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Taranto

Ex Ilva, il Comitato L’Ora di Taranto accusa: sindaco incoerente

Critiche alla linea di Bitetti e timori su decarbonizzazione, occupazione e salute sono state espresse dal comitato di cittadini

L'ex Ilva

L'ex Ilva

TARANTO – Alla vigilia del primo Consiglio comunale successivo all’intesa scaturita dal Consiglio di fabbrica del 10 dicembre, il Comitato promotore de L’Ora di Taranto ha convocato una conferenza stampa per denunciare quelle che definisce ambiguità e incoerenze nella posizione del sindaco Piero Bitetti sulla vicenda ex Ilva. Secondo il Comitato, una crisi di tale portata richiede serietà, responsabilità e una visione complessiva, senza letture parziali o condizionate da logiche di breve periodo.

Nel documento illustrato viene ricostruita l’evoluzione delle posizioni assunte dal primo cittadino nel corso del 2025, evidenziando divergenze rispetto agli impegni assunti in campagna elettorale. Particolare attenzione viene posta al passaggio del 31 luglio, quando, dopo il ritiro delle dimissioni, Bitetti ha incontrato il ministro Adolfo Urso, ridefinendo il tema della chiusura dell’area a caldo come chiusura della sola area a caldo a carbone. Una formulazione che, secondo il Comitato, segna una distanza rispetto alle precedenti indicazioni politiche.

Nel mirino finisce anche il cosiddetto Piano C, che prevedeva 3 forni elettrici e un impianto DRI alimentabile a idrogeno, senza ricorso a unità galleggianti di rigassificazione, con l’obiettivo di una dismissione progressiva ma irreversibile dell’area a caldo entro il 2030, accompagnata da bonifiche, revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale e garanzie occupazionali. Una linea che il Comitato richiama come coerente con il documento unitario sottoscritto il 10 dicembre 2025 da sindacati dei metalmeccanici, Regione Puglia ed enti locali, nel quale si chiede la decarbonizzazione dell’ex Ilva attraverso 3 forni elettrici e 4 impianti DRI, oltre alla convocazione di un tavolo nazionale con il coinvolgimento di più ministeri e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Accanto alla dimensione politica, viene tracciato un quadro definito drammatico sul piano ambientale, sanitario ed economico. Il Comitato ricorda come i dati sull’inquinamento siano ormai noti e allarmanti e come lo stabilimento registri perdite comprese tra 50 e 80 milioni di euro al mese. Viene inoltre richiamata la lunga serie di procedimenti giudiziari ancora pendenti, dalle pronunce della Corte di Giustizia europea e della CEDU, alle decisioni delle Nazioni Unite, fino ai processi nazionali in corso, al sequestro tuttora vigente sull’area a caldo e su Afo 1, al contenzioso con Mittal e al ricorso al Tar contro l’attuale AIA.

Forte preoccupazione viene espressa anche sul fronte occupazionale. La cassa integrazione, che coinvolge migliaia di lavoratori, viene indicata come un costo che da anni grava sulle finanze pubbliche, senza offrire prospettive strutturali di soluzione. In questo contesto, il Comitato dichiara di non comprendere su quali basi lo Stato ritenga possibile salvare la fabbrica, a fronte dell’assenza di candidature da parte di grandi gruppi siderurgici.

Critiche esplicite sono rivolte all’ipotesi di cessione di Acciaierie d’Italia a fondi speculativi, e in particolare a Flacks Group, indicato come il soggetto più accreditato. Secondo il Comitato, il fondo non avrebbe competenze nel settore siderurgico e opererebbe con logiche tipiche della finanza speculativa, basate su ristrutturazioni rapide, tagli occupazionali e successiva rivendita nel giro di 4 anni. A fronte di promesse di 5 miliardi di euro di investimenti e 8.500 occupati, viene giudicata contraddittoria l’ipotesi di raddoppio della produzione e la costruzione di nuovi forni e impianti DRI.

Da qui l’ipotesi che l’obiettivo reale sia la prosecuzione della produzione a carbone, sfruttando l’AIA recentemente rilasciata, mentre il Governo, secondo il Comitato, si starebbe concentrando soprattutto sul rinvio dei costi legati al mercato delle quote CO2, trascurando le conseguenze ambientali e sanitarie. Ulteriore elemento di criticità è rappresentato dalla possibile partecipazione statale al 40% nella compagine societaria, che rischierebbe di trasferire i costi sull’intera collettività e i profitti ai soggetti privati.

In conclusione, il Comitato promotore de L’Ora di Taranto ribadisce la richiesta di avviare una riconversione economica e occupazionale del territorio, ispirata a esperienze europee come Ruhr e Bilbao, partendo dalla tutela dei lavoratori, dall’estensione del perimetro occupazionale di Ilva in amministrazione straordinaria e dall’avvio delle bonifiche previste per legge. Una visione che, sottolineano i promotori, rappresenta l’unica alternativa strutturale per il futuro di Taranto e sulla quale dichiarano la disponibilità a un confronto aperto con tutti gli attori della città.

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