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«Capitaneria di Porto al Gambero? Un errore»

Il ristorante Il Gambero

Il ristorante Il Gambero

La Capitaneria di Porto potrebbe essere trasferita all’ex ristorante Al Gambero. Una scelta che lascia molto perplesso il decano degli agenti marittimi, Valentino Gennarini. «Si tratta – spiega al nostro giornale l’imprenditore tarantino – di una decisione davvero incomprensibile. Il locale del Gambero, che fu progettato per essere un ristorante, andrebbe infatti completamente ristrutturato per accogliere in modo funzionale la capitaneria di Porto, tutto a costi notevolissimi. Peraltro le acque antistanti l’ex ristorante non avrebbero neppure i fondali per accogliere i mezzi della stessa Capitaneria». Quale sarebbe allora la destinazione più idonea per la Capitaneria di Porto? «Al porto, come in tante altre città. Al porto, del resto, ci sono già i locali che potrebbero ospitare gli uffici della Capitaneria». Il problema del trasferimento della Capitaneria nasce perché l’attuale sede, in Largo Arcivescovado, non è più proprietà dello Stato ma di un istituto privato al quale ora viene corrisposto un affitto piuttosto elevato. Una storia, quella dell’attuale sede di Largo Arcivescovado, che Valentino Gennarini conosce molto bene: «Fu costruita nel 1935 al posto di quello che era il Convento Fatebenefratelli. Furono previsti anche due alloggi, rispettivamente per il comandante in prima e in seconda. Nel corso degli anni mi sono poi battuto perché fossero eliminati due balconi in cemento e grazie alle mie insistenze al Genio Civile, i balconi furono poi realizzati in ferro battuto, più in linea con l’architettura e la storia della Città Vecchia». Ricordi che riportano a tempi gloriosi per l’economia del mare… «I cantieri navali erano un gioiello, si riusciva a fare la manutenzione di quattro navi contemporaneamente, come dimostra una foto d’epoca. Dopo qualche anno i bacini galleggianti sono andati via nel più assordante silenzio. Ma il ponte girevole costituiva un impedimento per l’ingresso nei cantieri e un costo per gli armatori. Il passaggio ai cantieri navali era diventato purtroppo antieconomico». Oggi non ci sono più i cantieri navali e lo stesso porto è in difficoltà. «Sì, nel corso degli anni l’Arsenale è stato ridimensionato e le società Miroglio, Marcegaglia, Sural, Tarsider e per ultima Evergreen, che avrebbero dovuto rappresentare l’inizio della diversificazione produttiva, sono andate via. Bisognerebbe interrogarsi sul perché chi investe a Taranto poi decide di andare via. C’è poi da fare un discorso sul porto: la Puglia è l’unica regione in Italia che ha 6 porti. È chiaro che così la ricchezza viene polverizzata. Oggi senza il traffico industriale, il porto morirebbe. Piaccia o no, dobbiamo ammettere che oggi l’economia della città si regge su tre colonne portanti: l’ex Ilva, l’Eni e la Marina Militare. E il clima di incertezza intorno al siderurgico non aiuta affatto. Per quanto riguarda lo stabilimento siderurgico, l’errore fu commesso al momento della privatizzazione: bisognava porre condizioni rigide per gli investimenti su ambiente e sicurezza, ma questo non fu fatto e col tempo ne abbiamo pagato le conseguenze». Enzo Ferrari Direttore responsabile
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