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L'analisi

L’acciaio europeo alla svolta: tra sovranità industriale, clima e nuovi equilibri geopolitici

Da Dunkerque a Taranto, passando per Duisburg e le Asturie: quattro poli strategici raccontano la trasformazione della siderurgia dell’Unione Europea nell’era del CBAM

Acciaio

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TARANTO – L'acciaio, per oltre un secolo, ha determinato la potenza industriale e militare del Vecchio Continente, ma adesso sta vivendo una metamorfosi che ne muta radicalmente il protagonismo, elevandolo da semplice prodotto strategico a simbolo della sovranità tecnologica e della sostenibilità climatica.

Al centro di questo mutamento si stagliano quattro centri produttivi che, pur condividendo il destino della produzione primaria, incarnano visioni strategiche ed energetiche profondamente distinte. Dunkerque, Duisburg, Taranto e il distretto delle Asturie costituiscono oggi i riferimenti siderurgici fondamentali su cui poggia la resilienza manifatturiera dell'Unione Europea. La transizione del comparto è oggi accelerata dal Carbon Border Adjustment Mechanism, meglio noto come CBAM, il primo strumento globale volto a internalizzare i costi del carbonio per le merci importate. L'introduzione di questo regolamento, già attivo in fase transitoria e prossimo alla piena operatività nel 2026, sta costringendo i principali partner commerciali dell'UE - in particolare Cina, Stati Uniti e Turchia - a considerare l'adozione di carbon tax nazionali, nel tentativo di neutralizzare il vantaggio europeo e prevenire i gravami legati ai crediti di emissione. In breve, la misura converte l'ecologia da un costo etico a una necessità di mercato imprescindibile.

Nel nord della Francia, il sito di ArcelorMittal a Dunkerque incarna la strategia di Parigi, che punta sulla combinazione tra industria pesante e indipendenza energetica. Il traguardo della elettrificazione nucleare di questo asset si fonda sulla vicinanza alla centrale di Gravelines, uno dei grandi produttori a basse emissioni del Paese, grazie ai suoi sei reattori. Sostituendo i tradizionali altiforni con forni elettrici ad arco e impianti di riduzione diretta del ferro (DRI), la Francia punta a blindare il proprio acciaio primario, rendendolo immune dalle turbolenze del mercato del gas o dall'intermittenza strutturale delle fonti rinnovabili. Sotto il profilo degli equilibri di potere, Dunkerque agisce come una sorta di fortezza industriale. Il vantaggio competitivo garantito dal mix energetico francese permette a questo sito di guardare al 2026 con una sicurezza che manca ai suoi omologhi europei. La capacità di produrre metallo con un'impronta carbonica ridotta al minimo consente ad ArcelorMittal di applicare il cosiddetto Green Premium, ovvero un beneficio commerciale per l'acciaio pulito e protetto dai dazi doganali che colpiranno le importazioni più inquinanti. In questo senso, Dunkerque è lo strumento con cui la Francia afferma il proprio modello, dimostrando che l'autosufficienza energetica può tradursi in una leadership industriale quasi inattaccabile.

Duisburg simboleggia invece la siderurgia tedesca e la scommessa tecnologica più audace del Governo di Berlino. Qui, Thyssenkrupp sta guidando la svolta verso l'idrogeno verde con l'ambizione di convertire l'intero sistema produttivo in un ciclo chiuso che emetta vapore acqueo invece di anidride carbonica. Il progetto "tkH2Steel" è un investimento multimiliardario che gode di massicci aiuti di Stato approvati dall'UE per realizzare il primo impianto DRI alimentato dal vettore idrogeno. Se la Francia si affida alla stabilità del nucleare, la Germania sta letteralmente costruendo un nuovo ordine energetico globale. La logica strategica di Duisburg è intrinsecamente legata alla creazione di nuovi corridoi di approvvigionamento che collegano la Ruhr ai grandi parchi eolici del Mare del Nord e a partner internazionali remoti, dalla Norvegia alla Namibia, nel tentativo di sostituire la passata dipendenza dal gas russo con una nuova rete alternativa ed ecologica. Tuttavia, questo percorso è costellato di rischi, poiché l'acciaio prodotto nella Ruhr sarà inizialmente assai costoso a causa della scarsità della risorsa energetica. In questo contesto, il CBAM serve alla Germania per imporre i propri standard ambientali come norma globale, costringendo i competitor extra-UE a inseguire sul terreno dell'innovazione o a pagare i dazi relativi.

Spostando lo sguardo verso la Penisola Iberica, la Spagna emerge come un nuovo e potentissimo attore della metallurgia verde, trovando luogo particolare nelle Asturie. Se l'Italia possiede Taranto e la Francia Dunkerque, il sistema spagnolo si concentra negli impianti di ArcelorMittal presso Gijón e Avilés. Questo è l'unico impianto a ciclo integrale della Spagna, specializzato nella produzione di acciaio primario per settori critici come il ferroviario e l'automobilistico, affiancato dalla miriade di acciaierie di medie dimensioni dei Paesi Baschi che utilizzano prevalentemente forni elettrici. La visione di Madrid mira a superare sia la Germania che l'Italia nella corsa ai gas verdi, sfruttando un vantaggio competitivo naturale unico, il costo dell'energia rinnovabile, solare ed eolica, tra i più bassi d'Europa. Attraverso il progetto bandiera ad Avilés e Gijón, la Spagna sta sviluppando uno dei primi impianti al mondo di riduzione diretta alimentato interamente da fonti rinnovabili. Questo posizionamento permette alla nazione di ambire al ruolo di hub dell'acciaio ultra-pulito prima degli altri partner europei, commutando le proprie condizioni climatiche favorevoli in una leva di sovranità produttiva senza precedenti.

All'estremo opposto del continente, Taranto costituisce il caso più complesso e fragile e, al contempo, fondamentale per l'assetto dell'intero Mediterraneo. Mentre gli altri concorrenti europei hanno già avviato percorsi tecnologici definiti verso l'elettrico o l'idrogeno, l'ex Ilva si trova al centro di un delicato passaggio dal ciclo integrale a carbone al preridotto alimentato a gas naturale. Questa scelta, pur riducendo sensibilmente l'impatto ambientale rispetto al passato, espone il sito alle incertezze del mercato energetico e alle croniche tensioni internazionali del Nord Africa e del Medio Oriente. La prospettiva italiana per Taranto si inserisce in una logica di resistenza industriale estrema, dove l'uso del metano è concepito come un combustibile di transizione, un ponte necessario per mantenere in vita il più grande sito siderurgico d'Europa in attesa della futura maturità tecnologica. Sotto l'aspetto della sicurezza continentale, Taranto è la sentinella del Sud Europa e la sua eventuale chiusura comporterebbe per l'Italia la perdita del controllo sulla filiera metalmeccanica, rendendo il secondo produttore di acciaio dell'UE totalmente dipendente dalle importazioni asiatiche.

L'analisi di questi quattro poli rivela che entro il 2030 il mercato dell'acciaio non sarà più governato unicamente dalle logiche concorrenziali del prezzo, bensì dalla capacità di integrare le politiche climatiche con la sicurezza nazionale. Il meccanismo del CBAM agisce come un catalizzatore che muta la materia prima in un asset politico di altissimo valore. In questo scenario, l'Europa si presenta come un mosaico di strategie dove la Francia gioca in difesa proteggendo il mercato con l'atomo; la Germania attacca cercando di esportare un nuovo standard mondiale; la Spagna corre sulla frontiera dell'energia ultra pulita e rinnovabile; e l'Italia lotta per una sopravvivenza economica e sociale che è presidio indispensabile nel Mediterraneo. La riuscita di queste transizioni determinerà il futuro di migliaia di lavoratori e la capacità stessa dell'Unione Europea di mantenere una base manifatturiera di fronte ai giganti industriali del ventunesimo secolo.

Prof. Raffaele Bagnardi
Sociologo del Lavoro

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