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Taranto

Ex Ilva, i rappresentanti di fabbrica chiedono il ritiro del “piano corto”

Documento unitario approvato alla presenza di Emiliano, Palmisano e Bitetti: “Rischio chiusura e fino a 6 mila lavoratori fermi”. Si torna a chiedere un incontro a Palazzo Chigi

Il Consiglio di fabbrica ex Ilva oggi a Taranto

Il Consiglio di fabbrica ex Ilva oggi a Taranto

TARANTO - Si è riunito questa mattina, mercoledì 10 dicembre, il Consiglio di fabbrica nello stabilimento dell’ex Ilva, alla presenza delle organizzazioni sindacali, del governatore uscente Michele Emiliano, del Presidente della Provincia Gianfranco Palmisano e del sindaco Piero Bitetti. Al termine del confronto è stato approvato un documento unitario che sintetizza le richieste rivolte al Governo sulla vertenza.

Nel verbale, firmato dalle Rsu di Fim, Fiom, Uilm e Usb con la partecipazione delle categorie dell’appalto di Cgil, Cisl e Uil e dei rappresentanti delle Istituzioni locali, si ripercorrono le due giornate di mobilitazione che hanno visto una forte adesione dei lavoratori di Acciaierie d’Italia, di Ilva in amministrazione straordinaria e dell’indotto. Le sigle parlano di un messaggio chiaro all’esecutivo: ritiro del “ciclo corto” e convocazione di un unico tavolo a Palazzo Chigi.

I sindacati denunciano che il piano di rilancio non è stato realizzato e che il prospettato riavvio degli impianti è rimasto incompleto. Oggi è attiva una cassa integrazione fino a 4.550 lavoratori, decisa senza accordo con le parti sociali, con la possibilità di arrivare a 6.000 unità qualora fosse applicato il “piano corto” presentato dal ministro Urso e dai commissari straordinari nell’incontro dell’11 novembre. A questi numeri si aggiungono circa 1.500 addetti di Ilva in AS in cassa integrazione dal 2018.

Il documento sottolinea che Taranto si trova davanti a un “passaggio storico” e che la città deve cogliere l’occasione per una trasformazione ecologica e sociale in grado di garantire tutela ambientale, occupazionale e produttiva. La continuità industriale, si legge, non può essere compromessa da un piano definito “di chiusura”, che prevederebbe lo stop alle cokerie dal 1 gennaio 2026 e l’aumento dei lavoratori inattivi, con inevitabili tensioni sociali.

Le Rsu chiedono che il Governo ritiri il piano e riapra il confronto, garantendo nel frattempo finanziamenti per la gestione ordinaria e per le manutenzioni, poiché senza un provvedimento e senza un acquirente lo stabilimento rischierebbe di non avere liquidità dal 1 marzo, con il blocco di tutti i siti.

Nel verbale vengono indicate alcune condizioni ritenute imprescindibili per dare garanzie ai lavoratori diretti, a quelli di Ilva in AS e al vasto mondo degli appalti. Tra le proposte avanzate:

Realizzazione di 3 forni elettrici, da completare nel minor tempo possibile, destinati a sostituire gradualmente gli attuali altoforni; realizzazione di 4 impianti Dri a Taranto per assicurare la materia prima; riattivazione delle linee di finitura per favorire il rientro dei lavoratori in cassa; una clausola sociale per la ricollocazione degli addetti degli appalti; misure straordinarie per i dipendenti di ADI in AS, Ilva in AS e dell’indotto, comprese tutele legate ai lavori usuranti, ai benefici previdenziali per esposizione ad amianto e agli incentivi all’esodo.

Con la firma del verbale, il Consiglio di fabbrica e le istituzioni locali – Comune di Taranto, Provincia di Taranto e Regione Puglia – si impegnano a utilizzare ogni strumento utile affinché le richieste contenute nella piattaforma trovino risposte concrete, sottolineando che finora il Governo ha proceduto senza coinvolgere i lavoratori e la comunità ionica.

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