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Nuova intimidazione alla gip Mariano: testa di capretto sulla tomba del padre

La giudice, già sotto scorta per minacce mafiose, scopre un macabro messaggio nel cimitero di Galatina

Il Tribunale di Lecce

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LECCE - Un nuovo, inquietante gesto intimidatorio ha colpito la giudice per le indagini preliminari Francesca Mariano, in servizio al Tribunale di Lecce. Nella giornata di ieri, la magistrata ha trovato sulla tomba del padre nel cimitero di Galatina una testa mozzata di capretto e un coltello, una scena dal forte valore simbolico che richiama modalità tipiche del linguaggio mafioso.

La scoperta è stata fatta personalmente dalla gip, che da oltre un anno vive sotto scorta a causa delle minacce ricevute per la sua attività giudiziaria. L’episodio è stato immediatamente segnalato alle forze dell’ordine, che hanno avviato le indagini per individuare i responsabili.

Non è la prima volta che la giudice Mariano finisce nel mirino. Nel febbraio 2024, un’altra testa di capretto insanguinata, infilzata con un coltello da macellaio, fu lasciata davanti alla porta della sua abitazione, accompagnata da un biglietto con la scritta “Così”. Un chiaro messaggio di intimidazione che spinse gli inquirenti a rafforzare le misure di protezione nei suoi confronti.

Nell’ottobre 2024, all’interno dell’aula del Tribunale di Lecce dove Mariano operava come gup, fu trovata una fotografia del magistrato, ritagliata da un quotidiano locale, circondata dal disegno di una bara nera con croci tracciate a pennarello. Anche quel gesto, legato a un procedimento penale di mafia giunto a sentenza, fu immediatamente denunciato e posto al vaglio degli investigatori.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Potenza e affidate alla Squadra Mobile di Lecce, si intrecciano con quelle relative alle minacce di morte subite anche dalla pm della Dda Carmen Ruggiero, collega della gip Mariano. Le due magistrate avevano ricevuto lettere minatorie e subito episodi di intimidazione durante le indagini e gli interrogatori.

Dalle ricostruzioni investigative è emerso che un detenuto aveva simulato la volontà di collaborare con la giustizia solo per ottenere un incontro con la pm Ruggiero e tentarne l’aggressione con un’arma da taglio. Il piano, poi sventato, sarebbe stato ideato da Pancrazio Carrino, 42 anni, già coinvolto nell’operazione “The Wolf”, che nel luglio 2023 portò all’arresto di 22 esponenti del clan Lamendola-Cantanna, ritenuto vicino alla Sacra Corona Unita.

Secondo gli inquirenti, le minacce rivolte alle due magistrate sarebbero proprio una rappresaglia per quell’inchiesta che aveva decapitato l’organizzazione mafiosa salentina. Da allora, la gip Mariano e la pm Ruggiero sono diventate bersagli simbolici di una criminalità organizzata che tenta, attraverso la paura, di colpire lo Stato nel suo volto più esposto: quello della giustizia.

L’episodio avvenuto a Galatina rappresenta l’ennesimo attacco al lavoro dei magistrati impegnati nel contrasto alle mafie. Un messaggio violento che riporta alla memoria gli anni più bui delle minacce ai giudici, ma che, come hanno ribadito fonti vicine alla magistratura salentina, non fermerà l’azione dello Stato.

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