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Taranto

Fondi JTF, il Patto per l’Ecogiustizia: “Tagli alle bonifiche inaccettabili”

La nota delle associazioni tarantine denuncia la riprogrammazione di 40 milioni e il crollo degli ettari destinati al recupero ambientale

Una veduta di Taranto

Una veduta di Taranto

TARANTO – Il Patto di comunità per l’Ecogiustizia lancia un allarme severo sulla proposta di modifica del programma dedicato a Taranto all’interno del Just Transition Fund, segnalando l’eliminazione di interventi di bonifica per un totale di 40 milioni di euro. Una decisione definita “grave e sbagliata”, che secondo la rete associativa penalizzerebbe un territorio segnato da decenni di contaminazione ambientale e bisognoso di interventi strutturali per il ripristino delle aree degradate.

Il documento diffuso dal Patto sottolinea che il taglio dei finanziamenti inciderebbe pesantemente sugli obiettivi originari del programma. Gli indicatori allegati alla proposta di revisione mostrano infatti un crollo degli spazi destinati al recupero: i terreni ripristinati e riutilizzabili per edilizia popolare, attività economiche o verde pubblico passerebbero da 996 a 270 ettari, con un’ulteriore riduzione complessiva di quasi 20 milioni nella quota destinata alle bonifiche.

Nella nota tecnica che accompagna la revisione del Programma Nazionale Just Transition Fund 2021-2027, si spiega che all’interno dell’Azione 2.3, dedicata ai progetti innovativi per la transizione ecologica, 40 milioni sono stati riallocati: 16 milioni sarebbero destinati alla nuova priorità “Abitare accessibile e sostenibile”, mentre altri 24 milioni potrebbero confluire nel completamento del progetto Sea Hub del Comune di Taranto. Ulteriori 3 milioni, ricavati dalla riduzione del fabbisogno della misura “Filiere verdi”, verrebbero spostati sull’azione 2.6, con un decremento complessivo dell’azione pari a 19 milioni.

Secondo il Patto, sarebbero così compromessi progetti fondamentali per la riqualificazione del litorale del Mar Grande, del Mar Piccolo e delle aree circostanti. Le associazioni chiedono che si intervenga attraverso compensazioni interne al programma, ripristinando tutti gli interventi già valutati e destinati alla bonifica e alla tutela delle risorse naturali. Richiamano inoltre lo spirito del JTF, che nel proprio impianto strategico prevede interventi sperimentali per accelerare la decontaminazione dei suoli, tutelare la risorsa idrica e generare nuove attività produttive attraverso il recupero dei terreni.

Il Patto segnala anche la modifica degli indicatori relativi all’occupazione generata dagli investimenti, definita una scelta “dannosa” per un territorio che riceve queste risorse proprio per mitigare gli impatti sociali della transizione industriale. Ridurre il peso degli indicatori occupazionali, si legge nella nota, significherebbe indebolire ulteriormente la tenuta di un’area già fragile dal punto di vista sociale.

Le associazioni insistono poi su un tema di metodo: la totale assenza di governance partecipata nella fase di definizione e nella proposta di riprogrammazione del JTF. La transizione ecologica, sostengono, non può essere gestita attraverso processi calati dall’alto ma richiede un coinvolgimento reale di istituzioni locali, parti sociali, mondo produttivo e società civile. Solo un confronto strutturato con i portatori di interesse consente infatti di calibrare gli interventi sulle necessità reali della comunità e di evitare nuove fratture sociali in un territorio che da anni vive gli effetti drammatici dell’emergenza ambientale.

Il Patto richiama infine il principio guida del JTF, “non lasciare indietro nessuno”, sottolineando che solo una governance inclusiva può garantire che il percorso verso la neutralità climatica sia equo non solo nella forma ma anche nella sostanza.

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