Notizie
Cerca
La storia
07 Maggio 2024 - 08:29
Un boato si alza sotto il sole accecante dell’estate ateniese: alto, agile, forte, giovane, risplendente in viso come un semidio, un atleta proveniente dalla città sacra a Poseidone, Afrodite ed Eracle ha atterrato il suo avversario, mandandolo a mordere la polvere, e si è aggiudicato la vittoria nella più completa delle specialità, il pentathlon.
Ha già stracciato gli avversari nello stadion, la corsa veloce sui duecento metri piani; ha lanciato il disco ed il giavellotto più lontano dei tutti gli atleti convenuti ad Atene da ogni angolo del mondo greco, tutt’intorno al Mediterraneo, fra Europa, Asia ed Africa; ed il suo salto è stato il più lungo di tutti. E’ un pentatleta eccezionale, dalla muscolatura possente; ha già vinto nella gara di corsa che di solito apre le competizioni atletiche greche; ed ha vinto anche, riuscendo a non farsi colpire al volto, nel pugilato. Ed è ricco, ricchissimo, perché possiede una scuderia di cavalli da corsa ed ha ingaggiato un auriga eccezionale, col quale ha vinto anche la più costosa e spettacolare manifestazione agonistica, la corsa delle quadrighe, la Formula 1 dell’antichità, che incoronava vincitore, come nel campionato costruttori della Formula 1, non l’auriga ma il proprietario.
Siamo negli anni che vanno dalla LXXV alla LXXVI Olimpiade; secondo la nostra cronologia, fra il 480 ed il 476 a.C.: i Greci, suddivisi in numerose Città-Stato, le poleis, quando si posero il problema di una datazione comune, assunsero come termine di partenza la data convenzionale della prima edizione dei Giochi Olimpici, il nostro 776 a.C., dalla quale datarono gli anni, suddividendoli in Olimpiadi, che erano i quadrienni tra una celebrazione degli Agoni e l’altra: il nostro 775 a.C. sarebbe stato insomma il secondo anno della I Olimpiade (anche se l’anno greco non cominciava, come il nostro, a metà dell’inverno, ma all’inizio dell’estate, un po’ come una annata agraria: quindi la conversione fra datazione greca e datazione corrente può risultare sfasata di mezzo anno). Atene ha istituito i suoi giochi – le Grandi Panatenee, quadriennali, e le Piccole Panatenee, annuali – in concorrenza con i più famosi ed antichi Giochi coronati, così chiamati perché ai vincitori era assegnata soltanto, unico premio, una corona di fronde vegetali: I Giochi Olimpici, i Delfici, i Pitici, gli Istmici. E per far partecipare gli atleti più celebri, rendendo quindi più importanti le Panatenee, assegna premi di valore.
In danaro, in corone auree, ma soprattutto in anfore ricolme del prezioso olio degli uliveti sacri di Atene; ed oltre a queste (di grande valore commerciale, perché anche in antico il vero olio extravergine spuntava prezzi altissimi) assegna ai vincitori nelle varie specialità le ambitissime anfore panatenaiche: realizzate da artigiani di grande maestria, rappresentano da un lato la dea Atena in armi, dall’altro scene della disciplina in cui si è imposto l’atleta. E’ tarantino, questo ragazzo baciato dagli dei; i quali però, come sappiamo, rapiscono presto quelli che troppo amano. E difatti, dopo l’exploit ateniese, e dopo aver (forse) trionfato ad Olimpia, sempre nel pentathlon, nei Giochi della LXXVI Olimpiade (476 a.C.), e forse addirittura, ancora nel pentathlon, in quelli della LXXVIII (gli elenchi di Olimpia registrano, mutili purtroppo del nome, come tarantini i vincitori in quelle due edizioni), il nostro eccezionale atleta morì, giovanissimo, persino per un’epoca nella quale l’aspettativa di vita non era molto elevata.
Aveva tra i 27 ed i 30 anni; comunque non più di 35. Ma non fu fatalità o invidia da parte degli dei. Morì per qualcosa di simile al doping, forse; o forse avvelenato da chi voleva impossessarsi delle sue ingenti ricchezze. Ce lo diranno le analisi paleopatologiche alle quali il suo scheletro, rinvenuto nel 1959 a Taranto, in via Genova, in una fastosa sepoltura che fece gridare al ritrovamento della tomba di Icco (cosa purtroppo impossibile), e che costituisce ad oggi l’unica deposizione integra di un atleta di tutto il mondo greco, è sottoposto per la seconda volta per iniziativa del MArTA, il Museo nazionale archeologico di Taranto, che custodisce ed espone il prezioso sarcofago, con una riproduzione dello scheletro, e col corredo originale: un alabastron (anforetta d’alabastro che conteneva oli aromatici, contrassegno dell’atletismo) contenuto nel sarcofago e le quattro anfore panatenaiche (tre integre, una ridotta già in antico in frammenti illeggibili) poste come segnacoli ai quattro capi della sepoltura.
Le tre anfore superstiti rappresentano il pentathlon, la corsa con le quadrighe, il pugilato (i frammenti della quarta dovrebbero riguardare lo stadion), e sono databili fra il 500 ed il 480 a.C.; uno dei motivi per i quali l’Atleta non può essere Icco, che fiorì mezzo secolo dopo. Icco oltretutto ebbe lunga vita, come filosofo, ginnasiarca e fondatore della Medicina dello Sport; l’Atleta morì giovanissimo; e la sua morte precoce è con molta probabilità dovuta ad uno squilibrio metabolico indotto da una alimentazione iperproteica fortemente sbilanciata, una sorta di doping ante litteram o peggio di quei trattamenti forzati ai quali erano sottoposti gli atleti della defunta e non rimpianta Germania Est. Dall’esame delle ossa risulta che si nutriva quasi esclusivamente di carne, oltreché di molluschi e crostacei (da cui l’alto livello di rame e soprattutto di arsenico nelle ossa) che probabilmente raccoglieva egli stesso, immergendosi in Mar Piccolo, come è documentato da una escrescenza ossea nel condotto uditivo esterno tipica dei nuotatori in profondità, con un apporto di carboidrati pressoché irrilevante.
Ma l’alto livello di arsenico può far pensare anche ad un avvelenamento a fini di lucro: tanto la sua fastosa sepoltura quanto la vittoria (come proprietario) nella corsa delle quadrighe testimoniano le sue ricchezze. Un giallo, insomma, sul quale si indaga nuovamente utilizzando tutte le tecniche della Polizia scientifica. Esclusa l’identificazione con Icco, che in un primo momento aveva fatto sognare anche gli archeologi, l’Atleta resta senza nome. Vinse davvero ad Atene? Gli specialisti sono ancora dubbiosi, anche se il suo fisico possente è proprio quello tipico dei pentatleti. Ma se era un atleta così forte, perché non prese parte anche ai Giochi Olimpici? Atene assegnava le anfore, fra i premi Olimpia solo deperibilissime fronde di ulivo ed un nostro di lana di colore rosso, col quale si cingevano la fronte. Certo, per conoscere nome e patria dei vincitori ad Olimpia ci sono gli elenchi degli olimpionici (ci mise mano persino Aristotele), ma sono ahinoi mutili e frammentari. Però ci sono indizi che possono far pensare che l’Atleta abbia trionfato anche ad Olimpia. Nel pentathlon, la specialità che gli era più congeniale. Nei registri degli olimpionici figura vincitore nel pentathlon nei Giochi della LXXVI Olimpiade, nel 476 a.C., un tarantino (nell’elenco c’è solo la nazionalità, non il nome): e la data è compatibile con la datazione delle anfore del nostro. Che, ancor più ipoteticamente, potrebbe avercela fatta anche a partecipare ai Giochi della LXXVIII Olimpiade, dove nel pentathlon vinse un tarantino del quale è rimasta in elenco solo la terminazione del nome (...tion).
Se così fosse, ancor più il nostro Atleta Ignoto meriterebbe l’epiteto di Campionissmo. Che è il titolo del libro che gli ha dedicato il giornalista Giuseppe Mazzarino: “Il Campionissimo, L’Atleta di Taranto e l’agonismo nell’Antichità”, con introduzione di Barbara Davidde, già soprintendente nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo, e prefazione di Luigi Ferrajolo, già vicedirettore del Corriere dello Sport e per più mandati presidente dell’Ussi, Unione della stampa sportiva (Scorpione Editrice, pp. 80, 18 euro). Un libro che colloca l’Atleta nel quadro dell’agonismo antico, quando Taranto tra l’altro primeggiava nei Giochi ma anche nella preparazione scientifica degli atleti e nella Medicina dello Sport, con una serie di rimandi fra l’antica e la contemporanea pratica dello sport, con i connessi riflessi politici e sociali. E che forse è utile anche per una riflessione sulle questioni e le traversìe che riguardano i Giochi del Mediterraneo – una sorta di piccoli Giochi Olimpici, riservati ai Paesi dei tre continenti da cui provenivano gli atleti degli antichi Giochi – che dovrebbero tenersi in Taranto nel 2026, con drammatici ritardi nella realizzazione delle necessarie infrastrutture.
I più letti
Testata: Buonasera
ISSN: 2531-4661 (Sito web)
Registrazione: n.7/2012 Tribunale di Taranto
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Piazza Giovanni XXIII 13 | 74123 | Taranto
Telefono: (+39)0996960416
Email: redazione.taranto@buonasera24.it
Pubblicità : pubblicita@buonasera24.it
Editore: SPARTA Società Cooperativa
Via Parini 51 | 74023 | Grottaglie (TA)
Iva: 03024870739
Presidente CdA Sparta: CLAUDIO SIGNORILE
Direttore responsabile: FRANCESCO ROSSI
Presidente Comitato Editoriale: DIEGO RANA