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Brindisi
04 Maggio 2025 - 06:32
La "donna in gravidanza" del paleolitico rinvenuta a Ostuni
BRINDISI - Una nuova luce si accende sul più celebre ritrovamento paleolitico avvenuto in Puglia: il feto rinvenuto accanto alla cosiddetta “madre di Ostuni” era di sesso maschile. A distanza di oltre 30 anni dalla scoperta dei resti umani risalenti a circa 28.000 anni fa, un’ulteriore analisi del Dna ha permesso di rivelare questo dettaglio fondamentale, grazie a un'indagine condotta da un’équipe scientifica composta da studiosi italiani e internazionali.
I resti furono riportati alla luce il 21 ottobre 1994 nella grotta del santuario di Santa Maria di Agnano, in territorio di Ostuni, nel Brindisino. A guidare lo scavo fu l’allora docente universitario Donato Coppola, che da subito comprese l’eccezionalità della scoperta. Alla giovane donna, morta in stato di gravidanza all’età di circa 20 anni, fu assegnata la denominazione scientifica di "Ostuni 1", divenendo celebre in tutto il mondo come la "madre più antica mai ritrovata".
È stato lo stesso Coppola, oggi direttore scientifico del Museo di Ostuni, ad annunciare gli ultimi risultati emersi dalle analisi genetiche condotte in collaborazione con l’Istituto di Antropologia della Sapienza di Roma e altri prestigiosi centri di ricerca. “Quello di Ostuni è tra i Dna paleolitici meglio conservati al mondo”, ha dichiarato con orgoglio lo studioso, sottolineando l’importanza del ritrovamento non solo per l’Italia, ma per l’intera comunità scientifica internazionale.
I resti della donna e del suo feto sono oggi esposti all’interno di una teca nel Museo di Ostuni, dove rappresentano un punto di riferimento per gli studi sull’uomo preistorico. “Questa scoperta eccezionale apre nuovi orizzonti di ricerca”, ha spiegato il presidente del museo, Giuseppe Abbracciavento, rimarcando come il lavoro sul sito e sul materiale ritrovato non si sia mai arrestato. “Non volevamo solo colmare un vuoto nella conoscenza del passato, ma iniziare un percorso innovativo, volto a esplorare in profondità il sequenziamento genetico di questi antichi individui”.
Il patrimonio archeologico custodito a Ostuni, dunque, si conferma tra i più preziosi al mondo per lo studio dell’evoluzione umana. “Siamo orgogliosi di poter conservare e valorizzare un tesoro di questa portata – ha concluso Abbracciavento – che ci permette di proiettare la figura della ‘donna di Ostuni’ in una dimensione sempre più ampia, tra scienza, storia e futuro della conoscenza”.
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