica o negli inceneritori. Questo progetto potrebbe offrire una seconda vita a quei materiali, creando una filiera virtuosa di economia circolare, con Taranto come nodo centrale del sistema.
La proposta di Manzo non pretende di sostituire le strategie nazionali di decarbonizzazione, ma di affiancarle, garantendo una soluzione ponte immediatamente attuabile, in grado di ridurre l’impatto ambientale, dare respiro alla produzione e creare nuova occupazione. “Questa è una vera transizione – spiega Manzo – non teorica, ma operativa. E soprattutto italiana”.
I benefici previsti sono chiari:
Riduzione immediata delle emissioni nocive, in attesa delle grandi riconversioni strutturali
Valorizzazione dei rifiuti plastici, oggi in larga parte destinati alla combustione
Nuove occasioni di lavoro per la gestione e la trasformazione del materiale
Una spinta concreta verso l’autonomia industriale ed energetica del Sud
Nel dibattito stagnante che da anni blocca le decisioni sul futuro delle Acciaierie, la proposta dell’SRA rappresenta una via d’uscita praticabile e subito attuabile, che merita almeno una valutazione tecnica seria, svincolata da ideologie o tatticismi. L’esperienza del geometra Manzo, unita a una tecnologia già collaudata e disponibile, potrebbe essere la chiave per trasformare Taranto nel primo vero esempio italiano di acciaio a basse emissioni.
“Non servono miracoli, ma la volontà di fare. E fare presto”, conclude Manzo. Taranto è pronta a cambiare. Serve solo il coraggio di provarci.
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