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Bari
09 Maggio 2025 - 13:11
BARI - Una corona d’alloro, il silenzio raccolto delle istituzioni e la memoria ancora viva di un uomo che ha segnato la storia d’Italia. Nella Giornata della memoria delle vittime del terrorismo, il capoluogo pugliese ha reso omaggio ad Aldo Moro nel 47° anniversario della sua uccisione, avvenuta nel 1978 per mano delle Brigate Rosse dopo 55 giorni di prigionia.
Il sindaco Vito Leccese, accompagnato dal prefetto Francesco Russo, dal presidente della Federazione dei Centri Studi “Aldo Moro” Luigi Ferlicchia e dal consigliere regionale Napoleone Cera, ha preso parte alla cerimonia in piazza Moro, dove è stato deposto un omaggio floreale al monumento dedicato allo statista pugliese.
«Ogni anno, questo giorno ci riporta alla ferita profonda lasciata dalla sua esecuzione, ma anche alla grandezza del suo pensiero e alla sua relazione indissolubile con questa terra – ha dichiarato Leccese –. Nato a Maglie, ha vissuto e operato a Bari, dove ha lasciato tracce tangibili della sua attività politica e accademica. L’Università che porta il suo nome e le epigrafi nei luoghi simbolici della città sono segni concreti di un’eredità che parla ancora al nostro tempo».
Il sindaco ha voluto sottolineare che, nonostante l’area del monumento rientri attualmente in un cantiere, la città ha scelto di non rinunciare alla commemorazione pubblica, proprio lì dove Moro aveva il suo studio politico. «Un gesto di coerenza e riconoscenza verso chi ha incarnato l’equilibrio e il dialogo in uno dei periodi più turbolenti della nostra Repubblica».
Alla cerimonia ha preso parte anche Nicola Grasso, assessore ai Controlli, Legalità e Antimafia sociale, che ha rappresentato l’amministrazione comunale anche nel secondo momento di raccoglimento, presso la lapide collocata sulla facciata di Palazzo di Città, in memoria di Moro e degli uomini della sua scorta.
«Aldo Moro ha trasmesso alle generazioni di studenti il valore della giustizia e della dignità umana, principi che ha contribuito a scolpire nei testi fondamentali della nostra Costituzione – ha detto Grasso –. Ricordarlo significa riconoscere il lascito morale di una figura capace di tenere insieme diritti e responsabilità, con uno sguardo sempre rivolto al bene comune».
Il ricordo di quella tragica primavera del 1978 si è intrecciato anche con la memoria di Peppino Impastato, giornalista e attivista ucciso lo stesso giorno dalla mafia. Due figure diverse, colpite da mani opposte ma unite dallo stesso destino e da una comune visione di libertà e giustizia.
«Oggi più che mai è nostro dovere tenere viva la loro voce, in un’epoca che rischia di smarrire il senso profondo della partecipazione civile – ha concluso Grasso –. Le loro vite ci ricordano che la democrazia non è un bene scontato, ma va custodita e difesa ogni giorno».
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