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Taranto
05 Ottobre 2025 - 05:48
Il Palazzo di Città di Taranto
TARANTO - Un duro atto di accusa contro la recente iniziativa del Comune di Taranto arriva da Pieraldo Patano, operatore CAF & Patronato, che con una lettera aperta indirizzata al sindaco Piero Bitetti si fa portavoce del malcontento di numerosi colleghi del settore. Il professionista ha ricordato di aver già inviato il 29 settembre, alle 08:32, una comunicazione formale via PEC agli uffici comunali e al primo cittadino per segnalare le criticità della proposta e chiederne il ritiro, senza ricevere risposta.
Al centro della protesta c’è la manifestazione di interesse pubblicata il 15 settembre 2025 sul sito istituzionale del Comune (delibera n.106/2025), con la quale l’amministrazione invita i Centri di Assistenza Fiscale a fornire a titolo gratuito servizi professionali di informazione, assistenza, compilazione e presentazione delle dichiarazioni e istanze relative ai tributi locali. Un’iniziativa che, nelle intenzioni ufficiali, punta a «garantire il più ampio esercizio dei diritti e l’accesso agevole ai servizi», ma che per Patano e molti altri rischia di trasformarsi in una forma di sfruttamento del lavoro privato e in un fattore di distorsione del mercato.
Secondo l’operatore CAF, il Comune non chiede una semplice collaborazione, ma «un pezzo del proprio lavoro», affidando alle strutture private attività delicate e complesse come la consulenza fiscale personalizzata, la compilazione di pratiche onerose e l’assunzione di responsabilità sui dati trasmessi. Un impegno che comporta l’impiego di personale qualificato, software, tempo e uffici e che – denuncia Patano – i CAF già oggi svolgono spesso per sopperire alle carenze dell’ente pubblico, con costi a proprio carico e talvolta in modo gratuito pur di agevolare i cittadini.
A rendere più grave la situazione, secondo l’autore della lettera, sarebbe la totale assenza di compenso o rimborso prevista dall’avviso. L’unica “contropartita” offerta dal Comune consiste nella messa a disposizione di formatori per istruire gli operatori coinvolti, un’ipotesi che Patano definisce «paradossale» perché «equivale a chiedere a un fornaio di regalare il pane alla città offrendo in cambio un corso su come si impasta». Le ore di formazione, aggiunge, sottrarrebbero tempo prezioso al lavoro retribuito, aumentando i costi anziché ridurli.
Nella lettera aperta l’operatore sottolinea anche i rischi di concorrenza sleale che l’iniziativa creerebbe tra grandi strutture sindacali, dotate di risorse e personale, e i piccoli CAF indipendenti, spesso con 6 o 8 operatori, che non possono permettersi di destinare personale a corsi non remunerati e a prestazioni gratuite. Una disparità che, a suo giudizio, porterebbe a un’alleanza di fatto tra ente pubblico e grandi realtà del settore, con il conseguente depotenziamento delle piccole strutture che offrono un servizio più diretto e umano ai cittadini.
Patano mette inoltre in evidenza un ulteriore squilibrio dell’avviso: mentre i CAF sarebbero chiamati ad assumersi tutti i rischi legali, economici e operativi senza alcun ritorno, il Comune otterrebbe un servizio essenziale a costo zero, smaltendo le code agli sportelli, migliorando l’immagine di efficienza e risparmiando risorse interne senza correre rischi. Come se non bastasse, la sezione “Avvertenze” del bando consente all’amministrazione di sospendere, modificare o annullare la procedura senza alcun vincolo, lasciando i professionisti privi di tutele.
«Questo avviso è sbagliato su tutti i fronti – scrive Patano – perché è irrispettoso, economicamente insostenibile e crea una grave concorrenza sleale. L’intento di aiutare i cittadini non può diventare il pretesto per pretendere lavoro gratuito».
La lettera si chiude con un appello duplice: al Comune di Taranto perché ritiri l’avviso e riformuli il servizio su basi eque, retribuendo chi lavora; ai colleghi dei CAF e a tutti i professionisti perché non accettino di svendere la propria competenza con un ente pubblico. «La nostra professionalità ha un valore – conclude Patano – e pretendere che venga riconosciuto non è arroganza, è dignità».
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