28 ottobre 1967, Curci, Mazzarino e Moro all’inaugurazione della Shell
Giovedì 16 marzo con inizio alle ore 9, nell’anniversario del rapimento di Moro e della strage della sua scorta da parte delle Brigate rosse, per iniziativa della sezione di Taranto dell’Ancri (Associazione nazionale insigniti al merito della Repubblica Italiana) e del Dipartimento jonico dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, si terrà nell’aula magna del Dipartimento jonico (nella ex caserma Rosaroll, via Duomo 259, Città Vecchia), un incontro su “Aldo Moro, dalla permanenza a Taranto al pensiero politico e istituzionale”. Permanenza a Taranto? Nonostante varie, lodevoli iniziative (come la mostra fotografica “Taranto città a me cara. Aldo Moro e Taranto” curata dall’Archivio di Stato di Taranto nel 2017, con relativo catalogo), non molti a Taranto sanno che proprio nella città dei due mari lo statista pugliese ebbe la sua prima formazione culturale, sociale, religiosa e, in sostanza, “politica”. Decisivi furono, in particolare, gli otto anni in cui Moro frequentò il Regio Liceo Ginnasio Archita, dal 1926 al diploma di maturità classica, nel luglio 1934. No, non è che fosse pluriripetente (anzi, in anni di voti piuttosto tirati, aveva una buona media: passò gli esami con otto in Italiano, Latino, Greco, Scienze e Storia dell’Arte, prevedibili nove in Storia e in Filosofia, e un insospettabile dieci in Matematica): è che all’epoca il ginnasio copriva i tre anni della odierna scuola media ed il primo biennio del classico, che col nome di liceo si limitava agli ultimi tre anni (IV e V ginnasio, e poi I, II e II liceo classico sono denominazioni rimaste in uso fino a pochi anni fa). Quando, nel 1989, in occasione del centenario della statalizzazione dell’Archita demmo vita, alla presenza dell’allora ministro della Pubblica istruzione (sì, all’epoca l’istruzione era pubblica...) Sergio Mattarella all’Associazione nazionale degli ex alunni del liceo, poi estesa agli ex docenti e docenti, non avemmo dubbi, nel comitato promotore, animato da me e Domenico Rana, ad intitolarla ad Aldo Moro. Come non ne avemmo nel designare all’unanimità dei fondatori quale suo primo presidente l’avv. Mario Bruno Fornaciari, compagno di banco di Moro per gli otto anni del corso di studi. Nato il 23 settembre 1916 a Maglie, Aldo Moro si era trasferito giovanissimo a Taranto nel luglio del 1923, con tutta la famiglia, in seguito al trasferimento del padre Renato come ispettore scolastico nel capoluogo della appena istituita Provincia del Jonio, dove peraltro da anni risiedeva lo zio Lucio, fratello di Renato, apprezzato pediatra. A sette anni appena compiuti, anticipatario, Aldo Moro viene quindi iscritto alla terza elementare in Taranto; a dieci anni, conseguita la licenza elementare e superato un esame di ammissione (gli esami scandivano allora la vita scolastica), nell’ottobre 1926 approda all’Archita. Gli anni tarantini, dai sette ai di ciott’anni, sono quelli dell’età evolutiva: il bambino Aldo diventa l’adolescente e poi il “giovane adulto”, che a diciott’anni, nel 1934, si iscrive a Giurisprudenza a Bari, in quella che diventerà la “sua” città, nello stesso anno in cui vi viene trasferito l’ispettore scolastico suo padre. E a Taranto frequenta anche, fin dagli undici anni, la Gioventù di Azione cattolica, nel convento di San Pasquale. Aldo Moro divenne presto segretario del circolo, che era presieduto da uno studente universitario, Michelangelo Ridola, che poi divenne sacerdote e docente di Religione di Moro all’Archita negli anni liceali. I circoli furono sciolti dal fascismo, poi ricostituiti per effetto della Conciliazione; nel ’32 Aldo e suo fratello Alberto, poco più grande, li ritroviamo nel consiglio di presidenza della Federazione diocesana della Gioventù Cattolica, nella quale Moro assume via via rilevanti incarichi, oltre a collaborare a Vita Nostra! il mensile della Federazione diocesana delle Associazioni Giovanili di Azione Cattolica. Nel 1934 Moro si immatricola a Giurisprudenza a Bari, entra nella Fuci, la Federazione degli universitari cattolici italiani, e ne diventa nel 1939 (fino al 1941; gli succederà dal 1942 al 1944 Giulio Andreotti) il presidente centrale. Anche l’esperienza prepolitica nell’associazionismo cattolico (nel 1945/46 sarà anche presidente del Movimento laureati di Azione cattolica, odierno Meic, fondato nel 1932/33 da giovani laureati che avevano fatto parte della Fuci, ad opera di Igino Righetti, presidente centrale della Fuci dal 1926 al 1934, e di Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, assistente centrale della Fuci dal 1925 al 1933) sarà determinante per l’ingresso in politica del giovane Moro, già docente universitario a Bari (primo incarico nel 1938, subito dopo la laurea, come assistente volontario), su impulso dell’arcivescovo Mimmi. A Taranto, che ebbe a definire “città a me cara” (come si intitolano la mostra fotografica ed il relativo catalogo del 2017), tornerà più volte: per visite istituzionali, da presidente del Consiglio e da ministro, ma anche per partecipare a convegni e congressi della Democrazia cristiana. In occasione di una queste visite, in macchina con mio padre volle fermarsi in via Di Palma, di fronte al portone di quella che era stata la sua casa, al civico 129 (la prima residenza dei Moro a Taranto, per un breve periodo, era stata in via Massari 6, in un edificio oggi demolito), per veder passare la ronda della Marina che all’imbrunire marciava suonando la ritirata, per segnalare ai marinai in libera uscita che bisognava rientrare nelle caserme, così come faceva dalla sua cameretta da ragazzo. Perché il docente Aldo Moro, lo studioso Aldo Moro, il politico Aldo Moro, che nel privato era riservatissimo (ma era anche marito e padre affettuoso, per quanto anche qui senza alcun cedimento al pubblico) aveva anche di questi momenti crepuscolari, intimi. Nel 1967, presidente del Consiglio, fu in visita all’Archita, il suo liceo, che aveva ancora sede, come nei suoi anni, nel Palazzo degli Uffici, accompagnato dal capo della sua segreteria politica, Nicola Rana, un ex Archita anche lui. In quella occasione il preside Felice Medori, anche in vista del centenario (aprile 1972), che aveva compiuto una laboriosa ricerca di illustri personalità che avevano frequentato il liceo nei quasi cent’anni di vita, lanciò una Associazione di ex alunni dell’Archita, che ebbe in Aldo Moro, accolto fra gli altri dal suo compagni di banco Mario Bruno Fornaciari, il primo degli aderenti. Associazione che purtroppo non decollò mai. Nel 1989, però, l’Associazione fu costituita con atto notarile, e ne fu nominato presidente proprio Fornaciari; dopo la sua scomparsa, nel 1990, fu chiamato a succedergli un illustre cattedratico, il latinista Orazio Bianco. Dopo anni di vivace presenza culturale, nei primi anni del XXI secolo, anche per sopravenuti problemi di salute del presidente Bianco (deceduto nel 2012), l’Associazione Aldo Moro cessò le sue attività. Sulla spinta dell’estromissione dell’Archita dalla sua sede naturale e storica, il Palazzo degli Uffici, fu però rivitalizzata nel 2013, chiamando alla presidenza Nino Palma, ex alunno e docente del liceo. Si sviluppò una intensissima campagna per il salvataggio del Palazzo degli Uffici e per il rientro dell’Archita nella sua sede, oltre ad una serie di iniziative su Moro, e l’adesione all’Associazione fu estesa anche agli ex docenti e docenti. Nel 2022 alla presidenza è stato chiamato chi scrive, in continuità nella campagna per salvare il Palazzo degli Uffici e reinsediarvi il liceo: perché non avrebbe senso ribattezzare il maestoso edificio Palazzo Archita riservando alla prima scuola di Taranto solo uno spazio “simbolico”; nell’occasione è partita la campagna per preservare e rendere visibile il sepolcreto ebraico celato sotto i pavimenti del palazzo e quella per una serie di convegni (e, sperabilmente, pubblicazioni) sui grandi presidi e su altri significativi personaggi dell’Archita; a partire da Medori, il preside del centenario, e dall’ex alunno più insigne, al quale l’Associazione è intitolata e sul quale si terrà il 16 marzo il convegno in Università. Della quale è stato studente e docente, e che anch’essa è a lui intitolata.
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