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Ex Ilva
17 Febbraio 2025 - 08:01
Operai dell'ex Ilva (foto d'archivio)
"Questo appello si rivolge ai lavoratori Ilva nel momento in cui si decide il loro destino con un accordo dalle prospettive estremamente incerte per la tutela occupazionale. È un passo verso il buio in un momento grave per le sorti collettive. La vendita dello stabilimento non fornisce buone prospettive per i lavoratori. Il loro futuro è in grave pericolo mentre non esiste un piano B se dovesse fallire il piano di rilancio industriale, come è altamente probabile. Infatti permangono criticità evidenti in relazione alle difficoltà di mercato e alle risorse limitate messe in gioco con una gara di vendita che vede offerte ben al di sotto della soglia minima fissata dal governo a 1 miliardo e 800 milioni. Nonostante i rilanci delle offerte siamo in presenza di un esito estremamente deludente per chi si attendeva una gara in cui i soggetti economici avrebbero sgomitato per accaparrarsi l'Ilva. Evidentemente quello che viene definito un asset strategico sulla carta è invece uno stabilimento che non è appetibile per i giganti della siderurgia. Lo stabilimento tarantino viene richiesto da Baku Steel che ha una capacità produttiva modesta, dieci volte inferiore rispetto a Ilva, in un momento di depressione del mercato siderurgico. In questo contesto i lavoratori non hanno grandi speranze. Anzi. L'incertezza è massima".
Così una accorata lettera-appello dell'associazione Peacelink.
"Quello che preoccupa è l'assenza di un piano di salvataggio dei lavoratori se l'operazione dovesse andare male come è già accaduto per Arcelormittal che dava garanzie ben maggiori in termini di solidità.
Ci troviamo di fronte a un bivio cruciale per il futuro del nostro Paese e per i lavoratori. Il governo vuole destinare ingenti risorse economiche al riarmo, con un aumento delle spese militari che sottrae fondi preziosi a settori vitali come la sanità, l'istruzione e la tutela del lavoro. Mentre si finanziano nuovi piani di riarmo, vengono lasciati nell'incertezza i lavoratori coinvolti in crisi industriali, ambientali e occupazionali.
Non ci sono investimenti per piani di salvataggio dei lavoratori e delle loro famiglie.
Non possiamo accettare che la soluzione alla crisi occupazionale - che è economica ed ecologica - sia messa in secondo piano mentre è previsto il raddoppio delle spese per la produzione di armi e il coinvolgimento in una guerra permanente. È necessario un cambio di rotta che metta al centro il diritto al lavoro dignitoso e la salvaguardia dell'ambiente.
Chiediamo che le risorse oggi destinate al riarmo vengano riconvertite in un grande piano di salvataggio per i lavoratori finalizzato alla bonifica dei territori inquinati e alla tutela ambientale.
L'Italia ha bisogno di un futuro sostenibile, non di nuove armi. Già da oggi migliaia di lavoratori dell'industria pesante possono e devono essere coinvolti in un programma nazionale di formazione per la conversione ecologica mettendo a frutto le loro competenze in settori strategici per la protezione del nostro ambiente e per la messa in sicurezza dei territori sollecitati dalle pressioni crescenti dei cambiamenti climatici e degli eventi estremi.
Facciamo appello alle forze sindacali affinché si uniscano in una mobilitazione ampia e determinata per: opporsi all'aumento delle spese militari e chiedere che i fondi vengano destinati alla riconversione industriale; sostenere un piano di lavoro per la bonifica e la tutela ambientale, garantendo una transizione giusta per i lavoratori; difendere la pace e i diritti sociali opponendosi a una politica che alimenta il riarmo e la logica di guerra permanente.
È tempo di costruire un modello di sviluppo basato sul lavoro utile alla società, sulla sostenibilità e sulla pace. Uniti possiamo fermare questa deriva bellica e aprire una nuova stagione di progresso per i lavoratori e per il nostro Paese".
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